M. J. Hyland
Il bambino che non sapeva mentire
Bompiani
€ 17,00
trad. M. Rotondo
L’undicenne irlandese John Egan vive a Gorey con i genitori nel cottage della nonna paterna. Ha qualche amico, la gatta Critone e una fissazione per il Guinnes dei primati, del quale possiede numerose annate e nel quale spera di comparire prima o poi. Non gli interessa stabilire un nuovo record ma dimostrare di possedere qualche talento e, da qualche tempo, ha l’incrollabile convinzione di averne uno davvero speciale: la capacità di individuare chi mente. Nel frattempo (legge tutto ciò che trova sul mentire) si esercita a pescare in flagrante menzogna famigliari e amici: li osserva con estrema attenzione, coglie segnali di disagio quasi impercettibili, registra le proprie sensazioni di malessere alle bugie altrui. E sta in guardia.
Nonostante il suo talento, John è una ragazzino come tanti, sospeso tra infanzia e pubertà, forse un po’ troppo cresciuto fisicamente per i suoi undici anni, rivale del padre, confidente e compagno di giochi della madre.
Anche i genitori di John sono persone particolari: ancora giovani, di una bellezza notevole che una vita non sempre serena ha soltanto lievemente appannato, sono legati dalla reciproca attrazione, da una sorta di complicità adulta e un po’ misteriosa che inevitabilmente esclude il bambino. Lei per vivere costruisce burattini, lui “studia” per iscriversi all’esclusivo Trinity College e non lavora da tre anni, campando del lavoro della moglie e dell’ospitalità riluttante della madre.
Una stupida lite con la nonna esasperata, e la vita di John e famiglia precipita nell’incubo di un quartiere ghetto dublinese, irto di casermoni mal rifiniti e privo di verde, nel quale si spengono le velleità di tutti e dove ognuno dà il proprio peggio… Nel corso del romanzo John scivola dall’ipersensibilità della preadolescenza a una distanza crescente e inquietante dal mondo e dalle persone che osserva mentre gli adulti, presi dai loro problemi, non avvertono la sua crisi crescente.
Al suo secondo romanzo M.J. Hyland dà una prova di sensibilità e di buona tensione stilistica, evocando con cura gli stati d’animo di John e dei genitori e descrivendo con umorismo la quotidianità del ragazzino, i suoi compagni e gli adulti son sempre all’altezza con cui ha a che fare. Il ragazzo che non sapeva mentire lascia però il lettore con un dubbio: la crisi di John è governata con mano di ferro dall’autrice o piegata alla volontà di mantenere alta la tensione? Scoppia quando lo chiede la narrazione o viene costruita per sorprendere e impressionare il lettore?