La prima cosa che ci colpisce, nel nuovo libro di Stephen Hawking, è la bellezza dell’apparato iconografico. Il libro è tanto illustrato, colorato, pieno di foto, disegni e schemi, alcuni anche spiritosi, un po’ come certi vecchi libri di scienze del liceo che sottoscrivevano la fondamentale nozione «se non riesci a convincerli, confondili con la cartastraccia colorata».
È possibile che Stephen Hawking voglia confonderci con specchietti e perline?
La cosa è sommamente improbabile – una ventina d’anni or sono, il suo Una breve storia del tempo entrò nella lista dei best-seller ed ebbe sulle menti deboli l’effetto di una tanica di bagnoschiuma in un frullatore.
BANG!
Che mazzata!
Occhio pallato, salivazione azzerata, tutti alla morte cerebrale entro pagina cinquanta.
Eppure se non lo comperavi, se non lo esponevi sul tavolo del soggiorno….
E non era neppure un libro difficile – una sola equazione (come l’ironico Hawking osservava a pagina uno), e poi lo stile piano e sicuro di Hawking, che come sanno anche le lettrici di «Novella 2000» è uno scricciolo d’uomo bloccato su una sedia a rotelle, ma ha un cervello vasto come un pianeta, e quando scrive di fisica te lo immagini come Charlton Heston (o, per le più giovani, Vin Diesel).
In Italia, il libro non venne aiutato dalla traduzione e dalla poverissima cultura scientifica e matematica della popolazione, e quindi vendette molto, e venne letto pochissimo.
Non fu l’unico, certo, ma che peccato!
E sarebbe un peccato se questo nuovo lavoro di Hawking subisse la stessa sorte.
Più complesso del precedente volume, con più argomenti in agenda e più carne da mettere al fuoco, ma organizzato in maniera più user friendly, il volume descrive un rapido tour della fisica avanzata, quella per intenderci che sta al margine fra la realtà e ciò che rende reale la realtà, e ce ne dà brevemente ma esaustivamente conto.
Come se fosse facile.
Il titolo è stato tradotto paro paro.
Non invidiamo il traduttore, il bravo Paolo Siena, che per alcune ore si sarà baloccato con le possibili versioni italiane di quell’espressione inglese «in a nutshell», in un guscio di noce, che però significa in poche parole, nell’essenziale.
Ecco, «l’Universo in Poche Parole» sarebbe stato un buon titolo, forse.
Fuorviante, ma buono.
Perché l’universo non è semplice, non è ordinato e soprattutto non è affatto amichevole.
Comprenderne le bizzarrie significa impratichirsi con spazi a più di tre dimensioni (Hawking si trova abbastanza bene con undici), con fenomeni descrivibili in parte come onda (energia) e in parte come particella (materia), con la natura statistica della realtà e concetti alieni come superstringhe e n-brane.
C’è di che farsi passare tutti i malditesta del mondo, per rimpiazzarli con qualcosa di molto più denso e massiccio.
Ma il premio, per chi riesce a stare dietro a Hawking, è straordinario.
Il volume è tanto colorato e gioioso, nel suo layout, perché l’universo che si rivela ai nostri cervelli (scordatevi gli occhi, quelli da soli non bastano) è colorato e gioioso, pieno di strani meccanismi e di misteri da esplorare, come un grande luna park.
Tutti noi abbiamo avuto un ingresso gratuito, e accesso a tutte le attrazioni alla portata del nostro credito tecnologico – ed essere nati nel ventesimo secolo significa fare molti più giri su molte più giostre di quanti potessero farne Galileo o Newton.
Tutto questo è a nostra disposizione, per tutto il tempo che ci è concesso.
Tutto sta ad aver voglia di fare un piccolo sforzo, dedicarci un po’ di tempo.
L’universo è meraviglioso.
E dev’essere per questo che Hawking, che rimane uno scricciolo d’uomo su una sedia a rotelle ipertecnologica, ha quell’aria allegra e furbetta, come il gatto che ha mangiato il canarino – lui tutte queste meraviglie le conosce intimamente, e vive in un universo più colorato, più variato e variabile, più imprevedibile e al contempo più ordinato e migliore del nostro.
Con questo libro, ce ne rende partecipi.
Una volta descritte le meraviglie del luna park universale, Hawking si prende un capitolo per parlarci del nostro futuro e dell’universo che esploreranno i nostri figli, per poi lanciarsi in un ultimo tour de force teorico e descrittivo, fra membrane spaziotemporali e materia oscura.
BANG!
Tutto in un libro di neanche duecento pagine.
Però bellissimo.
Si discuteva recentemente, sul forum di LN-LibriNuovi, sull’utilità di affrontare, una volta all’anno o giù di lì, la lettura di un buon testo di fisica di quella tosta, che tocca rileggere due o tre volte, a due o tre pagine alla volta, ma che spolvera il cervello e scrosta le sinapsi, tenendo la vecchiaia e l’imbesuimento a distanza.
Tocca rileggerlo un paio di volte, il libro di Hawking, per apprezzarlo davvero.
Prenderlo con calma, non aver fretta, ponderarne i contenuti.
Scordarci la fisica del liceo potrebbe aiutare.
Serve uno sforzo.
Ma il premio è un universo meno banale in cui vivere.
Chi vi ha mai promesso di più, o di meglio?
Stephen Hawking
L’universo in un guscio di noce
Mondadori A. 2006, pp. 217, € 12,80
trad. P. Siena
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