La ragazza meccanica di Paolo Bagicalupi, edizioni Multiplayer, traduzione di Massimo Gardella, titolo originale The windup girl, è uscito nel 2009 in lingua originale e nel 2014 in Italia: un testo onusto di molti riconoscimenti:
The novel was named as the ninth best fiction book of 2009 by TIME magazine, and as the best science fiction book of the year in the Reference and User Services Association’s 2010 Reading List. This book is a 2010 Nebula Award and a 2010 Hugo Award winner (tied with The City & the City by China Miéville for the Hugo Award), both for best novel. This book also won the 2010 Compton Crook Award and the 2010 Locus Award for best first novel.(da Wikipedia)
Fortunatamente per me ho saputo di questo popò di premi ricevuti soltanto dopo la lettura: mi impressiono facilmente. In ogni caso non posso che dirmi d’accordo con tali simposi: The windup girl è un romanzo notevole. Ma chi la ragazza meccanica? Un androide, una Neopersona di nome Emiko, creato in Giappone e finito in Thailandia all’inizio del XXIII secolo. Mentre in Giappone, un paese di anziani, le ragazze meccaniche sono ben tollerate dalla popolazione, in Thailandia sono a malapena tollerate.
Non umani, certo, ma nemmeno una minaccia […] non erano diavoli […] e nemmeno le creature senz’anima che qualche monaco buddhista immaginava sputate dall’inferno […] Non erano neanche un affronto al Corano, come sostenevano le Fasce Verdi.
Ma che cosa ci fa una creatura di sintesi nel paese dei Thai? Detto in poche parole, la escort d’alto bordo, sempre disponibile alla compagnia per i farang (gli stranieri).
Il romanzo si apre con un incidente sul lavoro in una fabbrica, un luogo che si rivela centrale per raccontare le condizioni di vita nel paese. In poche pagine si apprende così che gli effetti collaterali dell’ingegneria genetica hanno di fatto distrutto l’economia e l’agricoltura – decimando la popolazione – non solo del Sud-Est asiatico ma anche di aree molto più sviluppate, di un Incidente che a suo tempo avrebbe spazzato via il 99% della popolazione cinese in Malesia, di allucinanti incidenti avvenuti in Finlandia e altrove nel mondo, di malattie mortali come la micoruggine e il geneparassita – divenute sostanzialmente endemiche nel regno –, e della politica fortemente restrittiva condotta dalla monarchia contro le specie vegetali di sintesi e contro le Compagnie straniere, il tutto pur dovendo affrontare un oceano che non smette di crescere…
Partito da qui, il romanzo narra delle lotte intestine condotte tra la diverse entità politiche-economiche attive in Thailandia, della crisi ormai divenuta quotidiana, dovuta all’esaurirsi del petrolio, della sorte maligna che lega a sé gli immigrati cinesi, in un quadro generale che non è troppo agevole tenere sotto mano, ma non di più – tanto per rimanere in tema – di un articolo approfondito su «L’Internazionale».
Ed è la lenta, rabbiosa, terrificante credibilità del romanzo a regalargli una potenza difficile da afferrare di primo acchito, una ferocia che, in apparenza, fatica a comprendere anche la povera Emiko, sballottata tra entità difficili da comprendere e tra potentati dalle intenzioni impossibili da prevedere. Fino all’inevitabile esplosione: Emiko non è una creatura umana e i suoi riflessi e i suoi gesti non sono paragonabili a quelli umani, e così un gioco erotico di gruppo ai suoi danni può avere una fine del tutto imprevista.
La sorte di Emiko – pateticamente legata a una fantasia che permetterebbe a tutte le Neopersone di ritrovarsi un giorno in un luogo posto in un immaginario, mitico Nord – diviene così un’evidente metafora dei tentativi di tutti i personaggi di trovare un luogo lontano e perduto dove fuggire in una Terra divenuta una matrigna. Nella realtà lo scontro tra le Compagnie, con i loro servi rapaci, sciocchi o criminali – i farang odiati nel libro anche più della povera Emiko -, e il governo Thailandese non cessa e trova una possibile chiusa provvisoria nel racconto, anche se si può essere certi che un’immaginario seguito riproporrebbe una situazione solo marginalmente mutata.
Quali sono i difetti de La ragazza meccanica? Beh, il primo non è esattamente un difetto: si tratta della capacità dell’autore di scaraventare il lettore in un mondo totalmente alieno, in un futuro che solo lentamente diviene intelleggibile al lettore, difficoltà accentuata dall’uso frequente di lemmi provenienti dal Thai o dal cinese. I troppi personaggi? Beh, ci vuole tempo per abituarsi ma poi il numero di personaggi finisce per diventare una ricchezza per chi legge. La nettezza fredda del racconto? È un problema di gusti, ovviamente, ed è una necessità in una vicenda tanto evidentemente «realistica».
Si può accusare l’autore di non aver maggiormente descritto la realtà del XXIII secolo, ma anche qui la necessità di raccontare ha finito per accellerare la vicenda. Un consiglio: leggetevi un paio di volte i primi tre capitoli, vi sarà utile per orientarvi in quel mondo.
L’unico vero difetto è puramente materiale: un libro di 400 pagine deve essere aperto completamente, senza che le pagine comincino a staccarsi e a navigare in braccio o tra le lenzuola… La mia copia è attualmente assicurata da un elastico, cosa che non mi capitava più da anni…
Paolo Bacigalupi, La ragazza meccanica, Multiplayer 2014, pp. 405, € 17,90, trad. Massimo Gardella.
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