Paul Di Filippo
L’imperatore di Gondwana
Mondadori Urania
€ 3,90
Di nuovo lei!
Quella che recensisce i libri introvabili.
Pazienza.
Leggetemi per il puro piacere di farlo. Oppure andate a leggere qualcos’altro.
Una cocente delusione, questa volta.
Lessi e probabilmente recensii entusiasticamente una vecchia antologia di Paul Di Filippo pubblicata dalla Nord quando era ancora tale e non un marchio Longanesi.
Conteneva tre racconti, questo lo ricordo, e il terzo – memorabile – era il racconto dell’amore impossibile tra Walt Whitman ed Emily Dickinson.
Lo Steampunk permette questo e altro.
Sono stata felicissima, quindi, di incontrare finalmente una nuova antologia dello stesso autore: L’imperatore di Gondwana.
Sempre meno felice man mano che procedevo nella lettura. Verso la fine decisamente stufa e propensa a nascondere il libro sotto una catasta di altri e passare a qualcos’altro.
Piccolo inciso: questa è una classificazione in pectore. Il gradimento verso i libri che leggo si può grossolanamente desumere da alcuni elementi:
1. Libri che mi piacciono da molto a moltissimo.
Uso rigorosamente un bel segnalibro, li ripongo in cima alla pila dei libri in lettura e anche dopo averli terminati li tengo a lungo a portata di mano.
2. Libri che tollero o che sopporto.
Uso il segnalibro se non è scivolato sotto il mobile, li poso dove capita. Qualche volta li dimentico.
3. Libri che tollero poco ma che cerco di finire.
Faccio l’orecchia alla pagina, tendo a nasconderli e a farli scivolare in fondo alla pila da dove li ripesco per senso del dovere.
4. Libri che non sopporto o che detesto.
Mi provocano l’impulso ad aprire la finestra e farli volare in strada. Li leggiucchio nei ritagli di tempo commentandoli ad alta voce. Li chiudo e basta senza nemmeno l’oltraggio dell’orecchia.
L’imperatore di Gondwana rientra appieno nella categoria 3.
Sono 14 racconti tutti preceduti da una sapida e divertita presentazione dell’autore.
Una pessima abitudine che credevo fosse defunta insieme ad Isaac Asimov.
Racconti che rientrano in tre categorie (oggi è giornata di classificazioni, evidentemente):
1. Incomprensibili e gratuiti o gratuitamente incomprensibili.
2. Monchi ed ellittici.
3. Troppo americani per tema, ispirazione, approccio e spunto per essere interessanti per il lettore non americano.
A fare eccezione: solo parzialmente L’imperatore di Gondwana, un buon racconto rovinato dal finale affrettato e approssimativo, Ailoura, un racconto à la Jack Vance con un’agnizione finale degna di Victor Hugo e Anselmo Merino, riscrittura moderatamente divertente di Benito Cereno di Herman Melville.
Per il resto… Insopportabile il racconto scritto a quattro mani con Barry Malzberg, autore a suo tempo quantomeno sopravvalutato e che riletto ora fa venir voglia di possedere una luger. E usarla.
Da sbadiglio o da paranoia gli altri.
Insomma, se vi capita per le mani acquistatelo, fotocopiate Ailoura e rivendetelo.
Se vi capita per le mani Benito Cereno di Melville compratelo e leggetelo.
E se vi capita di incontrare Barry Malzberg… vabbé, siate magnanimi.