Heinrich Böll
Croce senza amore
(A. Mondadori)
La ricerca di manoscritti perduti nei cassetti dei grandi scrittori scomparsi per quanto redditizia (per gli eredi) o meritoria (per i curatori delle raccolte delle opere complete) può essere rischiosa per gli amanti degli autori «saccheggiati».
Il rischio di trovarsi di fronte a testi immaturi, con difetti o limiti che nelle opere successive sono stati superati e vinti è, ovviamente, altissimo. Come è alto il rischio di incontrare un «altro» autore, uno scrittore che ha percorso per un certo tratto un’ispirazione, una serie di temi, un registro che ha in seguito abbandonato. D’altro canto gli appassionati tali sono per definizione, quindi non ho potuto mancare l’appuntamento con questo Croce senza amore di Heinrich Böll, opera giovanile (il primo romanzo dell’autore di Foto di gruppo con signora) che, come scrive il critico Wolf Scheller [http://www.hirzel.de/universitas/archiv/scheller4.pdf], «non ebbe alcuna fortuna. Il manoscritto fu respinto dall’editore e Böll, una volta che gli fu restituito, lo inscatolò per dimenticarlo completamente».
Croce senza amore (Kreuz ohne Liebe) nacque nel 1946, «nel novembre di 1946 Böll iniziò a scrivere in modo sistematico, storie brevi, ma anche un romanzo nato d’impulso: Croce senza amore [ibid.]».
Per gli amanti di Böll il romanzo è uno choc, è bene dirlo subito.
Chi è abituato al Böll sornione, aguzzo e malinconico dell’Onore perduto di Katharina Blum si troverà alle prese con uno scrittore rabbioso, appassionato, a tratti prolisso, talvolta quasi melodrammatico, che impugna la Fede come testimonianza, la croce cristiana contro la croce uncinata, l’Hakenkreuz, «la croce capovolta, la conosco, sotto quel segno non succederà niente di buono». Un Böll compiutamente antipolitico che odia e disprezza il militarismo prussiano riesumato dal nazismo, teme l’ignavia e l’acquiescenza della massa indistinta del «popolo»
L’opinione pubblica è un mostro che ha tante facce quante sono le possibilità tra la verità assoluta e il suo assoluto contrario. […] Niente, niente è sacro per loro a parte la sicurezza borghese, si chiami stato, partito, chiesa o denaro.
e ancor più teme la perdita della memoria, l’oblio che finirà per cancellare il ricordo di una guerra infame:
Pensare ogni giorno della nostra vita che quanto è accaduto in questi sette anni non è stato sogno, ma realtà. La gente lo dimenticherà di nuovo, la stirpe degli ignari tornerà sul trono e benché sia quasi certo che gli ignari vinceranno ancora, noi annunceremo la realtà…
Un Böll radicale, che se non perdona la lugubre, feroce stupidità del militarismo non perdona neppure il silenzio e l’immobilità dell’istituzione ecclesiastica.
Protagonisti del romanzo i fratelli Bachem: Cristoph, cattolico praticante e antinazista in nome dei valori di un cristianesimo che è innanzitutto carità e Hans, membro del partito nazionalsocialista e di esso complice e vittima. Arruolato nell’esercito, Cristoph è sballottato nell’Europa occupata, suo malgrado parte di una macchina bellica basata sull’annichilimento morale e intellettuale dei suoi membri. Vittima di ufficiali e sottufficiali meschini, circondato dall’elementare brutalità dei suoi commilitoni, il giovane Cristoph ha l’occasione di conoscere Cornelia, attrice teatrale e tra i due, uniti dall’orrore della guerra, nasce un amore profondo dettato in primo luogo dall’affinità morale. Più volte riuniti e separati, Cornelia e Cristoph sperimentano la banalità quotidiana della guerra, fatta di stupidità personale e di cieca burocrazia, almeno quanto di terrore e morte.
Non è un romanzo riuscito, Croce senza amore. Nato dall’urgenza di comunicare l’orrore e il disgusto della propria esperienza (Heinrich Böll ha combattuto sul fronte russo), è sbilanciato, talvolta eccessivamente schematico o verboso. Esasperato, rovente, impietoso aveva probabilmente proprio nell’impeto con il quale era stato steso il limite che ne ha impedito la pubblicazione. Ripubblicarlo adesso, a più di mezzo secolo dalla sua stesura e in tempi in apparenza tanto diversi può apparire anche solo come un omaggio al premio Nobel Heinrich Böll. Ma non è così e, nonostante i suoi difetti – tra i quali una visione del cristianesimo tanto assoluta e astorica da azzerare completamente ogni possibilità o speranza di riscatto e civile convivenza laica – Croce senza amore giunge curiosamente in tempo a ricordarci che la guerra si presenta sempre nei panni di superiore giustizia, destino, riscatto e prospera sull’eclissi della memoria. Non soltanto legittima ma determina terrore, sofferenza, umiliazione, smarrimento. La barbarie non è un effetto collaterale della guerra: ne è la premessa e la sostanza. Leggere questo romanzo è forse un modo per ricordarlo.