Vivere è osservare. Qualche volta osservare da vicino, addirittura spiare. Vivere in un condominio è quasi sempre, volenti o nolenti, farsi domande sui vicini. In genere domande insulse o poco significative (Ma si fa la barba tutte le mattine, quello? Ma quella bionda che si vede ogni tanto è sua moglie? Ma lavora o cosa fa?) più raramente può capitare ciò che accade al protagonista del romanzo di Faciolince: concepire per un condomino, peraltro praticamente sconosciuto, una passione vicina all’amore. Ma non si parla, qui, di amore carnale omo- o eteroerotico, ma di una passione intellettuale che spinge il protagonista a cercare di «penetrare» nella vita del suo vicino di sopra, l’ex-scrittore Bernardo Davanzati, di spiarlo frugando nell’immondizia condominiale alla ricerca dei frammenti, gli avanzi, gli scarti – appunto – della sua inutile produzione. I brani – semplici tentativi senza successo, inizi, riflessioni, meditazioni di poche pagine, tentativi di giallo o di fantascienza – vanno a comporre gradualmente un’immagine complessa e sfumata ma anche paradossale e disperata del suo vicino. Le domande che nascono dalla lettura dei suoi testi assediano il protagonista che si interroga sul passato e sulla vita attuale di Davanzati fino al punto di ricercare le amanti e gli amici citati, ricostruendone la storia. Ma quanto è attendibile? Difficile dirlo. Quanto i brani rubati nell’immondizia – gli scarti – costruiscono un’immagine reale della vita e delle esperienze di Davanzati? La frattura profonda tra vita immaginata e reale, tra desiderio, paura, timore e ansia emerge lentamente attraverso i frammenti di romanzo, i tentativa abortiti, i fiaschi disperatatamente disprezzati dall’autore per primo. Uno scrivere che si frantuma e si spezza senza speranza, ansioso e affannoso. La rottura definitiva verrà dopo l’incontro lungamente desiderato con l’ex-moglie e la figlia, un incontro che, anche se non narrato né presentato, costituisce il possibile acme della vita di Davanzati, un vertice che l’ex-scrittore non può più raggiungere né recuperare. Il vicino/io narrante ne è impotente testimone e la conseguenza dell’ultimo atto compiuto da Davanzati è la rottura definitiva del loro (unilaterale) rapporto. L’ex-autore abbondonerà la Colombia e se ne andrà – o almeno così pare – in Europa a spendere gli ultimi giorni della sua vita senza più tentare di modificarne il percorso. E prima di andare lascerà un breve testo, «due cartelle», che spiegano la sua intenzione di abbandonare definitivamente la scrittura e con essa, lentamente, la vita.
Il rapporto tra letteratura e vita è l’enigma dello scrivere, il segreto con il quale chiunque si affanni a riempire fogli e risme non può evitare di fare i conti. La sua capacità di trovare una risposta – di un qualche genere, di un qualsiasi genere – a questa domanda contribuisce spesso al successo in termini di notorietà, fama, denaro ecc. Il problema reale di Davanzati, medita il suo osservatore, è l’incapacità di accettare un rapporto minore – assurdo, distorto o caricaturale – con la vita. L’ex-autore «fallisce» letteralmente ogni volta che prende in mano la penna e scrive. Incapace di narrare la realtà in personaggi, fatti, vicende, impotente a rendere i personaggi semplici immagini o forme senza spessore ma anche di regalare loro una vita «reale» sulla pagina, Davanzati sopravvive di tentativi falliti, involontari orrori, collisioni di eventi e di storie ai quali non riesce a dare – quasi sempre nemmeno a immaginare – un finale. Ciò che Faciolince mette in scena è una sorta di Se una notte d’inverno un viaggiatore in tono minore, quasi una parodia o un controcanto. Una sorte che siamo, probabilmente, in molti a condividere…
Hector Abad Faciolince, Scarti
Bollati Boringhieri, Varianti, 2008, pp. 153, € 13,00, trad. E. Mogavero
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