Scritto nel 1937 e ambientato dopo la Prima guerra mondiale, il romanzo narra il fallimento del matrimonio tra Mihaily ed Erszi, durante il loro viaggio di nozze in Italia. Lei ha abbandonato un marito borghese affettuoso e generoso, ma convinto che tutto si possa acquistare con il denaro e il savoir faire; lui ha alle spalle un’adolescenza anticonformista, piena di assoluti e di pose teatrali, segnata profondamente dall’intenso legame stabilito con Tamás ed Eva, due fratelli colti, eccentrici e snob, legati da un rapporto quasi simbiotico, un Doppio seduttivo e androgino attorno a cui gravitava il gruppo di amici. Da quando il trascorrere del tempo e il suicidio di Tamás hanno lacerato il sodalizio, Mihaily ha tentato invano di integrarsi nella borghesia di Pest prendendo il proprio posto nella ditta paterna; il matrimonio con Erszi è il coronamento del suo tentativo di crescere. I due sposi vivono l’uno accanto all’altra continuando a fraintendersi: ciò che Erszi apprezza del nuovo compagno sono proprio l’aura di trasgressione e l’incapacità di accettare le regole, che lo rendono diverso dal primo marito; Mihaily, però, ritiene la moglie una signora borghese, pratica e e rispettabile, simbolo di tutto ciò che non riesce a tollerare della propria vita attuale.
Vagando solo, di notte, per le calli di Venezia, l’uomo si immerge nei ricordi del proprio passato e, per una serie di coincidenze che il lettore legittimamente può ritenere volute, perde il treno che avrebbe dovuto condurlo a Roma con la moglie e prosegue il viaggio da solo, attraversando un’Italia centrale selvatica e medievale che pare offrirgli bellezza e magia.
Divisa tra il senso di una libertà finalmente priva di vincoli e i disagi di un viaggio condotto con pochi mezzi, accontentandosi di alloggi scadenti, la fuga quasi casuale di Mihaily è segnata dall’inquietudine e dal bisogno di trovare risposte a domande che nemmeno riesce a porre chiaramente a se stesso. Lasciata sola Esrzi, invece, metterà alla prova il proprio desiderio di infrangere il moralismo borghese.
Venato di umorismo e di atmosfere surreali, il romanzo dimostra che in letteratura tristezza e felicità non sono necessariamente opposte e che, come ha scritto felicemente Becca Rothfeld
Per Szerb, ogni sconfitta è un’opportunità a provare che vi è qualcosa anche più meritevole, anche maggior anatema contro il pragmatismo borghese, della normale speranza. Ed è lo sperare assurdamente.
Cattolico di ascendenza ebraica, antifascista dichiarato nell’Ungheria della Seconda guerra mondiale, Szerb visse consacrandosi alla letteratura, che considerava l’unica espressione umana durevole, non una mimesi del reale né un modo di fuggirla, ma la possibilità di andare oltre e insieme al cuore della realtà.

Antal Szerb
Nominato presidente della Società letteraria Ungherese, autore di una Storia della letteratura mondiale considerata autorevole ancora oggi, nel 1943 venne rimosso dall’Università perché di discendenza ebraica e i suoi libri vennero proibiti. Nel 1944 venne deportato in un campo di concentramento vicino a Balf dove nel 1945 venne picchiato a morte e sepolto in una fossa comune.
A chi volesse approfondire la conoscenza di questo grande scrittore, consiglio vivamente il saggio di Becca Ruthfeld. È auspicabile che le poche, striminzite righe dedicate a Szerb dalla versione italiana di Wikipedia (al contrario di quella inglese) siano finalmente ampliate.
https://newrepublic.com/article/119730/antal-szerbs-journey-moonlight-review
Antal Szerb, Il viaggiatore e il chiaro di luna, E/O 2017, gli intramontabili, p. 268, € 16,00, trad. B. Ventavoli
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