John Scalzi, l’autore de Il collasso dell’impero, primo volume della nuova serie Interdependency, è un indiscutibilmente un soggetto interessante, un autore che sa scrivere qualcosa che ha tutti gli elementi della space opera: imperi galattici, alieni, congiure interstellari, forze fisiche fondamentali, ignoti eventi colossali che muovono interi sistemi, sovrani, nobili e plebe, eroici comandanti di astronavi etc. etc. ma dando la netta sensazione di crederci solo parzialmente, scrivendo una perfetta parodia, tanto aggraziata che può essere letta sia in maniera «ingenua» dagli appassionati che in maniera «divertita» dalle vecchie volpi del genere. Nota a margine, che può agevolmente essere saltata, i commenti di quotidiani e giornalisti riportati in quarta di copertina sono equamente divisi tra un’entusiamo un po’ comico e uno scetticismo divertito, quasi a sottolineare l’anima divisa dell’ottimo Scalzi.
La vicenda è, ovviamente, grandiosa. Protagonista in senso assoluto il Flusso, ovvero il sistema spazio-temporale che ha reso lo spazio intestellare accessibile alla specie umana, permettendogli di raggiungere lontani sistemi. Ma, come tutte le formazioni naturali, anche il Flusso non è stabile ed eterno, ma può variare, abbandonando il suo abituale «letto», spingendosi verso altri settori stellari a abbandonandone altri, destinati all’isolamento e a una catastrofica decadenza.
Venendo ai personaggi umani la prima che il lettore incontra è Cardenia Wu-Patrick, principessa imperiale e destinata al trono del padre, Batrin, che sta lentamente morendo. Antagonista della principessa – in realtà una donna piuttosto normale e poco abituata ai fasti e alle cerimonie imperiali, anche perché la sua posizione nella scala di successione fino a poco tempo prima era quella di ultima – è Ghreni Nohamapetan, esponente di una grande famiglia che da anni punta a impadronirsi dell’impero. Un individuo in apparenza fatuo, vanesio, vanitoso e frivolo ma che non mancherà di mostrare presto le sue “qualità”. A coadiuvarlo – o meglio a guidare le sue decisioni – la sorella Nadashe Nohamapetan e il fratello maggiore Amit.
Punto di rottura dell’apparente quiete dell’impero è la situazione di Fine, governato dal Duca di Fine, individuo corrotto e poco raccomandabile e le manovre per giungere a detronizzarlo e/o eliminarlo. Tutto ciò mentre il Flusso indica sempre più nettamente la variazione del suo percorso, rendendo Fine (Bello, pregiato in it.) decisamente centrale per il futuro dell’Impero.
Se volete sapere che cosa succede dovrete leggervi il libro, qui non si fanno spoiler, ma resta il dato di fatto che lo script del testo (termine non preso a caso) e la quantità esorbitante di dialoghi, ricorda in modo sorprendente i testi delle sitcom più frequentate, come se a ogni battuta dovesse seguire una risata o un applauso del pubblico. Ovviamente, dal momento che le battute prevalgono nel testo, i pianeti abitati dagli umani sono più o meno copie-carbone della Terra, con differenze tanto sottili da essere praticamente inafferrabili…
In sostanza un romanzo brillante, vivace e animato ma povero di sense of wonder, una delusione per il sottoscritto che non riesce a prendere sul serio la nobiltà del futuro, i pianeti di cartapesta e i dialoghi brillanti, ma che può essere una discreta lettura per qualcuno appena meno fissato di me.
John Scalzi, Il collasso dell’Impero, Fanucci 2017, pp. 268, € 16,90, trad. Annarita Guarnieri
Idem in e-book, € 4,99
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