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    TerraNova

    Il teorema dell’ombra

    • di Massimo Citi
    • Marzo 27, 2014 a 6:40 pm

    Alessandro Defilippi è un amico.
    Non solo, ha collaborato a suo tempo con LN-LibriNuovi, con ALIA, con Fata Morgana.
    Ci si può aspettare da me un giudizio spassionato ed equanime su una sua opera?
    Ovviamente no, è evidente, ma se non altro vi ho preavvisato e non potrete in nessun caso affermare che vi ho ingannato. E, in ogni caso, la mia presentazione sarà onesta per quanto posso riuscire a esserlo.
    il teorema dell'ombra
    Alex Defilippi ultimamente ha preso il largo.
    Ha pubblicato dal 2010 a oggi Manca sempre una piccola cosa (Einaudi), Danubio rosso (Mondadori) e La paziente numero 9 (Mondadori), tutti e tre romanzi. Sicché uno come me, che ha sempre apprezzato in primis i suoi racconti, ha dovuto a lungo accontentarsi delle due antologie finora uscite, Una lunga consuetudine (Sellerio, 1994) e Cuori bui, usanze ignote (Antigone, 2002). Adesso, finalmente, è uscita una nuova antologia, Il teorema dell’ombra, per le edizioni Anordest, nella collana diretta da Danilo Arona, Criminal Brain. Un’antologia di 235 pagine + 16 pagine di postfazione firmata da Franco Pezzini (altro amico e collaboratore di LN-LibriNuovi…) articolata in due sezioni: Colori, per cinque racconti e 112 pagine, Ombre, con sei racconti e 123 pagine.

    Uno dei primi problemi nella presentazione di un’antologia è la ricerca del famoso filo rosso, ovvero un elemento di intrinseca unità all’interno di una varietà di temi, personaggi e vicende. E il primo filo rosso appare qui del tutto evidente: si tratta di racconti fantastici di invasione.
    Non mi dilungherò qui sul tema dell’invasione, sul quale tornerò alla fine della recensione. Il primo aggettivo, “fantastico”, merita però qualche parola in più.
    Non si tratta di racconti basati sulla letteratura fantastica più ovvia, alla quale ci stiamo ahimé abituando, ma testi ricchi di un fantastico raffinato, sognante, apparentemente beneducato e “classico” ma con repentini e feroci passaggi sul piano di un horror claustrofobico, talvolta colorato di uno humour nero che nulla toglie alla loro efficacia. La costruzione dei racconti è attentamente studiata, procede sorniona, risvegliata a tratti da un elemento anomalo che soltanto il protagonista – e il lettore – colgono. E lo stile di Alex fatalmente attira il lettore che segue con crescente tensione il lento accumularsi di elementi allarmanti che rimandano a un altrove oscuro, a un non detto gelido e insondabile, subito oltre il sottile strato della realtà quotidiana.
    Blu, il racconto che apre la raccolta, è una vicenda a spirale dove la rottura si avvicina gradualmente, finendo col divenire la fissazione del protagonista e mettendone in luce gli immancabili difetti e il suo invincibile piccolo egoismo.
    Protagonista e io narrante di Viola, secondo racconto dell’antologia, è un bambino perseguitato da visioni di esseri particolari che soltanto lui può vedere: «gli occhi di quei bambini erano neri fino alla pelle. Come la notte e gli scarafaggi». Il rapporto con i bambini-scarafaggio scivola lentamente da un rapporto di paura e sospetto in un rapporto esclusivo, qualcosa che gli altri, i genitori, i grandi, non possono comprendere né immaginare. Ed è la presenza in apparenza benefica dei bambini-scarafaggio a rovesciare il senso del racconto, proiettandolo in un’altra realtà, suggestiva quanto minacciosa, dove il ruolo del protagonista rimane sospeso, richiamando alla memoria il piccolo Peter Pan nel giardino di Kensigton.
    Una storia classica di fantasmi quella raccontata in Rosso, una storia delicata e cattiva, proprio come un soffio di vento gelido nel cuore della notte. Zafferano e Antracite sono ancora storie di ragazzi, piccole avventure che possono strappare un sorriso, perlomeno all’inizio. Nel primo la fanciulla che ripete ossessivamente le parole che iniziano con la zeta ha il suo primo, rabbioso, incontro con il sesso, nel secondo i due bambini alla scoperta di una fabbrica abbandonata compiono il loro personale viaggio nel mondo degli altri, un viaggio senza ritorno. Ed è soprattutto in questo secondo racconto che emerge la profonda vocazione gotica di Defilippi, in un testo che con un lento procedere devia da un gioco per ragazzi a un incubo senza nome.
    La sezione «Ombre» ha inizio con un racconto molto breve, Charlie don’t surf che è insieme un omaggio a Cattelan e una breve, maligna vertigine. A questo breve ma ottimo testo fa seguito La Dama Nera un racconto ambientato in un’ansa morta del tempo, con un personaggio femminile che veste i panni riluttanti di una “traghettatrice” verso il mondo oltre il tempo. Un racconto ricco di riferimenti e di temi e che in poco più di una trentina di pagine racconta della vita immobile dei due protagonisti, come in una fotografia dimenticata in un cassetto.
    Se risulta macabramente divertente A cena il giorno dei morti, una jeu de massacre condotto da piccole “innocenti” creature a danno di un anziano prelato, disturbante e ossessivo è il racconto successivo: Requiem K 626. Uno psichiatra, evidente ombra dell’autore, riceve una giovane donna della quale il fratello è disperatamente innamorato. Tra i due si crea un rapporto professionale che ben presto si trasforma in un legame inscindibile. Appaiono oggetti nello studio dello psichiatra – terra, ramoscelli – minuscoli “apporti” da un’entità ancora indefinita, un corvo bussa alla sua finestra, grandi cani ciechi si nascondono nelle ombre. Il rapporto con la paziente si spezza, lei scompare, lasciando dietro di sé ombre impossibili da cancellare. La “Signora degli animali”, la Regina della Morte, ciò di cui parlava il fratello… e la follia, il desiderio suicida che prende il protagonista. Un racconto circolare, dal finale sospeso e insieme definito, come un lungo viale il cui termine sia nascosto dalla nebbia. Un racconto visionario, non facile da dimenticare.
    Gli ultimi due racconti, Il mio onore si chiama fedeltà e Berggasse 19 hanno sfondo e ambientazione diversi, il primo è un frammento dei ricordi dello Sturmbannführer Wilhelm Hassler, incaricato da Himmler di una missione molto peculiare nella Spagna della Guerra Civile e più precisamente a Guernica, nel secondo un Freud dalla salute gravemente minata diviene, attraverso un sogno che passa di mano tra diverse persone, un testimone ignaro del prossimo futuro dell’Europa e della sorte gli ebrei. Due racconti che con poche pennellate tratteggiano l’emergere del Male nella storia e nella vita quotidiana.
    Alessandro-Defilippi
    C’è un secondo filo rosso, una peculiarità che attraversa molti dei racconti qui presentati?
    In primo luogo il rapporto non facile con l’infanzia e l’adolescenza, come se quelle fasce di età rappresentassero per gli adulti un mondo profondamente alieno, talvolta sorprendente, più spesso morboso e inconoscibile. E ancora la curiosità attenta e insieme distante con la quale l’autore considera e descrive il mondo.
    E per ultima la costante sensazione di insufficienza che vivono i personaggi di Defilippi, di un peccato che impedisce loro di comprendere e di partecipare pienamente al moto reale delle cose. Un peccato dal quale è impossibile liberarsi e che li accompagnerà per tutta la vita, rassegnati a un’inevitabile e agghiacciante invasione.

    .
    Alessandro Defilippi, Il teorema dell’ombra

    Postafazione di Franco Pezzini, ed. Anordest, pp. 256, € 11,90

     

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    Tag: Alessandro DefilippiFranco Pezzinigoticoistantaneenarrativa fantasticanarrativa italianaRecensioni

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