Deliri satanici e ossessioni dal diritto canonico alla fiction
Di qui alla I puntata
1.4. Il serpe dentro (e a volte fuori)
Come accennato, l’esorcismo non rappresenta un dato esclusivo dell’esperienza cristiana – basti pensare alle pratiche islamiche di liberazione dai Jinno dallo stesso Shaitan/Satana, ai riti shintoisti contro entità insidiose come le kitsune (che possiederebbero le vittime attraverso l’unghia o il seno) o a quelli induisti per far fronte a certe aggressive incarnazioni di Kali; per non parlare del mondo ebraico anche tardo1. Né d’altra parte, si può dimenticare che riti con la medesima funzione sono presenti nell’esperienza di diverse confessioni cristiane, in particolare tra gli ortodossi (che anzi, rispetto ai cattolici, semplificano l’accesso all’esorcismo), gli anglicani e in alcune chiese protestanti. Resta il fatto però che il tipo di esorcismo più dettagliatamente normato e in fondo più noto, per vari motivi, sia quello cattolico: e a parte le implicazioni teologiche sul concetto di demone – che conducono in qualche modo a interrogarsi sull’idea di meraviglioso, ma ben al di là dei limiti di questa riflessione – è indubbio che il tema abbia conosciuto ricadute di vario genere nell’immaginario occidentale.
Vediamo così gli esorcismi, per esempio, branditi come corpi contundenti nelle polemiche antiche tra cristiani e pagani e, molto più tardi, nelle guerre di religione tra cattolici e protestanti; mentre scene di liberazione da demoni più o meno pittoreschi brulicano nell’arte figurativa e nei racconti agiografici – con ampio spazio alla fantasia. Se poi netta è la distinzione tra condizione incolpevole del posseduto e scelta colpevole di adesione alle tenebre, la prassi vedrà intrecciarsi ambiguamente le due fattispecie nell’ambito di contesti complessi anche politicamente. Come nei celebri casi di possessione collettiva esplosi nella Francia del Seicento2: e il più noto di questi, a Loudun nel 1634, condurrà allo splendido e discusso saggio di Huxley, appunto The Devils of Loudun3(1952) e a varie trasposizioni per le scene, di grande impatto per l’immaginario collettivo del Novecento. Se alcune intuizioni nelle memorie della posseduta Jeanne des Anges4già anticipano Freud e il suo celebre studio sulla nevrosi demoniaca del pittore Christoph Haizmann, direttamente dal testo huxleyano il commediografo John Whiting trarrà il dramma The Devils(1960), e sul tema Krzysztof Penderecki comporrà un’opera, Die Teufel von Loudun(1969); ma il successo sarà soprattutto cinematografico, da quel Matka Joanna od Aniołówdi Jerzy Kawalerowicz (Madre Giovanna degli Angeli, Polonia 1961) che trasporta la vicenda in terra polacca, al febbricitante capolavoro The Devils di Ken Russell con Vanessa Redgrave e Oliver Reed (I diavoli, GB 1971), fino a influire in termini vaghi ed equivoci sul più vasto pelago della cosiddetta nunsploitation. Tra possessioni vere e proprie e più generiche scampagnate diavolesche, basti ricordare titoli come Satánico pandemonium diGilberto Martínez Solares (Messico 1975 – poi utilizzato in chiave di ammiccante citazione da Tarantino per il nome della vampira interpretata da Salma Hayek in From Dusk Till Dawn, Santanico Pandemonium), Die Liebesbriefe einer portugiesischen Nonnedel provocatore Jess Franco (Confessioni proibite di una monaca adolescente, Svizzera 1976), il leggendarioAlucarda, la hija de las tinieblasdi Juan López Moctezuma (Messico 1978 – provocatorio, barocco ma a suo modo interessante, anche se un tantino indecifrabile, tanto più che il sequelchiarificatore non verrà mai girato) e L’altro inferno di Bruno Mattei (Italia 1980).
Eppure uno dei più citati episodi di esorcismo della letteratura occidentale rimanda a un ambito non cristiano: e riguarda un personaggio di filosofo e “mago” neoplatonico del I secolo d.C., Apollonio da Tiana, che in più casi avrebbe cacciato demoni in nome della Divinità. L’episodio in questione rappresenta dunque solo il più noto e citato tra quelli a lui attribuiti – a partire da pochi paragrafi nella biografia dedicatagli dall’erudito Filostrato (poco dopo il 217)5. Il giovane licio Menippo, discepolo di Apollonio, è stato accalappiato da una seduttiva fanciulla che in realtà è un’empusa, un protovampiro intenzionato a mangiarselo: ma Apollonio interviene alle nozze, smaschera il demone e provvede a esorcizzarlo. La storia, basata plausibilmente su un genuino racconto di esorcismo ma così romanzata da Filostrato nel suo bellissimo testo, incontrerà notevole fortuna: Robert Burton, nell’immenso trattato-biblioteca The Anatomy of Melancholy(cinque edizioni con progressivi accrescimenti tra il 1621 e il 1638), e più precisamente nella terza parte sulla malinconia d’amore6, parlerà di “Menippo Licio” e farà della protovampira una lamia, cioè un demone-serpente; e più tardi John Keats in Lamia(scritto nel 1819 e pubblicato nel ‘20)7intesserà poeticamente l’amarissima storia di Licio – non più Menippo – e di Lamia. Anche qui la bella mutante finisce annientata con tutto il suo magico ologramma dal filosofo/esorcista: ma ben lungi dal determinare, come talora interpretato, una vittoria della verità contro l’illusione demoniaca, oppure un trionfo dell’arida razionalità contro la poesia, la denuncia-esorcismo di Apollonio distrugge Lamia con la violenza di una forzatura astrattiva. Col rifiuto cioè di riconoscere l’individualità di lei, la sua specificità e irripetibilità (Lamiacome nome proprio), finisce con l’annichilirla banalizzandola in un dato astratto, una categoria merceologica (la lamia, il qualunque serpente) – un’interpretazione in realtà suffragata dal più ampio complesso dell’opera, fitto di richiami a una logica commerciale. Licio, Lamia, Apollonio, gli dei stessi che compaiono nella vicenda sono infatti prigionieri di un unico contesto in cui i valori appassiscono nella valuta in nome di un’economia dei desideri: dai reciproci favori di Hermes e Lamia, ai “desideri triangolari” di Hermes per la ninfa bramata da Satiri e Tritoni, e dello stesso Licio per Lamia, da ostentare come trofeo. E l’esorcismo, in fondo, si fa metafora di una critica acuta del mondo moderno e di meccanismi che, ancora due secoli dopo, scopriamo di riconoscere assai bene8.
1.5. I fratelli di Serapione
Col 1764 del primo romanzo gotico, The castle of Otrantodi Horace Walpole possiamo idealmente considerare nato il fantastico moderno – a cui si può già ascrivere Biondetta, il Diable amoureuxdi Cazotte (1772). Certo le epopee degli esorcisti continuano, ma il clima culturale non è più tale da considerarli eroi della collettività come nei secoli d’oro dell’agiografia. Il fantastico nero del romanticismo trova Sade non proprio tra i genitori ma, in fondo, almeno come zio; e d’altra parte simpatizza per istanze culturali “non allineate”, esotericheggianti o massonicheggianti – specie in riferimento a una massoneria di frangia fortemente interessata all’occulto – con evidenti sottolinature anticlericali. Se dunque il gotico inglese (The Monk, Melmoth) vede impazzare papisti terribili, orride badesse, sadici inquisitori e quindi altrettanto sgradevoli esorcisti in tonaca, il fantastico francese polemizza dall’interno con la cultura cattolica: e proprio in quest’ambito si collocano i terribili cacciaspiriti di Nodier e di Gautier. Così il primo, in Trilby(1822), avverte con malinconia che l’esorcismo può rappresentare la sterilizzazione traumatica di una dimensione vitale; mentre nei racconti di fascinose visitatrici sovrannaturali evocati quasi ossessivamente da Gautier ogni tanto compare, a guastare la festa, un coriaceo scongiuratore cristiano. In particolare il racconto La morte amoureuse(1836-45 in tre versioni diverse), sembra proporre una rilettura in chiave cristiana dell’esorcismo di Lamia cantato da Keats: l’abate Serapione inscena le stesse caratteristiche dell’Apollonio distruttore di sogni – occhio inquisitore, gelosia verso il discepolo – e la vampiretta Clarimonda la gentilezza disarmata e un po’ ambigua di Lamia.
Nel fantastico post-gotico di lingua inglese, però, sorgeranno figure più simpatiche di esorcisti laici, da cui deriveranno gli ammazzamostri della letteratura popolare: e il più famoso di loro, l’Abraham Van Helsing del Dracula (1897), riprende ancora i caratteri, l’occhio inquisitivo, la cura verso i discepoli, lo statuto filosofico-esoterico del vecchio Apollonio distruttore di sogni – ma in chiave positiva. E la distruzione “nuziale” di Lucy nel romanzo sembra riproporre quella di Lamia, col crollo dell’illusione azionato dall’esorcismo. Da questo filone di esorcisti buonidella letteratura fantastica deriveranno i dottori psichici e cacciatori di mostri come Carnacki, John Silence, il dottor Taverner, Jules de Grandin e tanti altri fino a Dylan Dog ed epigoni dei giorni nostri. E d’altro canto è interessante notare come in anni recenti la figura del nemico di Dracula abbia conosciuto un’evoluzione analoga a quella del progenitore Apollonio, per lungo tratto positiva e poi con Keats degradata e inasprita. Sviluppando una tendenza partita dalle riletture provocatorie degli anni Settanta, sempre più spesso anche Van Helsing diventa oggi un insensibile fanatico – e in fondo potremmo ravvisare l’esito estremo di questa trasformazione in un originale romanzo d’esordio appena apparso, Succubusdi Valentina Ceciliato (ed. Il rovescio, Roma 2007). Se la giovanissima autrice è nata quasi emblematicamente nel 1989, dunque proprio alle soglie dell’età “gothica” degli anni Novanta, il suo Van Helsing è ormai un mostro a tutto tondo, di rara antipatia e sgradevolezza. Ciò che potrebbe non impedire al (Gabriel) Van Helsing buono e bellodell’omonimo film di Stephen Sommers (USA 2004) di comparire in un sequelse mai il regista trovasse finanziatori9.
D’altra parte il romanzo di Bram Stoker appare per più versi una rilettura laica – ma fino a un certo punto – delle vecchie trascrizioni agiografiche su esorcismi e possessioni assortite. Ed è suggestivo pensare che l’anno prima dell’uscita di Draculail cinema mostrasse per la prima volta una figura vampiresca e la sua cacciata con armi religiose in una pellicola di Georges Méliès, Le manoir du Diable, Francia 1896. In un castello medioevale un enorme pipistrello si rivelava Mefistofele, ma veniva sconfitto da un cavaliere che lo faceva dissolvere in fumo mostrandogli un crocifisso. Probabilmente il clima era ormai maturo per una nuova fase di richiami all’esorcismo in chiave fantastica: e per la prima volta con Dracula il gotico di lingua inglese utilizza la santabarbara esorcistica cattolica “in positivo”, sia pure in termini di estrema libertà. Nel romanzo il tema della follia e dello spossessamento è declinato attraverso una ricca serie di variabili attraverso i singoli personaggi – a partire evidentemente dal folle zoofago Renfield del manicomio del dottor Seward. Vediamo così Van Helsing-Merlino iniziatore e “folle” in una sorta di crisi isterica, con una moglie a sua volta demente; la sonnambula Lucy e l’ipnotizzata Mina, entrambe possedute da Dracula; il povero avvocato Jonathan Harker, a un certo punto in delirio dopo le traversie col conte e le sue tre spose-possedute dai canini aguzzi; lo stesso Seward che lascia trasparire propensioni verso la fuga chimica attraverso il cloralio; la classificazione esplicita di Dracula come tipo criminale alla Lombroso, ma insieme il suo statuto anticristico, di signore degli ossessi, sottolineato da tutto un linguaggio dal sapore religioso e dai rapporti col posseduto Renfield che lo chiama “Maestro”. Quando dunque in Bram Stoker’s Dracula(Dracula di Bram Stoker, USA 1992), Francis Ford Coppola mostra Van Helsing brandire il Rituale romanum, aperto al Titolo X, Capo I, De exorcizandis Obsessis a Daemonio, sa quel che fa. A dir la verità, Stoker non cita il Rituale romanum: durante la distruzione di Lucy, Van Helsing utilizza un messale, ciò che insieme alla “speciale autorizzazione” da lui ricevuta per detenere ostie consacrate, ha permesso di ritenerlo un cattolico. Ma come tale, poteva appunto ben conoscere il Rituale romanum, che all’epoca di uscita del romanzo aveva appena subito, vedremo, un lieve ritocco.
1.6. Esorcismi e diavoli del Novecento
Tra i suoi molteplici livelli di lettura, Dracularappresenta dunque anche un tentativo di riproporre in chiave rinnovata – e aperta alle “nuove” e un po’ ambigue speranze di conciliazione tra progressi scientifici e credenze tradizionali – motivi e inquietudini dell’immaginario occidentale su possessione ed esorcismo. Eppure il diavolo in quanto tale non scompare dall’orizzonte simbolico e culturale: e in particolare in Francia tra Otto e Novecento lo scontro tra cultura laica – più o meno venata di simpatie massoniche – e cultura cattolica si mischia a polemiche politiche e a storie più strane. Come la celebre beffa dell’affare Taxil, l’allegrone che inventando una presunta satanista pentita e un complotto mondiale satanico-massonico, riesce a farsi beffa dei cattolici e persino dei massoni rivelando infine il suo gioco durante una pubblica conferenza.
I decenni a cavallo tra i due secoli vedono emergere forti sottolineature escatologiche, e in questo clima si collocano gli arricchimenti al Rituale romanumvoluti personalmente dal pontefice con la famosa preghiera a San Michele Arcangelo. È il cosiddetto Esorcismo di Leone XIII contro Satana e gli angeli ribelli, pubblicato il 15 Maggio 1890 in due forme, l’una solenne e tale da richiedere il consenso del vescovo per la celebrazione, l’altra privata per qualunque fedele: il papa lo redige dopo una visione in cui le forze diaboliche si scatenano nel mondo e, più furiosamente, contro la Chiesa. Considerando gli orrori che insanguineranno il Novecento, parlare di secolo del diavolo può non essere senza significato: ma certo gli esorcismi non possono bastare a farvi fronte, come mostrerà lo scarso successo di quelli celebrati a distanza – pare ormai assodato – da Pio XII verso Hitler.
Passato il secondo conflitto mondiale, del diavolo si parla però sempre meno. Col Vaticano II la Chiesa cattolica si apre a una dimensione orizzontale che affronta in termini decisamente più problematici il discorso sul male; e lo sforzo compiuto in vari settori della teologia per adeguare la riflessione e il relativo linguaggio ai parametri del XX secolo non tocca se non in minima parte la demonologia.
Questa freddezza sul tema del diavolo conosce un punto estremo nel 1969, a ridosso della Grande Contestazione. Già nel 1941 il teologo protestante Bultmann si era espresso per un totale diffalco del tema demoniaco, che sarebbe privo persino della dignità del mito, e qualche dubbio era emerso anche tra teologi cattolici; ma ora esce un libretto che susciterà clamori e condanne romane a firma di Herbert Haag, esegeta cattolico esperto di Antico Testamento e autore di un importante dizionario biblico. Il titolo suona Abschied vom Teufel, cioè «Commiato dal diavolo», e il testo appare l’anno dopo in Italia edito da Queriniana – che aggiunge solo, prudentemente, un punto interrogativo nel titolo (Liquidazione del diavolo?). «Tutto quanto si afferma su Satana nel Nuovo Testamento – afferma Haag – non appartiene al messaggio vincolante della Rivelazione, ma solo a quell’immagine del mondo caratteristica degli scrittori biblici ossia della mentalità della loro epoca»: dal silenzio sul diavolo si passa in sostanza alla sua cancellazione. Un volume più ampio a ribadire la tesi verrà pubblicato da Haag nel 1974, e il problema di una demitizzazione (più o meno pesante) di Satana interpella presto altre voci entro e fuori dalla Chiesa cattolica. Tra le quali merita rammentare quella del filologo Henry Ansgar Kelly, autore di studi critici sul tema fin dal ’68: un suo recente (2006) saggio di ampio respiro è ora in uscita in Italia col titolo Satana. Una Biografiapresso Utet Libreria per la sollecita cura di Massimo Scorsone10.
Il tema della liquidazione del diavolo rimanda idealmente alle provocazioni di una stagione fertilissima e generosa, e alle sue speranze e istanze di libertà – anzitutto dalla paura. Ma il limite contestato sta nella riduzione del mistero del male, dimensione limacciosa di vertigine e abisso che spiazza credenti come laici, a cifra addomesticabile per noi “moderni” grazie a opportuni strumenti filologici. E merita almeno riflettere su quanto scriveva al tempo Leszek Kolakowski nella voce «Diavolo» dell’EnciclopediaEinaudi (Torino 1972): che cioè non solo è difficile pensare a una scomparsa del Divisore, al di là di suoi temporanei declini, ma che essa forse non sarebbe neppure auspicabile. «La sua presenza tiene viva la sensibilità umana al male; rende cauti e scettici di fronte a tutte le speranze trionfalistiche che sia possibile la salvezza e la riconciliazione delle energie dell’universo» (ivi, pag. 725). Mentre a complicare il quadro resta il fatto che il ruolo teologico di Satana, il suo paradigma di mistero, non si consuma nel tema dei demoni possessori – ma su ciò dovremo tornare.
È comunque in questo clima degli anni Settanta che, all’improvviso, le ragioni dell’inquietudine riemergono grazie a tre eventi ravvicinati di immensa risonanza nell’opinione pubblica. Si tratta di due eventi artistici – il romanzo The Exorcistdi William Peter Blatty, 1971, e l’omonimo film di William Friedkin, USA 1973 – e uno pastorale, cioè il famoso discorso sul diavolo di Paolo VI del 1972.
(2 – Continua)
1 Cfr. J.H. Chajes, Posseduti ed esorcisti nel mondo ebraico, Bollati Boringhieri, Torino 2010.
2 Cfr. Daniel Pickering Walker, Possessione ed esorcismo. Francia e Inghilterra fra Cinque e Seicento, Einaudi, Torino 1984.
3 Ultima edizione italiana, Aldous Huxley, I diavoli di Loudun, Cavallo di Ferro, Roma 2008.
4 Cfr. Jeanne des Anges, Storia della mia possessione, a cura di Angelo Morino, Sellerio, Palermo 1986. Cfr. anche Michel de Certeau, La possessione di Loudun, a cura di Rossana Lista, Clueb, Bologna 2012 (ma edito originariamente nel 1970; de Certeau tornerà poi sul caso nel saggio Il linguaggio alterato. La parola della posseduta, in La scrittura dell’altro, Raffaello Cortina, Milano 2005).
5 Filostrato, Vita di Apollonio di Tiana, a cura di Dario Del Corno, Adephi, Milano 1988.
6 Robert Burton, Malinconia d’amore, Rizzoli, Milano 1981.
7 John Keats, Lamia, a cura di Silvano Sabbadini, Marsilio, Venezia 1996.
8 Sulla figura di Lamia, anche in riferimento alle ricchissime ricadute nelle arti figurative del periodo vittoriano, rimando agli approfondimenti di questo articolo.
9 Per ora, 2012, sembra non averli trovati. In un’intervista Sommers ha detto di vedere il personaggio come un fratello più giovane dell’Abraham professore di Stoker. Tuttavia il nome Gabriel (invece che Abraham come in Stoker) e alcuni cenni del film potrebbero far propendere per un’interpretazione diversa: e cioè farlo identificare con l’Arcangelo Gabriele, un tema che in assenza del sequel resta sospeso. Tale natura del personaggio spiegherebbe per esempio la sua criptica battuta circa il ricordo di aver combattuto i Romani a Masada; come pure la sua capacità, nella scena finale, di vedere cosa avvenga nel Cielo.
10 Per una presentazione del volume, rinvio qui.