“… Stiamo entrando nell’era delle griglie di sicurezza e degli spazi difendibili. E sono le telecamere di sorveglianza a organizzare le nostre vite. La gente chiude le porte e spegne il proprio sistema nervoso”.
Questa in breve la filosofia di Bobby Crawford, psicopatico come santo, ex-campione di tennis e animatore di un tipo davvero particolare di comunità turistiche. Non deve sembrare strano l’inserimento di James Ballard – autore storico della sf e romanziere poco convenzionale (cfr Crash!) – nello spazio dedicato al giallo: questo Cocaine Nights ha infatti, rigorosamente, la struttura tipica del genere: un delitto grottesco e feroce, un reo confesso, suo fratello che indaga certo della sua innocenza, numerosi possibili sospetti e l’ambigua dottoressa, Paula, che seduce l’investigatore dilettante. Canonica l’ambientazione: un villaggio turistico della Costa Mediterranea spagnola dove inglesi benestanti di mezza età trascinano la seconda metà della vita in una paralisi intellettuale che definiscono meritato riposo. E la struttura del giallo prevale, fino a un certo punto, caricandosi di tensione e di interrogativi senza risposta, fino quando i numerosi indizi non cominciano a comporre un quadro che muta completamente il senso del testo. Ballard, osservatore sornione dell’onnipresente ceto medio-alto e dei suoi sogni in vendita, nonché raffinato sociologo d’istinto, affida a Bobby Crawford l’invenzione delle Organizzazioni della Colpa, ovvero un modo innovativo ed estremo per rendere più eccitante la vita balneare. Ma attenzione, non si tratta dei consueti eccessi che potete trovare in qualsiasi rotocalco illustrato, ciò che l’ex -campione ditennis elabora (senza alcuna preparazione accademica, sia chiaro) è un modello di palingenesi culturale, un esperimento di etologia applicata condotto sulla specie umana di fine millennio.
Sempre più simile a Swift nel costruire situazioni cariche di crudeltà beffarda, Ballard non si allontana da temi a lui cari, da alcune visioni fisse familiari ai suoi lettori abituali. La vita di Costa del Sol, scandita dal suono del lanciapalle meccanico installato nei campi da tennis, le feste ai bordi delle piscine, il sesso, lo sport e le droghe come annoiati espedienti per dimenticare il tempo, costituiscono altrettanti elementi obbligati della sua estetica, fatta di simboli svuotati e degradati della ricchezza. Ballard racconta con la stessa desolata puntualità di club nautici deserti come di isole di cemento e di foreste di cristallo, con una capacità davvero unica di rappresentare un mondo degli oggetti (luoghi, case, abitudini) che ha soppiantato completamente qualsiasi interazione tra gli individui. E Bobby Crawford si rivela qui la logica continuazione del Vaughan di Crash!, altrettanto risoluto – e in definitiva sconfitto – a cercare un impossibile percorso tra oggetti e relazioni umane.
Temo di aver reso tutto troppo intellettuale e non vorrei, con questo, aver fatto un cattivo servizio al libro. Cocaine Nights non è affatto un romanzo carico di buone intenzioni, né l’ennesimo grido di dolore per la reificazione dei rapporti umani. Ballard è soprattutto un romanziere (uno dei più significativi di questa seconda metà del secolo, comunque) e tutto ciò che esprime passa necessariamente attraverso una meditata seduzione estetica. (Che poi sarebbe come dire che non si rischia certo la noia, a leggerlo.) Un romanzo quieto, apparentemente poco aggressivo, freddo come una roccia lunare.
J.G.Ballard, Cocaine Nights
ed. orig. 1996 – Feltrinelli, 2008, pp. 292 € 9,00, trad. A. Caronia
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