Strano è strano, non c’è dubbio.
Va bene la contaminazione, ma un Pikachu rosso con falce e martello sul petto e sovrastato dalla scritta «CCCP» è sconcertante anche per il lettore più abituato alla contaminazione.
D’altro canto chi conosce e apprezza Viktor Pelevin non si sorprenderà troppo. L’autore de La Freccia gialla, La lanterna blu e dell’affascinante Il mignolo di Buddha possiede un approccio del tutto personale all’assurdo, dimostrando una capacità sovrumana di rintracciarlo anche nelle attività più ordinarie e prosaiche, nel contempo mettendo in evidenza le numerose zone d’ombra dell’universo russo contemporaneo. L’accuratezza delirante – un ossimoro soltanto apparente – e la sottile, persistente e attenzione malevola con la quale Pelevin sa raccontare la Russia di El’tsin e, ora, del neozar Putin ha ben pochi paralleli non soltanto nel mondo russo ma anche nella letteratura occidentale. Senza parlare dell’Italia, dove, viene da chiedersi che cosa sarebbe costretto a inventare un improbabile Pelevin nazionale per descrivere un paese dominato da una mediacrazia affetta da morbo di Alzheimer.
Protagonista di Dialettica… è Stëpa, un uomo normale e senza particolari talenti (a parte un’invidiabile capacità di non perdere le staffe), ma con una singolare fissazione:
L’idea di stringere un patto con il sette maturò nella testa di Stëpa Michajlovic al tempo in cui cominciava a leggicchiare e a riflettere sulle differenze tra i sessi. Le prime forme di questa alleanza furono primitive. Stëpa disegnava sette di vario tipo per i diversi casi della vita. […] Chissà perché Stëpa aveva dato per scontato fin dall’inizio che la cifra sette fosse al corrente dei suoi propositi.
Ben presto, tuttavia, Stëpa deve constatare che il sette non ha alcuna intenzione di favorirlo e che i suoi incantamenti e scaramanzie rigorosamente basati sulla ripetizione del numero sette non lo aiutano né lo difendono:
Quella cifra era una viziata e costosa cortigiana. Non era strano quindi che le umili attenzioni di Stëpa non fossero state corrisposte. Ma non era lei l’unica cifra al mondo!
Dopo lunga riflessione Stëpa decide di «adottare» e/o di farsi adottare dal numero 34. Conseguentemente conforma ogni sua decisione e ogni sua scelta alle arcane risonanze di tale cifra. La presenza della cifra amica, riconosciuta attraverso complessi calcoli mentali e stravaganti interpretazione, gli dà sicurezza e gli permette, curiosamente, di prosperare, tanto da giungere a possedere una banca d’affari.
Ma non ci vuole molto perché Stëpa comprenda che, se il numero 34 è il suo fedele protettore e amico il suo reciproco, il numero 43, gli è completamente a ferocemente ostile. La sua vita diventa così un inferno nel quale è vitale non solo riconoscere il numero amico ma anche riuscire a evitare i malefici influssi della cifra ostile. Cosa non facile trovandosi a cercare di destreggiarsi tra mafiosi, terroristi, Agenti dell’FSB (il degno successore del KGB), artisti senza talento, veggenti, concorrenti di pochi scrupoli. Fino al grottesco, sanguinario e feroce scontro finale…
Difficile, non affezionarsi all’impavido e tenero Stëpa – così simile a Pikachu, secondo la sua amante Mjus – capace di conservare, in ogni situazione, anche le più assurde, un candore da monsieur Hulot postsovietico e postmoderno. Altrettanto difficile non rimanere (felicemente) storditi dalle incursioni e dai riferimenti – letterari e non – dei quali Pelevin dissemina il suo testo, peraltro legato a uno spunto tanto stravagante e cervellotico da far temere il lettore, pagina dopo pagina, una caduta nel banale thriller o nella commedia di equivoci.
Pelevin, viceversa, tiene il timone fino alla fine, regalandoci un ritratto tanto amaramente surreale della Russia contemporanea da costituirne quasi sicuramente una relazione fedele.
Viktor Pelevin
Dialettica di un Periodo di Transizione dal Nulla al Niente
Arnoldo Mondadori
€ 15,50
trad. C. Renna, T.Olear
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