Terra Rossa e Pioggia Scrosciante, di Vikram Chandra, romanzo-fiume di 741 pagine, tradotto da Anna Nadotti e da Fausto Galuzzi e pubblicato da Instar – e in seguito da Mondadori Oscar – è un’opera imponente, ambiziosa e polimorfa, un generoso mix di genuina ispirazione e di intensa etnicità, in qualche caso perseguita fino ai limiti dell’effetto iperreale, che mi ha regalato alcune ore di lettura soddisfatta ma anche qualche perplessità.
Ma non vorrei dare un’impressione sbagliata: Terra rossa e pioggia scrosciante è un libro decisamente godibile – nonostante alcune cadute di ritmo – uno scrigno di gioie narrative attentamente scelte e curate, un’epica di facile approccio e agevole consumo.
Evidentemente legato alle Mille e una notte, il romanzo di Chandra è una lunga collana di storie che Sanjay la scimmia (che grazie ad un incidente può ricordare le proprie precedenti vite) deve raccontare per continuare a vivere. A vincolarlo è una scommessa tra Hanumân, dio delle Scimmie, e Yama, Signore della Morte venuto a portarlo con sè, e che lo obbliga a raccontare per due ore al giorno una storia:
«… devi riuscire a tenere desto l’interesse di almeno metà del pubblico per due ore intere ogni giorno. Se, in qualunque momento, io dovessi giudicare che metà del tuo pubblico si annoia da più di cinque minuti, avrai perso la scommessa.»
Per il lettore – per qualsiasi lettore – una simile scommessa, stipulata a pagina 23, è molto più che un invito a nozze. E Sanjay (e con lui Chandra) non si risparmia certo: guerre, amori, passioni, rivolte, odî fratricidi, secoli di storia, di poesia, di letteratura: molti dei possibili registri e delle figure tipiche dell’epica, del bildungsroman, del feuilleton, del romanzo d’avventura vengono impiegati e concertati nel corso dell’opera dando al lettore la costante sensazione di un pieno d’orchestra, di un instancabile flusso di immagini e situazioni, di un intreccio impossibile da districare di vite, narrazioni, storie e ricordi. Alla voce di Sanjay si sostituisce talvolta quella di Abdhay, uno studente di ritorno in patria dopo una lunga permanenza negli States, che racconta, utilizzando un registro scarno e minore, della propria vita all’estero e dei propri incontri e avventure.
L’accostamento tra stili tanto diversi, che potrebbe apparire stridente, si rivela in realtà funzionale al miracoloso talento combinatorio di Chandra, alla capacità da Fregoli della pagina scritta di utilizzare gran parte dello spettro della narratività possibile. E il divertimento è, perlomeno da un certo punto di vista, garantito.
È comunque difficile liberarsi da una sottile e persistente sensazione di accanita letterarietà, di abile esercizio condotto con sicura perizia. L’Iper-India infatti rischia di saturare il lettore anche se sicuramente «… almeno metà del pubblico (non) si annoia».
Spettacolare, infine, la veste tipografica del libro nella prima edizione di Instar Libri, risultato di una cura perlomeno maniacale e che lo rende, cosa bizzarra di questi tempi, un bellissimo oggetto.
Vikram Chandra, Terra rossa e pioggia scrosciante
Mondadori Oscar, pp. 642, € 11,00
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