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    Aria

    Y. Kawabata – Racconti in un palmo di mano

    • di Massimo Citi
    • Ottobre 16, 2006 a 5:57 pm

    Kawabata Yasunari
    Racconti in un palmo di mano
    Marsilio
    € 19,50
    trad. O. Civardi

    I Racconti in un palmo di mano (Tenohira no shôsetsu) di Kawabata Yasunari, composizioni tanto brevi da poter stare «in un palmo di mano», hanno accompagnato l’intera vita artistica del premio Nobel giapponese. Sono un aspetto ulteriore, e non certo minore, della sua produzione letteraria, tanto più tenendo conto della difficoltà insita nella scrittura del racconto breve, nella necessità di essere nitidi, precisi, acuti, scegliendo con la massima attenzione frasi, parole, punti di vista, scansione degli eventi. Il racconto breve impone scelte nette, non tollera digressioni o descrizioni inessenziali ma soltanto accenni rivelatori, obbliga a raccontare soltanto ciò che è perfettamente inerente alla vicenda raccontata.

    Per breve che sia il tenohira non è inferiore al romanzo per ricchezza di contenuto, complessità formale, acutezza introspettiva. Anzi, più il campo si restringe, più l’angolo di penetrazione si fa acuto (dall’introduzione di Ornella Civardi)

    Articolato in quattro raccolte, Suggestioni e artifici (1926), La mia galleria (1930), L’album degli schizzi (1939) e Un’erba, un fiore (1948), Racconti in un palmo di mano raccoglie tutte le composizioni selezionate dall’autore. L’edizione italiana le colloca in successione cronologica, permettendo al lettore di cogliere l’evoluzione stilistica e tematica di Kawabata e consentendogli di riconoscere temi e ambienti che compariranno nei romanzi, come per la sorgente di Hakone del tenohira Uova, che fa da sfondo al romanzo Neve.

    Cosa deve attendersi il lettore da questi racconti? I maggiori temi della narrativa di Kawabata: un indefinito e indefinibile senso di malinconia; il contrasto tra la fugacità di emozioni e sentimenti e la persistenza della percezione; la relazione nascosta tra sottili emozioni e stati d’animo ed eventi estremi o quotidiani; la sensibilità esaltata per il punto di vista femminile sul mondo; la percezione della bellezza come purezza, dell’apparire come essenza. In più, in qualche occasione, un pungente umorismo, una sorprendente perfidia che in altri racconti si stempera in rassegnata e complice coscienza del ridicolo della condizione umana. Inconsueta, infine, la chiusura di molti di essi: sospesa, aperta, legata spesso a un singolo pensiero rivelatore, al mutare dello stato d’animo, al manifestarsi di un frammento di una nuova possibile visione e di un ulteriore significato. O all’apparire inatteso della bellezza.

    Davanti all’incanto della neve o della luna, quando apriamo gli occhi al tocco delle stagioni, quando insomma abbiamo la fortuna d’imbatterci nella bellezza, allora sentiamo più intenso il legame con chi ci è caro e avvertiamo il desiderio di condividere con lui il nostro piacere. Il trasporto suscitato dalla bellezza evoca un forte senso di solidarietà tra gli uomini, estende il termine compagno all’intera umanità.
    (Da Il Giappone, la bellezza e io di Kawabata Yasunari, discorso tenuto in occasione del conferimento del Premio Nobel per la letteratura 1968).

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