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    Magazzino

    Ti prendo e ti porto via

    • di Massimo Citi
    • Gennaio 9, 2015 a 8:35 pm

    ammaniti ti prendo
    Romanzo impegnativo, se non altro per le dimensioni, ma che fino a un certo punto (diciamo 2/3? Fino a pagina 300 circa?), si lascia leggere con diletto e in qualche caso con divertimento.
    Non ci si allontana mai dal canovaccio della commedia all’italiana, com’è lecito attendersi da un autore così evidentemente legato a suggestioni cinematografiche, ma le vicende di Graziano, playboy in declino, di Pietro Moroni e della sua famiglia, del trucido Pierini e dei suoi ascari, anche se non hanno nulla di originale e ricalcano tipi e storie già visti e archiviati, sono raccontate con vivacità e con un ritmo attentamente calibrato.
    L’ambientazione scolastico-provinciale delle vicende è, d’altra parte, una sicura garanzia della partecipazione del lettore, esattamente come lo è il tratto accurato e sicuro con il quale Ammaniti allinea i bozzetti dei personaggi: la bellissima e stupidissima Erica, il bidello Italo, la devota madre di Graziano, la fauna del bar di provincia, il fratello maggiore e il padre di Pietro Moroni.
    Come in Fango Ammaniti si muove agilmente in mezzo ai detriti e agli scampoli del consumismo anni ’80, descrivendo con divertito distacco l’ideologia sommaria e inquinata di un provincia drammaticamente chiusa in se stessa, resa tossica dalle banalità televisive e dal prevalere di una sottocultura supermacho fino all’autocaricatura, ma anche autoindulgente verso i propri limiti morali.
    Proprio la moralità, anzi il moralismo, finisce così per essere il principale registro di Ammaniti. Un orizzonte degli eventi che diviene evidente con la comparsa del personaggio della professoressa Flora Palmieri.
    È questo un personaggio che per qualche pagina riesce a sfuggire alla normalizzazione a bozzetto imposta dall’autore e a cui capita di conoscere finalmente la vera passione erotica con il «Premio Trumbador» Graziano, nel corso di un mitico incontro notturno presso una sorgente tiepida e solforosa.
    L’accorto distacco entomologico di Ammaniti incontra qui il proprio limite. Nonostante il buon ritmo, infatti, le emozioni dei due personaggi raggiungono un grado di ovvietà rudimentale – talvolta di greve ovvietà – tale da andare oltre (sotto) le convenzioni della commedia all’italiana. Flora, com’è fatale, nonostante le iniziali ritrosie non resiste al fascino (e allo strumento) di Graziano, tanto da incasinarsi come un adolescente e giungere, con il prosieguo del romanzo, a consumare un grottesco e poco credibile suicidio, più adatto a un fumetto di Zio Tibia che a un romanzo.

    Ammaniti_tag

    Niccolò Ammaniti

    La vicenda di Flora e la sua perdizione per il peccato consumato è il segno dell’involuzione del romanzo, che si sgretola rapidamente, assestandosi infine sulla farsa nera, peraltro povera di inventiva e di coraggio.
    Stessa sorte tocca all’adolescente Piero Moroni che Ammaniti raffigura come creatura sensibile in un universo bestiale e idiota, ma che va incontro a un affrettato degrado morale, poco plausibile viste le premesse.
    Il registro preferito di Ammaniti è apparentemente l’ironia, il gusto per lo sberleffo ai danni dei suoi personaggi. Ma preesiste a questo il piacere di chiamarsi fuori, giocando con evidente compiacimento il ruolo di arbitro delle esistenze create dal testo. Così l’intento di fare della satira di costume – locuzione comunque fortemente sospetta in un paese ipocritamente cattolico – si deforma in banale e prevedibile commedia di ruoli, popolato di macchiette (l’amatore, la tardona, l’ingenuo, il bastardo) che l’autore rifiuta di rendere personaggi dotati di propria dignità e autonomia.
    Non ha molto senso, date queste premesse, disquisire se Ti prendo e ti porto via costituisca o no un tentativo di romanzo della formazione di Pietro Moroni. C’è troppo di tutto nel romanzo di Ammaniti, troppa coltivata e sospetta sensibilità in Pietro, troppa gratuita e stupida cattiveria nei suoi persecutori, troppa ottusa adesione ai modelli più vieti del consumismo in troppi personaggi. Vite che lanciano segnali troppo deboli, cristallizzate nell’universo, a suo modo definitivo, del testo.

    Niccolò Ammaniti, Ti prendo e ti porto via, Einaudi Stile Libero Big, 2014, pp. 530, € 14,00

    idem e-book, € 6,99

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