Chi sceglieva i testi per conto dell’ormai scomparso editore Leonardo aveva la mano felice: Il Mondo Estremo è uno dei libri più interessanti usciti in Italia alla fine degli anni ’80. Ransmayr, scrittore viennese laureato in filosofia, ha rivisitato un mito, anzi tutti i miti suggestivi e potenti – forse non sufficientemente apprezzati a scuola, quando li leggevamo in modo coatto – elaborati da Ovidio nelle Metamorfosi.
La vicenda stessa del poeta, costretto per ragioni ancora oscure all’esilio a Tomi, squallida città mineraria sul Mar Nero, ultima propaggine del mondo “civile” di allora, viene usata da Ransmayr come filo conduttore della narrazione. Lasciata Roma con la speranza di poter presto ritornare, Ovidio si è sempre più lasciato prendere dalla disperazione, sommergere dall’isolamento e infine ha cessato di inviare alla famiglia e agli amici le già rarissime lettere, che impiegano mesi per raggiungere la capitale dell’Impero. Cotta, suo giovane discepolo, giunge a Tomi per seguirne le tracce.
Ma nel mondo estremo dove è situata Tomi, ben presto Cotta se ne rende conto, la realtà non è fatta del medesimo tessuto che a Roma: la natura è ostile all’uomo, le montagna franano continuamente, sempre sul punto di cancellare definitivamente la città, il mare si avventa contro la costa per mesi interi, impedendo l’arrivo e la partenza di qualunque imbarcazione, le stagioni paiono scorrere senza senso: ad anni di gelo, appena smorzato da pallide estati fanno seguito primavere tiepide e rigogliose e calure opprimenti che rendono Tomi un luogo infernale. Gli abitanti stessi, nessuno dei quali è originario di Tomi, sono arrivati tutti in tempi lontani e si sono fermati senza ragione, come senza motivo avrebbero potuto proseguire. La vita nella città ferrigna, dove tutto ha il colore della ruggine: i minerali estratti dalle miniere, i poveri manufatti delle abitazioni, gli scarsi ornamenti delle vie ha cancellato il loro passato e li ha privati del futuro. Ovidio non si trova e Cotta rimane per cercarlo.
Il mito riletto da Ransmayr non è una dimensione lontana, intessuta di rimpianto, che scolorisce di fronte alla violenza della realtà, ne Il Mondo Estremo il mito è la realtà e le trasformazioni subite e volute dalla gente di Tomi sono la metafora dei loro destini, della sorte sempre elusa e sempre invocata. Sono gli abitanti della città, infatti, le vere “figure” di Ovidio: il cordaio Licaone che di notte, trasformato in lupo, balza tra le forre scoscese dove troverà la morte; Fama la proprietaria dell’unica rivendita, che conosce le vicende di tutti e le ripete a chiunque sia disposto ad ascoltarla. Batto, suo figlio epilettico e ritardato, che non sa comunicare e si tramuterà in pietra, congelato nei propri sogni; Cypari, il nano che sogna di diventare un albero possente per sovrastare e possedere il cielo e la terra; Giasone il tessalo senza scrupoli che offre a prezzi altissimi un passaggio sull’Argo a migranti in miseria, promettendo loro un futuro dorato sul Mar Nero… Ma Ransmayr riesce a fare di meglio: crea un mondo dove la stampa a Roma è una struttura potente, i libri di Ovidio occhieggiano da ogni vetrina delle librerie del centro, i fotografi si accalcano attorno al poeta durante una conferenza stampa, gli eserciti sono armati di fucili, la nave di Giasone è un mercantile a vapore, le notti della capitale sono rischiarate dai fili al tungsteno delle lampadine e la gente di Tomi, comunque sempre misera e spinta ai margini della cultura, si diverte vedendo una volta all’anno i film, storie di passione e di fasto che Cypari viene a proiettare per loro nel suo giro annuale. La realtà dell’Impero Romano così lontana ci viene restituita da queste commistioni e apparenti incongruenze e riusciamo a scorgerne le somiglianze con la nostra: l’ipertrofica burocrazia imperiale, spietata e stupida quanto impersonale, le manganellate della polizia che disperde le manifestazioni, il potere dei senatori corrotti che mettono a tacere gli scandali nei quali sono coinvolti e soprattutto, l’ambiguità della figura dell’intellettuale che, se appena giunge a contare qualcosa, a essere figura di riferimento, finisce con l’esserne travolto, divorato dai media, usato anche suo malgrado.

Christoph Ransmayr
Così ci viene restituito Ovidio, ancora poeta del bel mondo della Roma augustea, cantore manierato e spesso superficiale, tipico rappresentante della giovinezza dorata di allora, ma intelligente, acuto osservatore del proprio ambiente e popolare, quindi potenzialmente pericoloso, da eliminare se solo si permette, oltre che fare il pensatore eccentrico e il clown di lusso alle feste dei nuovi potenti, di invitare i romani a riflettere sul proprio mondo, come in occasione dell’inaugurazione del nuovo stadio (!) invece che celebrare per l’ennesima volta la grandezza di Augusto.
Un libro curioso, potente e imprevedibile, da molti considerato il migliore dell’autore austriaco.
Christoph Ransmayr, Il Mondo Estremo [ed. orig. Die letzte Welt, 1988], Feltrinelli Universale Economica 2009, € 9,00, trad. Claudio Groff
Idem Feltrinelli Le Comete 2003, € 18,00
Idem Leonardo ed. 1990, ed. fuori commercio
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