«Kronštadt»
Un’isoletta a ovest di San Pietroburgo, base navale militare della flotta russa del Baltico. Avviene qui uno degli eventi più tragicamente rivelatori del presente e futuro della neonata rivoluzione russa e del governo sovietico da essa nato.
Il primo marzo del 1921 15.000 marinai e soldati di Kronštadt […] si ribellano contro il governo dei consigli dei commissari del popolo, gli organismi nati dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917. […] Denunciano, quasi all’unanimità, la linea politica del partito comunista e contesta la sua illecita appropriazione dei soviet, di cui richiede un rinnovamento immediato tramite voto segreto. […] È il primo passo di un’insurrezione che coinvolgerà 27.000 soldati e che si concluderà 17 giorni più tardi con cruenti scontri corpo a corpo. Quasi 7.000 insorti si danno alla fuga, trascinandosi […] sul mare ghiacciato per raggiungere la vicina Finlandia, dove li attendono tre campi di concentramento.
L’insurrezione di Kronštadt ha nel tempo avuto le più diverse letture e interpretazioni. Frutto delle manovre occulte dei bianchi, «Terza rivoluzione» condotta contro la troppo presto affermatasi burocrazia sovietica, moto popolare contro il «comunismo di guerra» e la carestia che esso non ha saputo prevenire né scongiurare.
Inutile aggiungere che ogni interpretazione è connessa a un diverso giudizio della Rivoluzione sovietica e delle forme statuali da essa nate. Se la tesi del «complotto bianco» tenta di ricomporre la frattura tra comunisti fedeli al governo dei consigli e rivoluzionari ribelli, attribuendo a fantomatiche entità politiche terze la responsabilità della rivolta, e quella del «moto popolare» attribuisce un profilo politico minimo ai moventi dei ribelli, sicuramente è stata la seconda interpretazione a suscitare le più feroci discussioni e diatribe.
Nel tempo il sogno «romantico» di Kronštadt come annuncio presto soffocato della terza rivoluzione ha finito col diventare un elemento distintivo del comunismo rivoluzionario trotskista, tanto da essere anche molto di recente – in un articolo pubblicato nel 2001 da «Rouge», periodico che esplicitamente si richiama alla Quarta Internazionale – elemento di contrapposizione e polemica tra comunisti e trotskisti.
Il fatto che ancora tra il 1939 e il 1940 Trotskij avesse scritto che la vicenda di Kronštadt era da collocare «tra le leggende fondate sull’ignoranza e il sentimentalismo» non ha impedito a molti di collegare l’insurrezione del 1921 con la vicenda politica e personale del primo capo dell’Armata Rossa.
Le tre possibili interpretazioni dell’evento sono con tutta evidenza anche l’asse intorna al quale si articola il testo di Jean-Jacques Marie. Lo storico francese ha compiuto un formidabile lavoro di lettura, catalogazione e interpretazione di materiali provienenti dagli archivi storici sovietici, giungendo sostanzialmente a escludere la possibilità di un complotto bianco, ovvero di infiltrazioni rilevanti e in qualche modo decisive di membri del partito Cadetto o di agenti del governo russo in esilio.
Questo senza escludere, ovviamente, l’intervento – sia pure tardivo e male organizzato – di membri del partito Menscevico e di Socialisti Rivoluzionari, i cui organi di stampa clandestini hanno in più occasioni manifestato apprezzamento e sostegno per i marinai e i militari in lotta.
Sicuramente di rilievo il contributo politico di esponenti anarchici rivoluzionari che però, come menscevichi e socialisti rivoluzionari non hanno mai raggiunto una reale egemonia politica all’interno delle assemblee.
Marie allarga il campo. Descrive la situazione della Russia Sovietica nel’inverno tra il 1920 e il 1921, quando le grandi città vissero un periodo di profonda crisi degli approvvigionamenti alimentari, alla quale il governo sovietico reagì con il razionamento e il tesseramento della popolazione civile, suddivisa in quattro categorie che ricevono razioni alimentari accuratamente gerarchizzate.
Nel 1920 la Russia europea, esercito escluso, conta 37,5 milioni di tessere in circolazione, pari a cinque volte la sua popolazione urbana. Numerosi stratagemmi permettono di ottenere più tessere […] Ma tutti questi stratagemmi non aumentano di un solo grammo la quantità di cibo globalmente messa a disposizione della popolazione.
La guerra civile è appena terminata e il permanere delle misure da essa create provoca crescente malcontento. I contadini non tollerano più le massicce requisizioni di derrate alimentari condotte dal potere sovietico. Gli scontri tra contadini e i comandi di requisizione – spesso sconfessati o combattuti dai comunisti delle cellule locali – si fanno sempre più aspri fino a quando non sono interi distretti a ribellarsi al governo. Si organizzano armate di rivoltosi che «liberano» vasti territori e assediano le città con parole d’ordine anticomuniste e antisemite evidentemente ispirate al pauperismo e all’egualitarismo dei moti antifeudali.
Ma anche nelle grandi città e San Pietroburgo la situazione è tutt’altro che tranquilla. Nell’inverno del 1921 e in particolare nella seconda metà di febbraio si susseguono scioperi spontanei contro il governo dei soviet per la sua incapacità di risolvere il problema degli approvvigionamenti alimentari. Si arriva a confronti diretti tra operai e militari che soltanto grazie alla scarsa convinzione di questi ultimi non degenerano in stragi. Per il PCUS ancora guidato da Lenin il rischio più serio è quello di una saldatura tra le rivolte nelle campagne e gli scioperi nelle metropoli. All’inizio di Marzo a muoversi è Kronštadt
I marinai di Kronštadt sono per la stragrande maggioranza di origine contadina. Non solo, gli equipaggi delle unità della marina militare e i soldati dei forti sono ben consci di prestare servizio nella leggendaria «Kronštadt la rossa», che ribellatasi nel 1906 al potere zarista vide la rivolta letteralmente soffocata nel sangue.
Molti sono gli elementi che contribuiscono a innescare a una crisi e sono quegli stessi elementi a determinarne gli sviluppi e l’epilogo.
La diffidenza verso il potere nata dall’origine contadina e dalle notizie provenienti dalle lontane famiglie unita alla convinzione di far parte di un’élite insieme politica e militare hanno contribuito a mantenere elevata l’insofferenza verso il governo bolscevico. I soggetti delegati da quest’ultimo ad affrontare il «problema Kronštadt», d’altro canto, hanno mostrato esitazioni, commesso gravi errori di condotta politica della crisi, si sono resi responsabili di piccole e grandi pavidità e, più in generale, hanno mostrato una totale incompresione di ciò che stava realmente accadendo.
Il punto di non ritorno della crisi è raggiunto il 2 marzo 1921 con l’elezione da parte delle assemblee dei marinai e dei soldati del «Comitato Rivoluzionario Provvisorio» il cui scopo (dichiarato) è quello di organizzare nuove elezioni del Soviet dell’isola.
Sempre il 2 marzo il Comitato Rivoluzionario Provvisorio adotta una risoluzione nella quale: «Denuncia il Partito Comunista “che si è allontanato dalle masse e si è rivelato impotente a tirar fuori il paese da uno stato di disfatta generale”». Ma nea risoluzione/appello non si fa alcun accenno a una possibile insurrezione contro il potere sovietico. Anzi vi viene affermato che «scopo del comitato è quello di fronteggiare le minacce di repressione».
La scarsa lucidità politica dei dirigenti degli insorti, le loro illusioni di una possibile riconciliazione, la nebulosità del loro progetto – in qualche caso venato dello stesso antisemitismo viscerale che impronta le rivolte contadine –, l’indecisione e gli errori nell’organizzare la resistenza, culminati nell’impossibilità di utilizzare per la difesa dell’isola i cannoni delle due grandi e moderne corazzate – la Petropavlosk e la Sevastopol’ sono alla fonda affiancate e non ci sono rompighiaccio che possano farle manovrare in porto e uscire in mare – si scontrano con l’ottusità dei dirigenti del PCUS chiamati a fronteggiare la crisi e che, presi dal panico, rinunceranno a cercare possibili vie di riconciliazione.
Lo scontro che oppone i difensori della base militare alle unità dell’Armata Rossa – perlomeno a quelle disposte a combattere – è letteralmente un monumento all’umana stupidità, costato comunque qualche migliaio di morti.
I superstiti della rivolta sono costretti a fuggire verso la Finlandia, attraversando a piedi il golfo gelato. Internati in campi di concentramento dove il trattamento non è migliore di quello che conosceranno i loro compagni condannati alla detenzione nei gulag siberiani, finiranno in non pochi casi per rientrare in URSS per farsi processare e condannare.
Kronštadt segna anche la fine delle rivolte spontanee contro il potere sovietico. L’adozione della NEP (nuova politica economica) sostenuta da Lenin riconcilia infatti il governo dei Consigli con il mondo contadino.
A colpire in modo particolare il lettore non è tanto la supposta «ferocia» della repressione comunista né l’altrettanto supposta «audacia» dei ribelli, quanto la terrificante confusione – politica, organizzativa, economica e militare – che domina la Russia di quegli anni.
Se Jean-Jacques Marie confuta puntualmente le interpretazioni – basate su fonti discutibili o decisamente false presentate ne Il libro nero del comunismo – è comunque costretto a riconoscere la mancanza di un solo e univoco motivo alla base della rivolta, come altrettanto evidente appare l’assenza di una ben precisa politica da parte del potere sovietico. In ultima analisi Kronštadt appare più che l’emergere di un potere sempre più autocratico e intollerante, il simbolo del sostanziale fallimento della rivoluzione e dell’impossibilità di applicare agli eventi i principi di solidarietà, fratellanza e democrazia che ne erano alla base. La rivolta di Kronštadt viene soffocata per paura e incapacità. Soltanto in seguito verranno le giustificazioni e saranno edificate le opposte interpretazioni, destinate a perpetuarsi fino ai nostri giorni.
Libro prezioso per chiunque abbia interesse per la Rivoluzione d’Ottobre e per la storia del comunismo sovietico, Kronštadt 1921 ha tuttavia non pochi limiti.
Jean-Jacques Marie, infatti, come molti altri storici, scrive solo in parte per il lettore semplicemente curioso e interessato. Il suo libro è infatti in buona parte polemicamente «dedicato» ai cattedratici francesi autori de Il libro nero del comunismo e l’ingorgo di nomi, minuscole – e talvolta superflue – notizie e precisazioni, divagazioni, diversioni e osservazioni collaterali nasce, con ogni evidenza, dalla volontà di apparire inattaccabile alle critiche dei colleghi cattedratici.
Ma il timore di apparire appena meno che scientificamente imparziale e autorevole finisce per «sterilizzare» il libro di Marie, rendendolo deludente per il lettore semplicemente interessato a cogliere il senso profondo della lotta della «Comune di Kronštadt», come viene definita nel libro di Lorenzo Gori (Kronštadt 1921, i giorni della Comune, Prospettiva edizioni) contro il potere sovietico.
Jean-Jacques Marie si occupa – e lo fa scrupolosamente – della sorte dei personaggi coinvolti nella vicenda ma non sa o non può rendere il clima politico di quei giorni lontani e, pur liberando meritoriamente la vicenda da molte incrostazioni retoriche, non sa rispondere compiutamente alla domanda fondamentale di molti lettori: «qual è il significato della rivolta?»
Si potrà dire che non è questo il compito dello studioso, ma il dubbio che a tale domanda non si sia voluto rispondere per motivi di opportunità politica e professionale resta ben presente al lettore.
Ultime osservazioni, purtroppo non positive, sulla cura con la quale il volume è stato realizzato. Soprattutto nella prima parte i refusi sono una presenza non poi così episodica come è tutto sommato ormai normale per un libro pubblicato in questi anni. Involontariamente esilarante, per concludere, la scelta della copertina, una fotografia dell’archivio fotografico Hulton/Deutsh – Collection CORBIS, che riproduce un gruppo di soldati in divisa coloniale, con ogni probabilità impiegati nella guerra anglo-boera del 1899 – 1902 (!) e il cui abbigliamento nulla ha a che vedere con i pastrani lunghi fino ai piedi e i colbacchi indossati all’epoca dai militari dell’Armata Rossa o con le divise nere i pantaloni a zampa di elefante dei marinai della flotta del Baltico.
Non resta che sperare in una ristampa emendata e con una copertina più attinente al tema…
Jean-Jacques Marie
Kronštadt 1921
UTET
€ 23,00
trad. A.P. Filotico
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