Il libro del quale parlerò mi è costato 50 eurocentesimi. Certo si tratta di un fuori catalogo, fuori commercio, edito da una casa editrice scomparsa in una collana chiusa a suo tempo per scarsa risposta da parte del pubblico e acquistato in una libreria remainder’s che dopo poche settimane ha chiuso, ma resta comunque un libro in carta e pagine: Francis Stevens, Le teste del cerbero (The Heads of Cerberus, 1919), sottotitolo: «Un capolavoro dimenticato che si può considerare a pieno titolo il primo romanzo di fantascienza moderno sul tema degli universi paralleli», editrice Nord, 1993, edizione originale 1918.
Cominciamo dall’autore. O, per meglio dire, dall’autrice.
“Francis Stevens”, infatti, era lo pseudonimo di Gertrude Barrows, nata nel 1884 a Minneapolis. Sul motivo della scelta di uno pseudonimo maschile riferisce Robert Weinberg nel suo A Forgotten Mistress of Fantasy (1984):
La scelta di adottare lo pseudonimo Francis Stevens fu probabilmente dovuto al tipo di storie che l’autrice scriveva. […] Erano gli uomini a scrivere quel genere di narrativa o, almeno, così sembrava a giudicare dai loro nomi. Fra essi, vi erano George Allen England, Abraham Merritt, Max Brand, Charles Stilson, Edgar Rice Burroughs e altri ancora. Non era insomma una compagnia dove avrebbe ben figurato il nome di una donna. Quindi, come molte colleghe prima e dopo di lei, Gertrud […] si rese conto che era più facile cambiare nome che il tipo di narrativa che voleva scrivere.
Quando uscì sulla semiclandestina rivista Thrill Book il romanzo a puntate Le teste del Cerbero il genere “Fantascienza” non era ancora nato e, come scrive Weinberg, «le storie con elementi fantastici o fantascientifici venivano chiamate semplicemente “insolite”, “diverse”, “fuori dalla norma” oppure “alla Poe”».
L’autrice, normalmente pubblicata dalla rivista Argosy, (in compagnia di Abraham Merritt ed Edgar Rice Burroughs) fece uscire il suo romanzo in una rivista neonata che prometteva un’attenzione particolare per la narrativa di genere fantastico: la già citata Thrill Book. Il vero problema fu che Thrill Book si rivelò mal diretta, del tutto priva di editing, con un basso livello di collaborazioni, copertine molto al di sotto della media di per sé spesso non altissima delle riviste dell’epoca, una pessima distribuzione e una tiratura minima, tanto che i lettori abituali di “Francis Stevens” nella maggior parte dei casi non riuscirono nemmeno a sapere dell’uscita del nuovo romanzo del loro “autore” preferito. Alla chiusura della rivista, arrivata immancabilmente dopo pochi numeri, Gertrud dovette abbandonare la scrittura causa problemi familiari e si trasferì nell’Ovest, dove, detto di passata, scomparve misteriosamente nel 1939, a 55 anni.
Venendo al romanzo, si tratta di una sf ad alto tasso fantastico, basato su un oggetto abbastanza tipico del romanzo di mistero: un’ampolla «decorata da Benvenuto Cellini per il suo protettore, il Duca di Firenze», contenente una misteriosa polvere «raccolta dal poeta Dante alle porte del Purgatorio». Che il viaggio di Dante sia stato un evento in qualche modo reale rimane ovviamente non dichiarato e il lettore può anche pensare si tratti di un buffa convinzione del protagonista, ma la polvere funziona, spostando l’uno dopo l’altro i tre personaggi principali dapprima nel mondo “fantastico” di Ulithia e da questo nel Mondo di Penn, un curioso esempio di antiutopia dallo sfondo insieme religioso e politico ambientata in una Philadelphia alternativa di una Terra futura.
Non mi sembra il caso di raccontare le numerose e animate avventure dei tre personaggi e le imprese grazie alle quali riuscirono a ritornare sulla nostra Terra, ma sottolineo volentieri l’aspetto storico-politico tutt’altro che dilettantesco della Terra alternativa e anche la curiosa, inattesa potenza narrativa di Ulithia, ovvero, come scrive Damon Knight:
[…] L’interludio nel mondo di Ulithia non è strettamente indispensabile alla trama, ma è scritto per soddisfare il puro gusto del fantastico e vi sono alcune parti in quel capitolo che sono una delizia per il lettore.
Non c’è altro da aggiungere, credo. Non è facile trovare il libro in italiano – nell’ottima traduzione di Sergio Perrone -, ma si tratta di un libro facilmente accostabile anche nella lingua originale. Non perdetelo.
Francis Stephens (Gertrude Barrows), Le teste di Cerbero
Nord 1993, pp. 224, trad. SergioPerrone
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