Vagamente ispirato a La macchina del tempo di H. G. Wells, Londra invisibile di Brian Stableford è una storia robusta che mescola steampunk, fantascienza e romanzo di speculazione.
Il romanzo è ambientato nella Londra vittoriana e mette in scena abilmente personaggi storici, personaggi originali e personaggi letterari reinterpretati dall’autore in un pastiche stimolante anche se sicuramente di nicchia.
La storia inizia a Parigi, nel 1894, come un feuilleton: sta per avvenire un bel duello all’alba, anzi PRIMA dell’alba, i contendenti sono un certo Maurier, reo di aver riportato voci malevole sul suo avversario, e il conte Lugard. Per quanto entrambi siano intenzionati a evitare il sangue, quasi incredibilmente ci scappa il morto e il sopravvissuto, Monsieur le Conte, è costretto a cambiare aria. Lo ritroviamo un anno più tardi a un consesso di grandi personaggi, invitato da un Oscar Wilde particolarmente in forma. La riunione è organizzata a casa del prof. Edward Copplestone, grande viaggiatore nelle regioni più remote del pianeta, e vi partecipano altri personaggi di grande calibro: un famoso parapsicologo, due giovani autori che diventeranno famosi come padri della fantascienza sociale, e un “corpulento e flemmatico dottore che aveva servito in India”, mai nominato ma sulla cui identità – come su quella del suo amico dagli occhi – molti lettori potranno fare interessanti deduzioni. È presente anche «un degno gentiluomo con i mustacchi […] che aveva qualcosa a che fare con i profitti che si potevano ricavare dalla vendita dei brevetti». Manca un tale Bram Stoker, cosa che a Wilde spiace e a Lugard per nulla.
Fino a qui, il romanzo, narrato in prima persona dal Conte, pare una divertente riedizione della Lega degli straordinari gentlemen di Moore. Presto però si aggiunge un ingrediente nuovo e gustoso che lo sposta sul binario del romanzo scientifico inglese a sfondo distopico.
Copplestone, infatti, intende presentare ai suoi ospite dalle esperienze e dalle competenze tanto disparate una relazione di viaggio ancora più sorprendente del solito: un viaggio (anzi, tre) nel tempo. Per compierli non ha utilizzato apparecchiature di alcun tipo ma ha assunto una sostanza psicotropa potentissima che gli ha permesso di spostare il proprio spirito nel futuro. E questi futuri gli hanno riservato sorprese davvero incredibili.
Durante il suo primo viaggio il professore ha scoperto che gli umani sono stati sottomessi dai vampiri e utilizzati alla stregua delle nostre mucche come produttori di sangue fresco. Nei futuri più lontani la specie di vampiri continua a dominare sul pianeta, ma…
Piccolo acquisto fatto d’impulso nel mercatino di libri usati che viene allestito nella località di montagna dove trascorro parte dell’estate, Il romanzo di Stableford si è rilevato davvero sorprendente; la costruzione è notevole, sapiente, anche se mai seriosa, sia dal punto di vista storico sia da quello letterario. È un’opera di difficile collocazione, un quasi-horror che può essere inserito nel filone del romanzo “scientifico” di fine Ottocento come nel genere utopico (o distopico) anglofono di lunga tradizione e regala anche sfumature sentimentali.
Narrato in prima persona da un Conte Lugard, spettatore curioso di quella che potremmo chiamare “commedia umana” della élite colta londinese, è godibile già soltanto per il gioco dei e sui personaggi, che Stableford sfida i lettori a riconoscere quando non nomina apertamente, Londra Invisibile non si limita a percorrere il solco dello steampunk ma giunge a sfiorare temi filosofici. Passato abbastanza sotto silenzio in Italia, anche all’estero ha ricevuto giudizi molto differenti, indicato ora come piccolo capolavoro e “festa dell’immaginario” per i fan della fantascienza vittoriana, ora come testo sconclusionato. Qualche critico si è sbilanciato fino a fare confronti con Stanislaw Lem o Philip K. Dick. Personalmente questa volta propendo per Lem, Dick non è mica un autore per tutte le stagioni!
Sull’origine del romanzo e sul titolo originale, The Hunger and Ecstasy of Vampires, Stableford – autore in poco tempo di altri due romanzi originali sui vampiri – racconta un aneddoto gustoso: poiché l’editore riteneva il titolo del secondo romanzo vampiresco (Young Blood) poco “appetibile” gli aveva proposto provocatoriamente l’alternativa La brama e l’estasi dei vampiri. Alla fine l’editore aveva capitolato, dietro promessa di scrivere davvero un romanzo di fame ed estasi vampirica.
Ed eccolo qua, presumo del tutto diverso dalle aspettative editoriali, eppure curiosamente rispecchiato nel titolo.
L’unico rimpianto è che il pubblico anglofono, e in parte anche quello italiano (Mondadori ha scelto di inserirlo nella collana Urania) siano stati disorientati. Chi voleva leggere un genuino horror con vampiri attivi e di poche parole, sarà rimasto deluso, molti dei lettori che si sarebbero divertiti con il gioco complesso di Stableford forse non avranno nemmeno preso in mano il volume. Un grazie sentito, quindi, alla venditrice di libri usati che lo aveva acquistato insieme ad altri da un biblioteca in disarmo.
Per sapere di più sull’autore e sulle sue opere (compresa la storia dei titoli) cliccate qui, dove troverete un’intervista rilasciata da Stableford a Barbara Goodwin.
http://www.infinityplus.co.uk/nonfiction/intbs06.htm
Brian Stableford, Londra invisibile, Mondadori Urania 1997 (ed. or. 1996), pp. 216, € 3,05, Trad. Fabio Femino
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