Scolpire il cielo, di Alexander Jablokov, Fanucci, «Solaria» è quello che si dice una felice sorpresa, soprattutto per chi come me, prova molta nostalgia per le atmosfere morbose e decadenti del miglior Jack Vance.
Un imitatore? Un epigono?
No, Jablokov è giunto nei paraggi di Jack Vance senza esserne per forza un imitatore, anzi. Ma proviamo a spiegare meglio. Una delle caratteristiche di un possibile futuro umano è la probabilità – praticamente la certezza, date certe premesse – della contemporanea separazione e sviluppo separato delle diverse culture umane. Se oggi, sul pianeta Terra, le culture tendono a sovrapporsi e mescolarsi, cosa potrebbe accadere se, viceversa, la disponibilità di nuovi spazi e le grandi distanze rendessero nuovamente possibile la separazione? Non rientrerebbe forse in gioco l’elemento «esotico» ovvero l’attrazione/curiosità per le culture irradiatesi dal ceppo originario?
Questo, in termini del tutto originali ha a suo tempo raccontato Philip Josè Farmer con il suo Riverworld (palesemente e deliziosamente ispirato a Mark Twain), questo ha raccontato Jack Vance, un altro autore chiaramente legato alla tradizione del romanzo americano ottocentesco, da Mark Twain all’Edgar Allan Poe del Barile di Amontillado o della Cura dei dottori Pece e Piuma, a, infine, Ambrose Bierce. Alexander Jablokov – americano anch’egli nonostante il cognome – appare qui meno legato alla tradizione del romanzo picaresco, del burlesque o del romanzo della frontiera. Suoi riferimenti più evidenti sono la spy-story (con qualche riferimento al romanzo d’appendice di cappa e spada) e la commedia brillante. Scolpire il cielo, infatti, è una storia molto romanzesca di intrighi, agguati, complotti, amore e tradimenti ambientata prima in una Napoli postmoderna e in seguito su diversi altri corpi celesti del sistema solare.
Ammirevole e non banale la caratterizzazione delle diverse culture nate dalla colonizzazione di ambienti tanto diversi da quello terrestre, come francamente divertentissima la descrizione di modi, abbigliamento, manie e abitudini della nuova aristocrazia interplanetaria. Chi conosce Jack Vance ritroverà qui il medesimo rigore e la medesima pignola coerenza nella ricostruzione dell’elemento esotico. Chi non lo conosce non avrà neppure il problema di cercare somiglianze e differenze. Basterà trovare un posto comodo e cominciare a leggere…
Alexander Jablokov, Scolpire il cielo, Fanucci Solaria 2000 (ed.or. 1991), pp. 357, Trad. Maurizio Nati
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