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    Aria

    La colpa come condizione quotidiana

    • di Massimo Citi
    • Maggio 6, 2007 a 5:26 pm

    casa luce

    Il racconto che apre la raccolta, Diario di una gravidanza, ha vinto nel 1990 il premio Akutagawa, quando l’autrice aveva 28 anni.
    I premi in genere dicono ben poco sul valore di un testo. Non ne aggiungono e, perlomeno in Italia, rischiano addirittura di toglierne. Ma la giuria del Premio Akutagawa premiando Diario di una gravidanza ha dato la misura di quanto sia diversa la sensibilità giapponese nello scegliere di premiare un testo.
    Il racconto, infatti, non ha nulla della piacevolezza leziosa o della calcolata tetraggine dei molti dei testi premiati in Italia. Si tratta di un sorprendente incubo geometricamente perfetto, una bomba a orologeria che esplode sotto gli occhi del lettore lasciandogli in mente a mo’ di schegge una quantità di domande senza risposte. E, si badi bene, Ogawa non nasconde nulla dei suoi intenti, li lascia trasparire come lascia intuire lo sviluppo e l’epilogo della vicenda.
    Ogawa Yoko, per chi l’avesse dimenticata, è l’autrice di uno dei romanzi più inquietanti mi sia capitato di recensire per LN, Hotel Iris (cfr. LN 34), il piano e allucinante resoconto di una relazione basata su pratiche di dominanza e sottomissione, con un epilogo che veniva felicemente a sovvertire le ovvie aspettative del lettore, ribaltando i ruoli di schiava e padrone e proiettandoli al di fuori della sfera sessuale.
    Personaggi e vicenda in Hotel Iris apparivano immersi in una luce livida e impietosa, come i neon troppo forti di certi ascensori. Non un difetto o un’imperfezione sfuggivano agli occhi del lettore. Non diversi il clima e il nitore di questa raccolta.

    Diario di una gravidanza è un pericoloso, ma anche liberatorio, esercizio di immersione nel lato oscuro della maternità – maternità come invasione, spersonalizzazione e alienazione –, alla fin fine sorprendente soltanto per le anime belle e per chi si illude che le donne vivano l’esperienza della gravidanza senza conflitti. Il secondo racconto, Dormitorio è la storia di un riconoscimento mancato, di un ritorno al passato che non sarà soltanto deludente ma che nel finale accortamente ambiguo finirà con l’assumere i contorni di un incubo senza possibilità di risveglio.
    Spunto del racconto che dà titolo alla raccolta e che la conclude è un banale episodio di aggressività, un dispetto maligno nato da un impulso improvviso e inspiegabile.
    La frattura reale non avviene al momento del gesto ma più avanti, quando le conseguenze diverranno pesanti e la protagonista, un’adolescente alle prese con i primi turbamenti indotti da un ancora confuso desiderio sessuale, si perderà in un labirinto di dubbi, ripensamenti e timori senza tuttavia riuscire a provare alcun rimorso né, tantomeno, il desiderio di confessarsi ed espiare.
    Nata e cresciuta in un ambiente improntato a sentimenti di bontà e disinteressato amore – un orfanotrofio religioso condotto da suo padre, un monaco buddhista, e dalla madre – la giovane paga le conseguenze del loro amore distratto e poco personale, troppo impegnati dalla loro opera di carità da riuscire a trovare il tempo e i modi per occuparsi di lei.
    Un gesto che è stato il sintomo di una sofferenza troppo a lunga repressa finirà per diventare una condanna, la punizione per un dolore che non si è mai fatto protesta e affermazione di sé, per un’incapacità di comunicare che è premessa a ogni colpa.

    Il tema della colpa, della punizione, dell’impossibile perdono, della cecità empatica ed emotiva, del tormento per l’inadeguatezza e l’incapacità ad affrontare la realtà sono le costanti della narrativa di Ogawa, narrate con distacco e voluta freddezza, talvolta con una punta di lunare e gelido divertimento.
    Protagoniste giovani donne o adolescenti ancora immature, ripiegate su loro stesse e ancora incapaci di immedesimarsi e accettare le responsabilità della vita adulta. Donne lontanissime dalle ovvie e false rappresentazioni di una femminilità fatta di attenzione e sensibilità, profili finalmente veritieri di creature invischiate in un’ età o in una situazione di passaggio, per le quali, in ultima analisi, la colpa è una sensazione velenosamente quotidiana.

    Ogawa Yoko
    La casa della luce
    Il Saggiatore
    € 13,00
    trad. M. De Petra

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