Non è tra i più noti e amati romanzi di Verne, I cinquecento milioni della Begum (1879), ma per chi reputa l’autore de L’isola misteriosa un buffo apologeta di un positivismo ingenuo e un po’ semplicione farà bene a non farsi sfuggire questo piccolo romanzo. È ingenuo, I cinquecento milioni della Begum, inevitabilmente animato dal candido sciovinismo di tanti romanzi di Verne, positivista, proprio come non potrebbe non essere. Ma vi compaiono molti piccoli indizi di un’inquietudine per nulla ingenua, avvisaglie di un timore per gli sviluppi incontrollabili della tecnologia che è raro incontrare nel libro di un autore reputato un ottimista a oltranza. Elementi che lo candidano a un posto nemmeno troppo defilato nel vasto filone degli incubi antiutopici scritti più tardi, per tutto il corso del XX secolo.
Protagonisti e antagonisti de I cinquecento milioni della Begum due scienziati, il dottor Sarrasin – medico, filantropo, utopista e nazionalista, anche se garbato e lungimirante – e Herr Schultze, fisiologo, utopista (anche se di tutt’altro genere) e, fatalmente, nazionalista rabbioso e intollerante.
Il dottor Sarrasin ed Herr Schultze si troveranno eredi della una fortuna di una sovrana indiana – i famosi cinquecento milioni – che divideranno civilmente in parti uguali. Ma ben diverso sarà l’impiego del denaro. Sarrasin infatti impiegherà la sua fortuna per edificare nei territori dell’Ovest degli Stati Uniti Franceville, città modello di un futuro democratico e altamente igienico, mentre Schultze fonderà a poche miglia dal sogno di Sarrasin Stahlstadt, cupa e oscura città dell’acciaio, realizzazione del delirio militarista prussiano.
Lo scontro tra le due opposte visioni del mondo, incarnate in forma materiale, sarà inevitabile. E altrettanto inevitabile la vittoria del bene sul male.
Come capita frequentemente, tuttavia, per il lettore si rivelerà comunque molto più affascinante e ricco di suggestione il racconto della vita e dell’organizzazione del lavoro a Stahlstadt che la descrizione dell’allegra e felice Franceville. Altrettanto inquietante, anche – o forse a maggior ragione – per il lettore del XXI secolo, la temibile arma finale di Herr Schultze, inventore ante litteram della guerra chimica totale. Davvero notevoli e potenti, anche per il lettore abituale di fantascienza avvezzo ad altri ritmi e a ben altre tecnologie, le sequenze finali del romanzo nelle quali si apprende finalmente la sorte del maligno Herr Professor. Ma non aggiungo una parola per non rovinare l’eccellente sorpresa preparata dal buon Jules.
Da segnalare, infine, i capitoli dedicati alla vita dei minatori tedeschi della seconda metà dell’Ottocento. Sorprendente il tono, asciutto e privo dell’abituale brio mondano, ed efficace la descrizione di una vita quotidiana interamente consacrata a un lavoro pericoloso e logorante
Jules Verne, I cinquecento milioni della Begum
Fanucci 2005, pp. 267, € 7,50
trad. Fiorella Buzzi
postfazione di Sandro Pergameno
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