Prima di tutto un ringraziamento all’amica Margherita Giacobino che con la sua passione mi ha indotto a buttarmi nella lettura di Patricia Highsmith, di cui avevo finora letto, credo, solo una raccolta di racconti dal titolo italiano Delitti bestiali. Negli ultimi tempi ne ho letti quattro, Il talento di Mr Ripley, Quella dolce follia, Diario di Edith e Acque profonde, inoltre ne ho comprati tre in inglese e sono lì che mi aspettano. Libri che mi hanno acchiappato come non mi succedeva da tempo, proprio al livello adolescenziale di cadere in un mondo parallelo e vivere le vicende dei personaggi come fossero amici del cuore. In questo senso mi hanno fatto pensare a Ann Tyler, maestra nel raccontare piccole vite in maniera appassionante. Ma a differenza di Tyler, che alla fine ha una visione normalizzatrice e sostanzialmente conformista della vita (sfido a trovare un romanzo che cominci in maniera più esaltante, per qualsiasi lettrice donna, di Per caso, e che finisca in maniera più cocentemente deludente) Highsmith ha un occhio abrasivo e sovversivo. Le sue famigliole perfette non hanno scampo, le sue felicità contengono il verme della follia, i sobborghi residenziali, le casette con giardino, i fiumi di alcol prima e dopo cena, le macchine parcheggiate nel vialetto, i vicini di casa premurosi, tutto quello che abbiamo visto migliaia di volte in migliaia di film e telefilm americani nei suoi romanzi ci viene presentato in una luce illividita e spaventosa. I suoi protagonisti, maschi o femmine, sono personalità borderline, folli ma lucidi e soprattutto infinitamente più simpatici e umani delle persone “normali”. Mr Ripley, assassino e ladro di vite altrui, pur essendo un ignobile psicopatico ci trova tutti dalla sua parte, anche più che nel film di Anthony Minghella del 1999, dove aveva la faccia anonima di Matt Damon. La follia di Edith, del Diario di Edith, moglie sfruttata, tradita e abbandonate, madre di un figlio disturbato, utopista illusa e volonterosa, è il frutto delle pressioni che, di nuovo, il mondo dei “normali” esercita su di lei. E Vic, il magnifico protagonista di Acque profonde, ci trova tutti dalla sua parte a seguire il percorso che segue lui, da marito comprensivo, intellettuale, padre, membro autorevole di una comunità di “normali”, a pluriassassino, con un’empatia totale, abbracciando le sue ragioni e anzi, con la voglia di incoraggiarlo sulla strada dello sterminio. Le donne comprimarie, in compenso, sono insopportabili ficcanaso, goffe, noiose, terra terra come Susan del Talento di Mr Ripley, o perfide sgualdrine ignoranti e false come Melinda di Acque profonde, o stupide, grevi e assolutamente incapaci di capire come l’amata del protagonista di Quella dolce follia. Mai all’altezza, forse sane ma grossolane, prive di sfumature, banali, stupide, volgari, sempre tra i piedi, e fonte di guai. Puri intralci. E lo sguardo sull’America degli anni ’50, quella dell’american dream realizzato, è agghiacciante. Ma la cosa principale è che si tratta di libri divertenti, avvincenti, pieni di sapienza umana – nel senso che Highsmith conosce benissimo l’animo umano, ci vede dentro fino al nucleo più profondo, e quel che vede fa spavento.
Uno dei molti motivi per cui sono una sostenitrice sfegatata e un’utilizzatrice esclusiva di ebook, è che in formato digitale si possono scovare tantissimi libri che in libreria sono introvabili. Si sa che dopo tre mesi un libro sparisce dalle librerie, e siccome non sono appassionata di best-seller e mi capita molto spesso di avere curiosità che riesco a soddisfare con poca spesa cercando in rete, è ormai rarissimo che intraprenda la lettura di un cartaceo. Questo romanzo di Patricia Highsmith (1921-1995), scrittrice che amo moltissimo e non mi ha ancora mai delusa, scritto nel 1949, è uscito nel 1952 negli Stati Uniti sotto lo pseudonimo di Claire Morgan; Bompiani lo ha ripubblicato nel 2007 con la traduzione di Hilia Brinis.
Therese, diciannovenne aspirante scenografa, vive a New York e per pagare affitto e pasti lavora come commessa avventizia in un grande magazzino. Non ha famiglia, è cresciuta in orfanotrofio, ma ha un quasi boy friend, Richard, e qualche amico. Un giorno, al lavoro, vede una cliente bionda, elegante, bellissima, e in un attimo ne è perdutamente affascinata, ossessionata. Con un atto di cortesia riesce a contattarla, e ne nasce un’insolita amicizia basata su un fortissimo interesse reciproco che all’inizio non si esprime ma poi si definisce come amore. Per Therese è la scoperta di se stessa, per Carol, trentenne, sposata e con una figlia, il riconoscimento e l’accettazione di un destino che passa attraverso il divorzio e il doloroso distacco dalla figlia.
Non succede molto altro nel romanzo, ma l’uscita di Therese come da una crisalide e il tormentato abbandono di Carol sono molto più affascinanti e appassionanti che una storia piena di colpi di scena. Uno dei molti meriti di questo bellissimo libro è il tono, caldo ma insieme oggettivo e distaccato, con cui è narrata una vicenda che avrebbe potuo facilmente sfiorare il melodramma o il patetico. I due personaggi principali sono perfetti, e anche quelli di contorno funzionano sempre. Malgrado abbia superato ampiamente i sessant’anni lo rende molto moderno la reticenza, non tanto dei fatti quanto delle parole con cui sono raccontati. Non c’è un particolare superfluo, i cambiamenti di Therese e di Carol si vedono nelle loro azioni, nei loro avvicinamenti e nelle fughe. La società attorno, il marito e il fidanzato, la giustizia umana, tutto cerca di separarle e dimostrare che il loro non è amore ma follia, e non può nemmeno esistere. Ma non ci sono né punizione né lacrime amare per Carol e Therese, e anche questo, oltre a essere bello e giusto, è molto coraggioso per i tempi e a modo suo rivoluzionario. Questo romanzo è l’unico in cui Patricia Highsmith affrontò tematiche di questo tipo.
Come bonus, Carol ci fa vivere per qualche ora in una New York fascinosissima, quella che abbiamo visto in tanti film in bianco e nero, dove donne bellissime in visone bevono drink sofisticati (e quanti ne bevono! a tutte le ore, a tutte le età) negli alberghi più alla moda di Manhattan. Dove i ricchi che abitano nelle periferie residenziali accompagnano in auto gli amici squattrinati nelle loro abitazioni di Manhattan. E il lungo viaggio in macchina delle due donne verso ovest ci fa sognare autostrade diritte che si perdono nel nulla, motel accoglienti e città torreggianti nel deserto. So che ne è stato tratto un film, forse non ancora uscito in Italia, e spero che abbiano conservato il finale che sembra fatto apposta per il cinema: una mano che si alza in un saluto da lontano, e in quel saluto c’è la gioia inaspettata, la promessa, il riconoscimento, l’accoglienza, la sicurezza dell’amore che si specchia.
Mi resta solo un dubbio, non è che quella che viene più volta nominata come Washington (a Salt Lake, Therese continua a chiedere a Carol: ma sei sempre dell’idea di andare fino a Washington? mentre si spingono sempre più verso la costa ovest) non è la città ma lo stato di Washington, quello di Seattle per intendersi?
Patricia Highsmith, Il talento di Mr.Ripley, Bompiani tasc. 2001, pp. 295, € 8,90, trad. Prestini M.G.
Idem, e-book, € 5,99
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Patricia Highsmith, Quella dolce follia, Bompiani tasc. 2007, pp. 278, € 8,90, trad. Caramella M.
Idem e-book. € 5,49
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Patricia Highsmith, Diario di Edith, Bompiani tasc. 2007, pp. 374, € 8,90, trad. Caramella M.
Idem e-book, € 6,49
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Patricia Highsmith, Acque profonde, Bompiani tasc. 2000, pp. 262, € 8,90, trad. Caramella M.
Idem e-book, € 5,49
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Patricia Highsmith, Carol, Bompiani tasc. 2007, pp. 284, € 8,90, trad. Brinis H.
Idem e-book, € 6,49
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Cortesemente dal blog di Consolata Lanza Anaconda Anoressica
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