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    Magazzino

    Donne che vivono da sole

    • di Silvia Treves
    • Marzo 13, 2015 a 11:22 am

    appartamenti per signore sole
    Due storie casualmente affrontate nel medesimo periodo hanno rivelato assonanze ed echi insospettati. Entrambe scritte da donne, parlano entrambe di donne, vite di carta nel romanzo di Togawa Masako, vite reali, raccontate nella biografia autobiografica di Peggy Pond Church. Lontanissime nello spazio, separate nel tempo di una manciata d’anni, la storia del Novecento ha avvicinato tragicamente il teatro delle due vicende: Tokio e Los Alamos, il luogo dove furono progettate le bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki che costrinsero alla capitolazione il Giappone.
    Nella Tokyo del dopoguerra, per allargare una via, un intero edificio sta per essere spostato con un intervento ingegneristico d’avanguardia. Si tratta degli Appartamenti K, un residence costruito circa cinquant’anni prima per ospitare giovani donne “sole” e consentire loro di vivere decorosamente.

    Quando erano stati inaugurati gli Appartamenti K per signore, erano state stabilite rigide regole per la condotta delle giovani residenti. […] e la più importante, quella osservata più rigidamente, era l’assoluta proibizione, per gli appartenenti all’altro sesso, di passare la notte negli appartamenti.

    Molte ospiti sono vissute e invecchiate agli Appartamenti K: maestre, impiegate, artiste… donne che, tra le prime, si sono emancipate e mantenute grazie al loro lavoro. Ora, però, hanno alle spalle la maggior parte della vita e trascorrono il tempo a interrogarsi sul senso delle loro esistenze, oppure a ripetere gesti quotidiani e rituali di sopravvivenza. Chiuse nelle loro stanze, attendono il grande spostamento che diviene lo spartiacque tra un passato ormai logoro e un futuro ignoto.
    In questo variegato microcosmo, le “signore sole” , che non si sono costruite un’altra vita, si arrabattano a rispettare piccole gerarchie di piano, a partecipare a riunioni organizzative e, forse, ad ascoltare i passi delle compagne che percorrono i corridoi prima di rinchiudersi nel proprio monolocale. Diverse per il loro vissuto, per le ambizioni di un tempo, i rimpianti e i rimorsi, hanno una sola cosa in comune: il passepartout, custodito accuratamente in portineria, che apre tutte le porte dell’edificio, consentendo a chi lo possiede di spiare da vicino i segreti delle altre.

     

    casa nippo
    Di ogni signora l’autrice racconta con abili flashback ossessioni e idiosincrasie: c’è Noriko, un tempo maestra, un’ipocondriaca che vive da larva in un locale stracolmo di vecchi giornali e la notte striscia furtivamente per il palazzo, dispuntando ai gatti le lische di pesce che costituiscono il suo cibo quotidiano; c’è Suwa Yatabe, un tempo grande violinista, e ora insegnante di musica, ossessionata da un prezioso violino; c’è Toyoko, che trascorre tutto il suo tempo “lavorando” su un manoscritto accademico lasciatole in eredità dal marito; c’è Yoneko, la professoressa tradizionalista che ha già scritto centinaia di lettere alle studentesse di decenni prima e che deciderà di investigare su rapimento di un bambino; c’è la riservatissima Chikako, che ogni sera apparecchia il tavolo per un uomo sparito sette anni prima. E ci sono le portinaie, l’abile manipolatrice Katsuko e l’ingenua Kaneko. E ci sono alcune adepte della Fede dei tre spiriti, una setta guidata da un capo carismatico Ogni vita è una storia a se stante, narrata con stile asciutto che mai cade nel sentimentalismo.
    Poi, improvvisamente, il passepartout sparisce e il furto della chiave potrebbe provocare il collasso del mondo delle signore. La ricerca della colpevole, così come la soluzione del caso del bambino rapito, sono un aspetto avvincente ma in fondo secondario del romanzo perché insieme ai rimpianti, i rimorsi, le paure per il futuro delle sue donne l’autrice esplora i timori e le fragilità di noi lettori, ci spinge a chiederci come saremo fra dieci o vent’anni, che cosa ricorderemo del nostro passato, a quali avvenimenti ormai lontani andrnno continuamente i nostri rimpianti o i nostri sensi di colpa.
    Le regole del mistery vengono soddisfatte nelle ultime pagine: con un abile gioco di prestigio Togawa dipana la matassa dimostrando che l’azione congiunta del Caso e della psicologia di tante donne sole e insoddisfatte può rendere inevitabili anche gli eventi più improbabili: in questo gioco siamo tutti dilettanti, come nota alla fine uno dei personaggi di Yogawa:

    La vita è solo un sogno fuggevole, e noi siamo i giocattoli di un fato che si diverte.

    Governare il Caso o almeno portare una parvenza di ordine nel Caos è quanto ognuno di noi cerca di fare durante la sua breve vita. Possiamo giocare la nostra partita con ostinazione, incoscienza, allegria… comunque sia, manie ed eccentricità sono il nostro modo di arginare il dolore e dobbiamo imparare ad accettarle, in noi e nei nostri occasionali compagni di strada.
    Prendiamola bassa e con un po’ di ironia.

    a cena da edith

    Vi è mai capitato di leggere un libro che tocca corde profonde dentro di voi che vi fa pensare «questo essere umano parla per me, e mi indica la strada»? A me è capitato qualche volta, e di recente anche con questo libretto, che mi aveva incuriosito in un remainder. Ma non si può leggere tutto… E così l’avevo posato. Blu e smilzo il volume aveva richiamato l’attenzione del mio consorte, benedetto lui, e così è diventato mio. Ci ho messo un anno e mezzo a decidermi, ma finalmente l’ho aperto.

    Nata a Philadelphia, Edith Warner partì per Los Alamos nel 1922 a 30 anni; stressata dalla vita in città e in cerca della libertà che il offriva il West approdò a Pajarito Plateau, sul quale era situato l’insediamento di Los Alamos. Dopo varie esperienze le fu offerto un incarico di custode presso un deposito ferroviario lungo il Rio Grande, accanto allo spazio sacro abbandonato dai nativi Tyuonyi 500 anni prima.I nativi Pueblo chiamavano il vecchio casotto diroccato della ferrovia «la casa dove il fiume fa rumore». Si trattava di un impiego pagato pochissimo, ma Edith tenne duro, incantata dal paesaggio scabro del plateau, con i suoi profondi canyon e le rocce vulcaniche, dalla profonda spiritualità che vi si respirava.

    Stamattina mentre stavo sulla riva del fiume il sole faceva brillare d’oro il bordo delle nuvole, a ovest. Sopra Shumo il cielo era azzurro ma dal centro del canyon alitò una neve fitta, finché nascose le mesas. Quando cancellò il mondo alla vista, e creò intorno a me uno spazio di silenzio, sono stata molto vicina all’origine delle cose.

    spesso si recava nei “luoghi elevati” […] Diceva che era una cosa che si ritrovava in tutte le religioni – la necessità di andare in alto per meditare – [aveva] un piccolo luogo sacro su To-tavi dove si recava spesso

    scrive all’autrice la figlioccia di Edith.
    In poco tempo la vecchia casa di trasformò in una sala da té dove Edith offriva a chiunque entrasse tè caldo e torta al cioccolato e, agli amici e agli ospiti più fortunati qualche settimana di vita spartana.

    Quel mese nella sua casa degli ospiti è stata una delle esperienze perfette della mia vita… Non mi è mai capitato che una persona tanto riservata e tranquilla occupasse una parte così cospicua della mia vita e dei miei pensieri.

    scrive all’autrice un ospite di Edith
    Divenne amica dei Pueblo di San Ildefonso che le consentirono di conoscere la loro cultura e di assistere alle loro cerimonie religiose. Fulgida fra i nativi la figura di Tilano, Atilano Montoya, governatore del pueblo. Così lo descrive Peggy:

    Aveva uno dei volti più gentili che abbia mai visto, una gentilezza mista a senso dell’umorismo, una rete di rughe che sembrava non tanto di vecchiaia, ma di risata.

    Tilano arriva alla casa sul fiume un pomeriggio, per portare i mattoni che servono per costruire il camino.È un uomo attempato, con due trecce nere lunghe fino alla vita. A differenza degli altri pueblo di S. Ildefonso Tilano in gioventù ha viaggiato molto, è stato in tournée a Londra, Parigi, Berlino, Roma, esibendosi in danze indiane con un gruppo di compagni. L’esperienza all’estero ha ampliato la sua visione del mondo ma indebolito la sua integrazione nella comunità, aumentando la percezione della propria individualità. «un indiano che si era smarrito fra due mondi».

    Per loro [gli indiani Pueblo] era inconcepibile vivere al di fuori di una struttura comunitaria. Anche pregare era un’esperienza collettiva; ne sono prova le grandi danze stagionali nelle quali lunghe file di uomini, donne e bambini si fondono in un unico intreccio di movimento, suono e colore. (Peggy)

    Questa sua diversità crescente rischia di spingerlo verso l’alto. Il loro incontro è l’incontro di due solitudini. Si intendono subito, “hai bisogno di un uomo che ti aiuti” decreta lui e si stabilisce da Edith. In lei Tilano trova una famiglia, una casa, il proprio posto. Amici, compagni, famiglia uno per l’altro, possibilità reciproca di prendersi cura di qualcuno … la loro amicizia dura per tutta la vita di Edith, Tilano è un centro di gravità di cui Edith parla in tutte le «lettere di Natale», il suo unico modo di raccontare se stessa agli amici. Raccolte al fondo del volume sono un’autobiografia nella biografia.
    Ma A cena da Edith non è soltanto una biografia singolare e quietamente avvincente, è anche una riflessione autobiografica di Peggy, vissuta negli stessi anni non troppo lontano da lì,

    Situata a ottocento metri di altitudine rispetto al fiume, a oltre duemila sul livello del mare, la nostra mesa avrebbe potuto essere un mondo altro. Abitavo una casa a due piani di tronchi e di pietra, costruita all’estremitò del canyon che delimita la mesa a nord. Il retro della casa affacciava sulla foresta di pini […]

    Lo stesso mondo, quindi è presentato da due due angolature diverse. Ma Peggy e Edith, che si incontrano e diventano amiche, vivono in anni difficili: un anno dopo Pearl Harbour, la comunità di Los Alamos, con la scuola di sopravvivenza fondata dal padre di Peggy e nella quale il marito di Peggy insegnava, viene congedata e l’intera area è requisita dal governo statunitense e destinata a ben altre attività: sarà sede dei laboratori segreti di fisica nucleare dove studiosi del calibro di Oppenheimer, Fermi, Bohr, Bethe portarono avanti il Progetto Manhattan.

    los alamos
    La vita per i nuovi venuti non è facile: alle grandi difficoltà del Progetto e al tempo sempre più breve che resta loro per concluderlo, si aggiungono la consapevolezza della potenza nucleare che stanno per scatenare, e del cambiamento irreversibile che essa porterà all’Umanità e la segretezza che implica la stretta sorveglianza del governo il divieto di lasciare la mesa.
    Nella primavera del 1943 il capo del Progetto comincia a scendere settimanalmente alla casa sul fiume per cenare da Edith con la moglie… Presto altri lo seguiranno.
    Il libro di Peggy Pond Church narra l’incontro «impossibile» fra due culture e due tempi differenti – quello lento del Pueblo, che si estende nel passato e nel futuro e quello frenetico e ansioso di Los Alamos; il tempo degli Spiriti e il tempo delle Nazioni, il respiro cosmico e profondo dei nativi e il respiro corto della storia del Novecento. La cosa incredibile, ma anche incredibilmente semplice, è che tutte queste contraddizioni e tutta questa gente che altrimenti non si sarebbe mai incontrata, si sia riunita a turno e talvolta insieme, intorno alla vecchia tavola di legno di Edith, e che almeno una volta abbiano lavorato fianco a fianco, con il medesimo scopo altruista di ricostruire la casa di Edith e Tilano dall’altra parte del fiume quando nei primi anni del secondo Dopoguerra le necessità e il sovraffollamento di Los Alamos, ora cittadina in espansione, cominciarono a minacciare la tranquillità delluogo dove il fiume fa rumore.

    Nessuno sa chi sia stato il primo a pensare a costruire la nuova casa di Edith. Ci pensarono in molti spontaneamente. Alcuni offrirono interessamento e consigli; altri aiuto finanziario, altri provenienti da entrambe le sponde del fiume – dall’antichissimo pueblo e dalla nuova cittadina sulla mesa – donarono senza risparmio la forza delle loro mani e il loro tempo libero.

    E fu così che i fisici e le loro mogli costruirono i muri della nuova abitazione sotto la guida dei nativi, lavorando fianco a fianco con gli uomini e le donne del Pueblo, accettando le regole e tecniche di costruzione lontane nel tempo dei nativi.
    È a suo modo un libro commovente, che dà speranza. A me ha regalato un po’ del rumore del fiume, degli inverni gelidi e limpidi, il silenzio della mesa, il riconoscimento del bisogno di di Edith di salire in alto, nel suo luogo sacro.
    Vale la pena, garantito.

    .

    .

     
    Masako Togawa, Appartamenti per signore sole
    Corbaccio 1994, pp. 160, € 5,10 (c/o Amazon), trad. L. Zazo Conetti

    Peggy Pond Church, A cena da Edith
    Sellerio 1997, pp. 216, € 14,46 (c/o Sellerio), a cura di P. Cabibbo

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