Una vera space opera dev’essere completa di eroici volatori che attraversano gli abissi stellari guidando le proprie navi all’interno di buchi neri, astronavi, spazioporti ricchi di locali poco raccomandabili, alieni con società molto simili a quelle degli insetti sociali terrestri, avventure spaziali, inseguimenti, duelli, poteri esp, amori infelici, botte, fughe e tradimenti.
E Stazione Angelica di Walter J. Williams, «Solaria Collezione», Fanucci ne è un buon esempio.
In base alla mia chiassosa presentazione si potrebbe pensare a un romanzetto per minus habens, ottimo per fare da sceneggiatura a un videogioco ma del tutto inadatto a una lettura adulta. E invece no. Ovvero, si potrebbe anche fare di questa storia un videogioco e non cesserebbe, solo per questo, di essere una buona storia, ben raccontata e intelligente.
Incominciamo dai protagonisti: sono saltatori, ovvero gente che si lancia nei buchi neri per giungere a nuovi sistemi ed esplorarli. Sono fratello e sorella – Ubu Roy e Bella Maria – ma questo non vieta loro di essere qualcosa di più l’uno per l’altra. Il loro padre, un inconcludente chiacchierone, muore all’inizio del libro lasciando loro l’astronave e un sacco di debiti, oltre al proprio fantasma olografico che compare sulla nave secondo una schema di apparizioni predeterminato dal computer di bordo. Ovviamente non ha mai nulla di serio o importante da dire ma, come molti padri, non rinuncia a farlo.
Ubu Roy e Bella Maria non sono figli naturali. La madre non esiste e loro sono stati coltivati dal padre che ne ha rafforzato le caratteristiche che gli parevano più utili e importanti. Ubu Roy e Bella Maria hanno un problema: come mantenere la proprietà della nave e non diventare lavoratori forzati in qualche remoto buco dimenticato da Dio e dagli uomini. L’incontro con gli alieni sarà la loro grande occasione, l’unico problema è come fare a sfruttarla…
Williams non inventa nulla di nuovo, in realtà. L’intera vicenda ricalca con molta evidenza gli schemi del western (con quel pizzico di sesso che in un western serio non sarebbe mai stata tollerata). Provate a pensare: due fratelli alle prese con un bandito che li taglieggia trovano una miniera d’oro ma non sanno come fare a mantenere il segreto… L’aspetto realmente divertente del libro di Williams sta nei particolari, nella cura adoperata nel raccontare una storia così come se fosse nuova di zecca, nelle osservazioni solo apparentemente distratte o casuali e nella capacità di ritrarre i personaggi con affetto e simpatia, senza rinunciare a quel po’ di gusto per l’assurdo che la scelta di un nome rubato a Jarry promette.
Walter Jon Williams, Stazione Angelica, Fanucci Solaria 2000 (ed.or. 1989), trad. Gloria Pastorino, ed. fuori commercio
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