Jack Williamson, come Ray Bradbury, Frederick Pohl, Jack Vance, Poul Anderson e Isaac Asimov è uno dei “grandi vecchi” della sf, capace di scrivere a 89 anni una storia come Il Sole Nero, con lo stesso spirito e la stessa vivacità dei suoi capolavori dei tempi d’oro (Il Figlio della notte e Gli Umanoidi, tanto per citarne due).
La partenza del romanzo è parecchio pasticciata, tra ecoterroristi stupidotti e violenti e biechi – anzi biechissimi – speculatori, ma quando finalmente l’astronave decolla e arriva nel sistema del Sole Nero le cose prendono tutt’altra piega. Il Sole Nero, infatti, è esattamente ciò che suggerisce il nome: una stella morta e fredda, un’ombra lugubre nel cielo buio di un pianeta ghiacciato.
L’aspetto intrigante della cosa è che, come ne La porta dell’Infinito di Frederick Pohl, non solo i viaggiatori dello spazio non hanno scelto la loro destinazione, ma neppure possono, ragionevolmente, riaccendere il motore e andarsene da lì. Definitivamente naufragati su un pianeta che almeno un miliardo di anni prima deve essere stato simile alla Terra e altrettanto popolato, gli infelici colonizzatori devono vedersela con un comandante pavido e ubriacone e la sua cricca di frustrati e poco di buono, cercare una spiegazione alla comparsa di enigmatiche manifestazioni di vita, sopravvivere a incubi e visioni ispirate da misteriosi manufatti alieni, resistere a forme di possessione, scampare a un clima che è poco definire allucinante, mentre cercano di abituarsi all’idea di fondare una comunità umana in un luogo tanto spettrale.
Vicino per qualità della suggestioni a film come Alien, Il Sole Nero non è soltanto un ottimo esempio di sf d’avventura, ma è anche un’opera dotata di una fortissima carica evocativa. Per buona parte del romanzo si avverte come un brivido l’abisso insondabile del tempo, si prova la sensazione inconscia dell’infinito, sia nelle descrizioni che nei dialoghi, che si immaginano stranamente assorti e risonanti. Questo è esattamente ciò che viene definito come il senso del meraviglioso, — il famoso sense of wonder tipico della fantascienza — un’emozione inquietante eppure familiare, una forma letteraria di ascesi dalla quale è difficile disintossicarsi.

Jack Williamson
Jack Williamson, Il Sole Nero (tit. orig. The Black Sun), Mondadori Urania 1329, 1998, pp. 300+32, trad. Fabio Feminò.
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