Theodor Sturgeon
Più che umano
Giano
€ 16,00
trad. N. Gobetti
Theodor Sturgeon è un mito.
Un’affermazione esagerata?
Non credo, non credo proprio.
Un mito non solo per questo romanzo, meritoriamente ritradotto da Giano, ma per l’insieme della sua produzione, ahimé dispersa e perduta in vecchi «Urania» e «Galassia» e che meriterebbe di essere raccolta e ripubblicata perlomeno in un Meridiano Mondadori. E se questo More than human è sicuramente una delle sue opere più significative, personalmente sono convinta che sia nella misura del racconto a emergere il miglior Sturgeon, uno scrittore capace come pochi di ridefinire le coordinate a partire dalle quali il lettore comprende e giudica il reale.
Ma Theodor Sturgeon è uno scrittore di fantascienza?
Come tutti i grandi autori risulta difficile inserirlo in una categoria ben precisa. Teddy sfugge a ogni categorizzazione e, come un gas, tende a occupare ogni possibile spazio narrativo. È un narratore spesso distaccato, persino un po’ freddo. In altri momenti è amichevole, disinvolto, persino ammiccante. Sempre e comunque sorprendente. Per la capacità – questa sì più che umana – di «vedere» connessioni e intuire risvolti inaspettati anche nella situazione e nell’ambiente più ordinari.
Il fantastico – e il fantascientifico – emergono quasi inafferabili, avvertiti soltanto dai lettori più attenti. E mai nulla di troppo appariscente. Un’innovazione tecnologica formidabile in questo Più che umano, una forma di vita completamente aliena in Cristalli sognanti, ripubblicato da Adelphi nel 1997. Ma anche un processo di crescita nervosa accellerata in uno dei suoi testi più belli e intensi, Maturity, apparso una sola volta in Italia in un numero di «Galassia» del 1977.
Più che umano è già stato pubblicato in Italia dall’editrice Nord con il titolo Nascita del Superuomo [1974], nella traduzione di Riccardo Valla. E un’inquietante copertina di Karel Thole. A suo modo estremamente fedele – come sapeva esserlo l’artista olandese – al testo.
Principale difetto della prima edizione era il titolo. Fuorviante.
«Superuomo» è infatti un termine logorato da troppi significati desueti o decisamente connotati politicamente e che non ha nulla a che vedere con il senso profondo del testo di Sturgeon.
La vicenda raccontata è a suo modo semplice.
I personaggi di Più che umano sono individui colpiti o afflitti da caratteristiche fisiche o mentali straordinarie. Doti che ne fanno individui disadattati e fatalmente posti ai margini della società. Soggetti «strani» capaci di dislocarsi nello spazio, di immaginare circuiti e forze che per altri risultano invisibili, eterni neonati in grado di esprimersi soltanto a gesti e gorgoglii, semplici bruti apparentemente incapaci di pensare.
Disperse e separate le parti dell’uomo nuovo – l’Homo gestalt – sono incapaci e impotenti. Una volta riunite possono costituire una guida a un futuro migliore per l’intera umanità.
Collaborazione, reciproca attenzione, capacità di ascoltare, capire, interagire, collaborare, immaginare: queste le doti dell’Homo Gestalt, doti delle quali ciascuno di noi è (teoricamente) dotato. Peccato che quasi mai queste siano le doti più apprezzate nella nostra quotidiana vita lavorativa e sociale. Come in Cristalli sognanti sono i dropout a cogliere la realtà nella sua essenza più vera e profonda. Gli unici a capire non solo che il futuro è già qui o che gli alieni sono tra noi da sempre, ma che senza un modo diverso di «vedere» non sapremo riconoscere né l’uno né gli altri.
Uno degli elementi di maggior rilievo nella narrativa di Sturgeon è la capacità impressionante – quasi magica – di immergersi profondamente in emozioni, ricordi, sensazioni di menti menomate, distorte, povere e limitate o segnate da pulsioni maniacali, mettendo in evidenza quanto il concetto di normalità sia vago e sfuggente. L’esatto contrario, mi piace sottolinearlo, di tanta (cattiva) narrativa contemporanea dove la diversità è assunta come condizione definitiva e minacciosa, prerequisito di serial killer e cupi maniaci dediti allo sterminio efferato di noi poveri innocenti & normali.
Theodor Sturgeon, un po’ come Philip K. Dick, è stato scrittore di fantascienza non soltanto per ispirazione ma anche per necessità. Sostanzialmente perché le sue storie erano e sono troppo strane per essere accettate nel mondo della (cosiddetta) narrativa maggiore.
C’è da augurare all’ottimo editore Giano che ha iniziato con Più che umano la ristampa delle opere di Theodor Sturgeon, di incontrare almeno un po’ dello stesso successo incontrato da Fanucci con le sue benemerite ristampe delle opere di P.K.Dick.