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    Magazzino

    G. Simenon – Il treno

    • di Silvia Treves
    • Luglio 19, 2008 a 6:33 pm

    Georges Simenon
    Il treno
    Adelphi
    € 16,00
    trad. M. Romano

    1939. Alla notizia dell’invasione nazista del Belgio, i francesi delle Ardenne fuggono a sud. Molti sono saliti sul treno a Fumais, un paese di circa cinquemila abitanti. Marcel Feron, un trentenne titolare di un negozio di apparecchi radio ha accompagnato la moglie incinta e la bimba piccola nelle carrozze di prima classe, dove viaggiano donne, bambini, anziani e malati, e si è sistemato come ha potuto nel vagone merci già stipato dove viaggiano gli altri adulti.
    Marcel è un uomo metodico e ordinato, conosce il valore del lavoro e sa di aver già raggiunto tutto ciò che ritiene veramente importante: una casa, un buon lavoro, una famiglia. Ma nelle lunghe ore condivise con i compagni di viaggio – vicini di casa, concittadini appena intravisti per strada, perfino sconosciuti come la giovane donna che pochi minuti prima della partenza del treno si è intrufolata fra loro silenziosamente – il vagone diventa una bolla sospesa nel tempo, nella quale le vecchie gerarchie e i ruoli di poche ore prima non valgono più, sostituiti da valori più semplici, come la solidarietà verso i compagni di viaggio, mentre i legami con la famiglia che sta lassù, in cima al treno, diventano più labili.
    Le carrozze di prima vengono staccate durante la notte, altre ne vengono agganciate, le famiglie ora vengono condotte altrove e Marcel, come tutti gli altri occupanti del vagone ignora la propria destinazione e la loro, non ha più responsabilità o controllo sulla propria vita. Le convenzioni sociali si sfaldano, comportamenti fino a ieri inimmaginabili diventano abituali: in treno si fotte, si fanno i propri bisogni, ci si veste e si lava in mezzo davanti a estranei che presto imparano a ignorarli per rispetto.
    Marcel Feron culla pensieri che prima non si è mai permesso di pensare, la fuga diventa un’insperata occasione di diventare un altro, di posare un fardello, di aprirsi alla giovane sconosciuta, di cercarne, l’intimità; e l’abbandono ad Anna diventa finalmente l’abbandono ai desideri, una nuova fiducia verso il proprio corpo…
    Grande prova narrativa, il romanzo procede per lievi scatti in avanti, un giro di vite dopo l’altro, fino a che lo scarto tra la vita reale e quella condivisa con i compagni di pochi giorni diventa un abisso.
    Poi, la guerra, da confuso futuro diventa realtà, le truppe tedesche girano per le città come un’interminabile sequela di alieni ormai troppo familiari perché Marcel si possa illudere che il limbo possa continuare.
    Ambiguo, umanissimo, sfuggente al lettore come a se stesso, Marcel è un grande personaggio, è ciò che resta quando il meglio di noi viene messo alla prova, quando la tentazione di ignorare il dolore, di girare la testa è lì, e noi siamo costretti a decidere. Anna, che si concede con una naturalezza perfino sospetta in tempi così difficili, è una donna che riserva sorprese, una ragazza indifesa nascosta dentro una donna navigata e che a sua volta cela risvolti impensati. Non c’è retorica nel loro amore sub condicione, tutto è come potrebbe essere se al posto di Marcel o di Anna, o della fragile moglie di Marcel ci fosse uno di noi.

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