Di Richard Calder avevo letto finora un racconto: Mosquito (più che buono) pubblicato sull’antologia della Nord Cyberpunk che mi aveva solo parzialmente preparato all’incontro con le Bambole e l’allure di questo Virus Ginoide (il titolo inglese è Dead Girls, più appropriato al tema ma ritenuto inadatto al delicato pubblico italiano dalla Nord). Calder è un inglese residente in Thailandia da dieci anni e che, come Ballard, Noon e un’altra dozzina almeno di autori inglesi si diverte a raccontare la dissoluzione della propria patria e più in generale dell’intero emisfero nord del mondo.
Le Bambole sono raffinate imitazioni di giovani donne, androidi basati su una nanotecnologia a livello quantico. Le prime bambole, prodotte dalla Cartier di Parigi, nel periodo di maggior splendore dell’Europa – all‘aube de millenaire – avevano la funzione di modelle per le sfilate di moda, ma ben presto vennero le imitazioni prodotte in Estremo Oriente e con scopi e funzioni – essenzialmente sessuali – piuttosto diversi dall’originale.
La furiosa guerra commerciale tra Europa e Estremo Oriente, gli esperimenti azzardati e lo sviluppo frenetico della nanotecnologia delle bambole hanno creato le premesse per lo sviluppo del contagio. I maschi che hanno rapporti sessuali con le bambole vengono contaminati e inducono nelle donne umane la mutazione della prole femminile. In questo modo non nascono più bambine ma soltanto bambole, che evidenziano la loro natura solo durante la pubertà.
Ignatz Zwakh, il protagonista, è un drogato delle bambole, ovvero un maschio contaminato e innamorato di una “ragazza morta “, Primavera, che è stata sua compagna di scuola fino alla metamorfosi. Le bambole hanno una vita relativamente breve e non possiedono alcuna nozione della morte, sono creature candide e amorali, destinate a morire per un semplice capriccio perverso dell’utente e in grado di uccidere con il medesimo indifferente candore.
Un aspetto affascinante del romanzo è il mondo nel quale si muovono Zwakh e Primavera. L’Europa, dopo l’ultimo periodo di lusso e di sfrenata ricchezza – segnato dalla monocultura della moda e del design – è in piena crisi, gli Stati Uniti si sono rinchiusi in un nuovo isolazionismo e l’Estremo Oriente – consorziato nell’ASEAN – è la maggiore potenza economica mondiale. L’epidemia del “virus ginoide” ha per il momento colpito la sola Gran Bretagna, Londra è isolata dal resto del mondo e in tutta Europa è in pieno sviluppo un movimento politico di estrema destra, il Fronte Umano, che ha nel suo programma lo sterminio completo delle Bambole.
Perverso, onirico, febbrile, il romanzo di Calder infila il tunnel dell’estrema perversione dei sensi, della percezione, del sentimento per sforzarsi di raccontare la storia mai del tutto esplorata dell’odio tra i sessi. Le Bambole sono le donne ideali, pronte a soddisfare qualunque assurda richiesta dei maschi e insieme sono la loro perdizione, vampiri quantistici che si preparano a ereditare la Terra (o perlomeno quanto ne rimane).
La nozione di transrealismo introdotta da Rucker è magistralmente interpretata da Calder che pone in una cornice di possibilità futura la quotidianità distorta dei rapporti di genere. Insomma, un libro meritevole di attenzione e che ha l’unico grosso “difetto” di non essere stato scritto da una donna.
Per venire ai difetti veri e propri non posso nascondere una certa fatica nel seguire vicenda e dialoghi. In parte si tratta di un problema stilistico: Calder fa un uso generoso di parole in lingua straniera e di neologismi, questo per rendere meglio la lingua di un ipotetico futuro dove la contaminazione dei linguaggi è all’ordine del giorno. Ma in parte temo che la responsabilità ricada sul traduttore, che nell’incontro/scontro con un autore personalissimo, disordinato, capriccioso, cerebrale non ce l’ha sempre fatta a venirne a capo. Il dubbio si rafforza confrontando le traduzioni di altri brani di Calder pubblicati in italiano, che sembrano correre via un po’ più lisci di Dead Girls. Ma con tutto ciò non me la sento di tirare la croce addosso al povero traduttore, che immagino malpagato e obbligato a tempi di consegna disumani.
É questo il tragico problema della lettura in traduzione: quante delle astrusaggini che si incontrano sono da attribuire al traduttore e quante all’autore? E il problema si fa anche più serio per la sf, letteratura di genere per un pubblico che per anni si è ritenuto come formato da minus habens pronti a ingollare qualunque cosa.
Richard Calder, Virus Ginoide
Ed. Nord 1998, pp. 228 € 6,50 (c/o Amazon.it), Trad. F.Zucchella
Nel 2006 è stato realizzato una graphic novel tratto dal romanzo con immagini originali di Leonardo M. Giron
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