Condizione Venere di Norman Spinrad, Mondadori, «Urania», n° 1410 non è un romanzo perfetto. Diciamo che si tratta di un ibrido non del tutto riuscito tra la commedia leggera, con interludi sfacciatamente erotici, e il romanzo apocalittico. Ma, con tutto ciò, si tratta sempre di un bel leggere. La vicenda racconta di una Terra prossima dove – anche grazie a Mr. Bush jr. – l’effetto serra ha raggiunto effetti spettacolari. Una Terra dove larghe fasce di terra emersa sono divenute inabitabili, dove la Francia (il romanzo è in gran parte ambientato a Parigi) è divenuto un paese subtropicale, la Siberia la nuova Eldorado di ciò che resta del mondo civilizzato, i poli si avviano felicemente al totale scioglimento e si affaccia tra i climatologi la possibilità di una «Condizione Venere». Per chi non lo sapesse la temperatura media alla superficie di Venere (circa 400°) non è tanto dovuta alla sua maggiore vicinanza al sole ma all’abbondante presenza nella sua atmosfera di anidride carbonica. Ovviamente non vi sono state forme di vita locali a produrla (almeno credo), ma sulla Terra possiamo provvedere direttamente, senza aiuti sleali da parte di madre natura. Protagonista ed eroina della storia di Spinrad è Monique Calhoun, ragazza seria, in carriera, preoccupata delle sorti della terra appena meno delle sorti della propria carriera. Contraltare maschile Eric Esterhazy, falso nobiluomo, playboy a tempo perso e vero truffatore. Tutti e due sono membri di organizzazioni sovranazionali, Monique appartiene al Consorzio Pane e Circhi, organizzatore di eventi di livello planetario, Eric all’ultima e aggiornata versione della mafia. Insieme – scontrandosi, amandosi, litigando (come in ogni commedia brillante che si rispetti) – giungeranno a capo del problema della possibile «Condizione Venere». Il finale, sardonico e amaro, è all’altezza delle migliori performance di Spinrad. Davvero notevole anche l’invenzione della Parigi del 2060 trasformata in una New Orleans del vecchio continente, metropoli subtropicale disneyzzata a tutto vantaggio di un turismo di lusso. A lasciarmi perplessa la ricercata frivolezza di protagonisti e figuranti, un sospetto di prolissità e una costruzione dell’intreccio non sempre limpidissima. D’altro canto per un autore come Spinrad la scelta di utilizzare il canovaccio della commedia erotica per raccontare la definitiva rovina dell’ecosistema terrestre può anche essere una forma raffinatissima di ironia.
Brevissima scheda su Spinrad, tanto per capire con chi abbiamo a che fare. N. Spinrad è nato nel 1940. Uno dei suoi primi romanzi è stato La civiltà dei solari (Nord, 1966) divertentissima rivisitazione hippie e comunitariana del tema dell’invasione aliena. Altre opere che merita leggere: Jack Barron e l’eternità (Fanucci,1969) dove affronta e intreccia temi di grande portata come lo strapotere dei media e la disparità creata dalle condizioni sociali per il traguardo dell’immortalità. Il pianeta Sangre (Nord 1967) un testo che è difficile credere possa essere stato scritto vent’anni prima di cannibali, splatter e simili amenità. Il tema? L’amoralità assoluta del potere. Non un tema nuovo ma affrontato con concentrazione e felicissima crudeltà. Da ricordare, infine, anche se uscito semiclandestinamente in Italia, Il signore della Svastica (Longanesi, 1972), romanzo che Spinrad attribuì ad Adolf Hitler. Un esempio di metatestualità che non cessa di stupire. Il vero tema del romanzo, infatti – un esempio di space opera greve e (ne dubitavate?) superomista – sta nelle _pagine dell’introduzione, dove si spiega che Adolf Hitler, costretto a fuggire dalla Germania per la sua attività politica, trovò rifugio negli USA dove divenne un apprezzato autore di sf. Che nel libro di Spinrad vi fosse un’evidente intenzione polemica verso il mondo della sf americana, ancora largamente attraversato da correnti politiche fascistoidi, non è certo una mia invenzione. Un autore, Norman Spinrad, al quale ho dato finora troppo poco spazio. Spero di avere almeno in parte riparato con questa scheda un po’ frettolosa. Ma ne riparleremo, come no.
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