Torino, autunno 1938.
Oggi Collegno è un comune della cintura torinese ma in passato, a Torino, era il nome che evocava follia e demenza, malattie mentali forse inguaribili, stati da nascondere e tacere, infelici relegati nell’antico convento adibito nell’Ottocento a ospedale psichiatrico. È proprio dal vecchio edificio che, avvertite soltanto da pochi predestinati, si irradiano manifestazioni psichiche e visioni intollerabili che spingono gli «eletti» ad accettare senza resistere una morte sanguinosa. L’epidemia dei suicidi ha colpito in precedenza altre città europee e le autorità, non soltanto italiane, tentano di venire a capo del mistero tenendo all’oscuro la stampa di regime.
Perno occulto della vicenda è Il libro di Enoch, un antico testo apocrifo, non accettato nel canone biblico e ammesso soltanto dalla Chiesa Copta, che narra la caduta degli angeli che si unirono alle donne umane e, come Prometeo, insegnarono all’umanità le arti, la scienza, l’artigianato. Il libro era composto originariamente da cinque volumi ma uno, Il libro dei Giganti, è andato perduto; conteneva rivelazioni terribili che, divulgate in un momento così oscuro della storia europea, potrebbero privare l’umanità di ogni speranza nel futuro e nella vita eterna.
Per motivi differenti, i regimi fascista e nazista e le gerarchie ecclesiastiche vogliono impadronirsi del libro dei Giganti. Poche persone diversissime tra loro vengono coinvolte nella ricerca dal caso, dagli ordini ricevuti, dalla sorte che li ha resi sensibili all’atmosfera oscura che grava sulla città: un sacerdote colto, antropologo e viaggiatore, ormai pieno di dubbi sulla natura del suo Dio; un giovane maggiore delle SS che detesta la propria divisa; uno psichiatra dalla promettente carriera universitaria che è tornato in città per cercare il padre sparito da più di vent’anni; una giovane donna tormentata da sanguinose premonizioni sull’apocalisse nazista che incombe; sua sorella…
Una scia di morti incomprensibili e segnate da un rituale macabro e feroce guida il gruppo sulle tracce di presenze occulte, ultraumane, possenti e inafferrabili, apparentemente empie e malevole verso l’umanità…
Sullo sfondo, ma nitida fin quasi a diventare comprimaria, una Torino riconoscibile ma mai ostentata, severa, avara di sé e un po’ provinciale come realmente era e come in parte è restata, nella quale convivono senza disprezzarsi e senza fraternizzare i circoli operai e i salotti delle vecchie famiglie, l’unica vera borghesia torinese, ambienti esclusivi e zone franche nelle quali, con l’attenta regia di abili padrone di casa, possono ancora sedere alla medesima tavola enigmatici SS, arroganti gerarchi fascisti in carriera e qualche ricco ebreo che, senza comprendere, si annovera tra «i più fieri sostenitori del Duce». Una Torino che non si concede, lungamente diffidente verso gli estranei («i meridionali», «i marocchini», «gli albanesi»…), una Torino abitudinaria che allora rivendicava con orgoglio lontane origini francesi, dove la governante di qualche vecchia parente poteva chiamare con naturale sussiego «concierge» la portinaia e dove parlare in torinese non era (e non è) esprimersi in dialetto ma praticare un’arte antica, oggi a rischio di estinzione. Una Torino esoterica e insieme piccina e soffocante.
Complesso da riassumere ma avvincente e scorrevole alla lettura, Angeli è un testo raffinato, leggibile a vari livelli, che mescola le caratteristiche di molti sottogeneri del fantastico: il gotico, il giallo di indagine, la favola (dalla quale prende a prestito il tema della compagnia eterogenea che conduce «la cerca»). Il regista Roberto Faenza, in quarta di copertina, lo presenta giustamente come un «romanzo cinematografico» per il ritmo incalzante e la vividezza delle immagini. Ma Angeli resta un romanzo intensamente letterario, che cita e richiama senza arroganza altri testi di genere e non, e che – come il gotico ottocentesco – avvicina i grandi temi della letteratura e della filosofia, quelli più trasgressivi: l’amore e il piacere, il potere e la conoscenza senza limiti, la vendetta e il godimento per la sofferenza altrui, la natura ultima del reale e dell’anima.
Per essere all’altezza dei classici non basta imitarli, occorre rinnovarli, procedere oltre. Angeli ci riesce, esplorando la dimensione collettiva dell’anima umana e della Caduta; è un romanzo intensamente mistico che della mistica sa esplorare la dimensione politica.
Alessandro Defilippi, Angeli
Passigli 2002, pp. 297, € 15,50
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