Arturo Pérez-Reverte è diventato scrittore dopo una lunga carriera di inviato speciale per la televisione spagnola. Nella sua prima veste ha accumulato molte evidenze di prima mano dell’insensatezza della guerra. Un’esperienza che ha lasciato il segno e ha influenzato la sua successiva attività di romanziere. Lo testimoniano i suoi romanzi storici aventi come protagonista il capitano Alatriste, un disincantato veterano dell’esercito spagnolo di Filippo II, che vede nella guerra un male ineluttabile cui non ci si può sottrarre: tanto vale allora affrontarla con dignità, ma senza spacciare per ricerca della gloria quello che è solo un assurdo mattatoio. L’Ussaro è il primo romanzo di Pérez-Reverte, scritto più di 20 anni fa e poi ripescato dall’autore e ripubblicato dopo qualche revisione stilistica. Ma non pensate che il romanzo sia di livello inferiore a opere come Il maestro di scherma, anzi. Qui il protagonista è un giovanissimo sottotenente degli ussari di Napoleone, appena uscito dall’Accademia e catapultato nella «sporca guerra» spagnola, un vero e proprio Vietnam del XIX secolo, che l’Empereur non seppe mai comprendere e quindi risolvere e che pose le premesse della disfatta in terra russa. Frederic sogna la battaglia, una carica a sciabole sguainate del suo squadrone lanciato al galoppo contro le baionette e il piombo nemici: al termine del racconto realizzerà questo sogno, scoprendo al contempo tutto l’orrore della guerra, che in fin dei conti è solo «sangue, merda e fango». Scritto magistralmente, senza mai una sbavatura o una caduta di tensione, il romanzo copre meno di una giornata di Frederic, dalla vigilia della battaglia alla sua selvaggia conclusione: si rimane emotivamente agganciati fino alla fine a questa «discesa agli inferi» del protagonista. Ottimi l’ambientazione e il tratteggio dei caratteri: la descrizione di una carica di cavalleria (e dei suoi orrori) è poi un piccolo capolavoro nel suo genere.
Arturo Pérez-Reverte
L’ussaro
Marco Tropea 2006,
pp. 216, € 16,00
Trad. S. Sichel
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