
Questo blog di solito recensisce libri: nuovi o meno, classici o promettenti o libri che classici non diventeranno mai. Con storie come Dracula, però, così inestricabilmente intrecciate alle versioni teatrali e cinematografiche che in più di un secolo ne sono state tratte, non è fuori luogo commentare questa miniserie ambiziosa, coprodotta da BBC e Netflix e firmata da Steven Moffat e Mark Gatiss che hanno al loro attivo anche il riuscito Sherlock.
Premetto che nei riguardi di un gigante della letteratura popolare come Dracula – e anche come Sherlock Holmes – non sono una purista, pronta ad accusare di blasfemia i temerari che si scostano dai rispettivi canoni. Anzi, trovo che sia fonte di divertimento e di interesse scavare in “vite” così popolari e illuminarne versioni se non alternative almeno complementari, presentando caratteristiche e possibilità dei personaggi – non necessariamente solo i protagonisti – che i rispettivi autori non hanno evidenziato, ma che, dal punto di vista letterario, “avrebbero potuto essere”.
Lasciando da parte le splendide e complesse versioni di Nosferatu (Murnau, 1922 e Herzog, 1979), basta confrontare il film di Tod Browning (1931, con Bela Lugosi), le molte pellicole di Terence Fisher con Christopher Lee, il Dracula di John Badham (1979 con Frank Langella e Laurence Olivier nei panni di Van Helsing), Dracula Untold, di Gary Shore (2014), il Dracula di Bram Stoker (1992, con un notevole Gary Oldman) per notare le differenti sfaccettature dei vari Conti e dei loro comprimari (memorabili le due interpretazioni di Klaus Kinski: Nosferatu nel film di Herzog e Renfield nel film di Jesús Franco, 1970)
Che dire di questo ennesimo Dracula? Che dei buoni ingredienti e una bella presentazione nel piatto non sono sufficienti per accontentare il palato.
Gli ingredienti di cui sopra stanno quasi tutti nel primo episodio: Le regole della Bestia.
1. Harker: faccia insulsa che durante l’episodio diventa piuttosto raccapricciante, si guadagna il rispetto di Dracula (e un po’ del nostro) per quel suo senso dell’onore borghese e ordinario che in altre versioni rimaneva in ombra.
2. Il castello labirintico e popolato da wurdalak affamati e mordaci, ben più orripilanti delle solite sontuose mogli del Conte.
3. «Il sangue è vite», variazione originale di «Il sangue è vita»: quando il Conte si beve qualcuno ne assimila anche conoscenze, linguaggio e ricordi, diventando sempre più cosmopolita e moderno.

4. Van Helsing: un piccolo colpo di genio sostituisce il professore patriarcale e sessista (non è un accusa, Van Helsing nasce già anziano alla fine del XIX sec.) con Suor Agatha, poco credente e molto positivista, una vera scienziata.
5. Il secondo episodio, Il vascello di sangue, è un lungo diversivo, ricco di piccole sorprese che ha un solo merito: ci mostra il viaggio della Demeter, la nave sulla quale Dracula carica armi, bagagli e casse di terra e, in questa versione, molto di più. Stoker se l’era cavata con un breve diario di bordo e qualche articolo di giornale.
Il terzo episodio, La bussola oscura, rielaborazione della caccia al Conte ambientata ai giorni nostri, mostra un Dracula modaiolo e decisamente portato per i gadget elettronici, un Renfield ridotto ad autista-galoppino e una fondazione scientifica incauta che pretende di studiare il vampiro. Unico ingrediente interessante:
6. Lucy. Da creatura innocente e un po’ oca che si ostina a invitare il Conte a entrare dalla finestra, la donzella è stata trasformata in una donna cinica, noncurante per scelta e corteggiatrice della morte (ma stendo un velo pietoso sulle scene finali).
Inutile dire che alla fine un certo numero di nodi verranno al pettine e che il pubblico che ha resistito a teste mozzate, sangue a secchiate e paletti scoprirà le debolezze del Conte.

Mentre il mio compagno si è serenamente appisolato durante l’ultima mezz’ora, io ho resistito, chissà perché. Probabilmente perché adoro le variazioni del canone e perchéil Conte-Claes Bang, – che all’inizio somigliava soprattutto a un ben portante agente delle assicurazioni – mano a mano ha fatto sua la parte dando a Dracula sprazzi di sarcastica simpatia. Ma soprattutto ho resistito per Suor Aghata/Dolly Wells, che – faccia giusta e buona doppiatrice – è riuscita credibile anche nelle situazioni (e sono tante) più improbabili.
È da vedere? No se avete di meglio da fare, un buon libro sottomano, o se non vi piacciono stracci insanguinati, gole squarciate e denti sguainati. Valutate voi: qualche buon ingrediente in 270 minuti.
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