Isserley, la protagonista di Sotto la pelle non appartiene alla nostra specie.
Lavora sulla Terra per conto della Vess Incorporated, una società che procura costosissime delizie ai propri clienti: la fascia più ricca e viziata di una società aliena che, con accortezza, Faber sceglie di non descrivere per lasciare al lettore la sensazione che si tratti di un mondo non troppo diverso dal nostro. La rinuncia a ricorrere a uno degli elementi tipici della sf – il senso di straniamento – ha infatti la funzione di concentrare l’attenzione del lettore sul valore metaforico della storia narrata.
Isserley fa il lavoro «sporco». Carica autostoppisti maschi in buone condizioni di salute e di peso, cerca di stabilire nel tempo del loro incontro se e quanto sia pericoloso per la loro attività che il soggetto scelto scompaia senza lasciare traccia e quindi agisce. Non è un bel lavoro: è rischioso e per poterlo svolgere con qualche possibilità di successo Isserley si è dovuta sottoporre a una serie irreversibile di modifiche anatomiche che, se ne fanno un’imitazione passabile di una femmina umana, la rendono grottescamente deforme per i membri della propria specie. Ma anche questo è meglio del lavoro minerario riservato a coloro che debbono abbandonare il pianeta natio per sopravvivere. Isserley preferirebbe non farsi troppe domande, soprattutto sul suo corpo sfigurato, ma la sensazione di essere divenuta uno «scherzo di natura» non cessa di occupare i suoi pensieri, soprattutto la mattina al risveglio, quando deve dedicarsi a faticosi esercizi fisici per mantenere efficiente il suo corpo umanoide. Per gli umani non prova nulla, come tutti quelli del suo popolo li considera poco più che assurdi animali giunti a uno stadio particolarmente idiota e rumoroso del loro sviluppo. «Non ragionano come noi, senza offesa», dicono gli alieni, che nel libro si autodefiniscono «esseri umani», in contrapposizione ai vodsel, gli umani maschi che Isserley cattura.
Tutto filerebbe ragionevolmente liscio se un giorno non sbarcasse presso il gruppo di alieni incaricati di organizzare le spedizioni per conto della Vess Incorporated, il figlio del principale azionista della società, Amlis Vess. Il suo arrivo determina il rapido precipitare della situazione, facendo emergere in Isserley la chiara coscienza dell’assurdità del suo ruolo e rendendole evidente quanto sia stata disponibile a subire pur di sopravvivere.
Ma Isserley, a differenza di Amlis Vess, non ha alternative né speranze. Non può che continuare a battere le strade provinciali scozzesi alla ricerca di soggetti adatti, a guidare con le braccia ben alte sul volante perché gli autostoppisti possano ammirare il seno che i chirurghi della sua specie hanno copiato dai film pornografici di produzione terrestre, a ringraziare il cielo di non lavorare in miniera e a fare gli esercizi prescritti ogni mattina. Fino a quando non arriverà l’inevitabile errore.
Sotto la pelle è stato il primo romanzo di Michel Faber, autore noto grazie a un romanzo di genere e ambientazione completamente differente: Il petalo cremisi e il bianco. In comune con esso la scelta di un punto di vista femminile, una protagonista alle prese con una difficile situazione esistenziale e un modo per sbarcare il lunario che comporta la necessità di mettere in gioco il proprio corpo.
Ma per Isserley si tratta di un corpo divenuto insegna di qualcosa di inesistente. La donna aliena ha infatti dovuto definitivamente rinunciare alla propria vita sessuale per risultare approssimativamente simile a una donna umana. Non casualmente molti degli autostoppisti rilevano in lei qualcosa di strano, esotico e sottilmente allarmante. Ma generalmente il gallismo ha la meglio sul buon senso, con esiti nefasti che mai potrebbero immaginare.
Superficialmente simile a un romanzo di fantascienza, tanto che in esso sono presenti diversi stilemi del genere, Sotto la pelle è in realtà un testo spiccatamente politico, nel quale il problema della gerarchia sociale domina ogni possibile ulteriore lettura. I vodsel, ovvero gli umani maschi nel linguaggio alieno, costituiscono il primo gradino di una piramide di altezza vertiginosa, tanto da raggiungere, e non in senso metaforico, le stelle. I rapporti di potere e sottomissione costituiscono il centro di equilibrio dell’invisibile società aliena, rapporti che ben poco hanno di diverso con le forme abituali di interazione della società umana. Faber compie un lungo viaggio, arriva fino alla luce di stelle lontane per restituirci in forma allegorica la più squallida delle realtà umane: il privilegio contrapposto allo sfruttamento, l’alienazione di se stessi e del proprio corpo come regola di sopravvivenza. Con attenzione ha scelto un personaggio che dall’osservanza di questa regola ricava una disperata superbia, anche se ogni giorno messa alla prova da dubbi e ansie senza uscita.
Ma il valore metaforico del romanzo di Faber emerge anche nell’umorismo macabro, nelle sardoniche descrizioni della realtà quotidiana del nostro mondo, nello sguardo stupito e disgustato di Isserley davanti a un quiz o a un reality show.
Per il lettore – a maggior ragione, probabilmente, per il lettore di sesso maschile – una prova non agevole, tanto che il romanzo ha creato, con la sua prima pubblicazione del 2004, non poche perplessità e polemiche, ma forse ancor meno agevole per il lettore abituale di sf, alle prese con un testo avaro di senso del meraviglioso. Ma Faber, come molti altri autori contemporanei, ha semplicemente (ed efficacemente) fatto uso del sistema letterario di riferimento probabilmente più adatto a raccontare in termini estremi una realtà politica tanto normale da essere divenuta invisibile. Un eccellente motivo per dedicare tempo a un romanzo davvero più sorprendente di quanto potreste immaginare
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