di Massimo Citi
Dazai Osamu, curiosa e sorprendente figura di aristocratico, perseguitato negli anni trenta per la sua militanza nei movimenti clandestini di estrema sinistra, raccontò in maniera nitida e drammatica lo sradicamento e il fallimento sociale degli eredi di una classe sociale, quella dei grandi proprietari terrieri, che più di altre subì le conseguenze della rapida modernizzazione del Giappone nella prima metà del Novecento e nel dopoguerra.
Ne Il sole si spegne, (nell’originale giapponese Shayô, ossia «Sole Calante», titolo dall’evidente intento polemico) ripubblicato da Se nella versione tradotta dall’americano da Luciano Bianciardi e recentemente ripresentato da Feltrinelli nella sua UE, tale fallimento si presenta in primo luogo come degradazione morale, malessere, incerta e confusa ribellione individuale.
La narrazione, in prima persona, è di Kazuko, figlia di una dama di origini aristocratiche, dopo la guerra costretta a sopravvivere in ristrettezze in una dimora modesta che divide con lei e Naoji, il figlio. La madre, creatura lunare dotata di un’eleganza innata ma anche di un’assoluta incapacità di affrontare i problemi quotidiani, dipende in tutto e per tutto dalla figlia. Il figlio maschio, Naoji, è disperso in guerra e mentre la madre spera nel suo ritorno Kazuko, la sorella lo teme. Naoji, infatti, prima di essere arruolato e spedito in qualche isola del Pacifico, conduceva un’esistenza disordinata: alcolista, tossicodipendente, violento, giocatore, con qualche ambizione letteraria e vaghe velleità di dissidenza politica, non solo non aiutava la madre e la sorella ma anzi, contribuiva alla crescenti difficoltà economiche della famiglia.
Osamu Dazai |
Con il suo ritorno la situazione precipita rapidamente: mentre la madre si ammala senza alcuna speranza di guarigione e Naoji riprende la vita che conduceva prima della guerra, Kazuko cerca di offrirsi come concubina a uno dei nuovi ricchi del Giappone postbellico. Ella indirizza all’uomo patetiche lettere insieme orgogliose e disperate alle quali non riceve risposta. La vicenda si consuma rapidamente fino all’epilogo, drammatico e amaro. Non esiste per i personaggi possibilità di riscatto né modo di spezzare la ragnatela di legami e gabbie sociali che impediscono loro di accettare il profondo cambiamento avvenuto nella società giapponese. Né l’inutile rabbia esistenziale di Naoji, che è innanzitutto volontà di autodistruzione, né l’attaccamento della madre alla forme della tradizione né, infine, il logorarsi di Kazuko e i suoi sogni di un rivoluzione morale che sia riscatto e rigenerazione, possono liberarli dalla loro condizione di shayôzoku, «gente del sole calante», termine che entrò nel lessico giapponese in seguito alla pubblicazione del romanzo.
Scabro, intenso senza alcun cedimento melodrammatico, Il sole si spegne insieme a Lo squalificato, dimostra con particolare efficacia l’abilità di Dazai nel descrivere con lucidità disperante le tensioni, le incertezze, le contraddizioni, le false speranze vissute dai suoi personaggi.
Dazai si tolse la vita nell’anno successivo alla pubblicazione de Il sole si spegne, quasi a affermare senza appello il legame tra la sua biografia e la sua arte.
Osamu Dazai
Il sole si spegne
Feltrinelli Universale Economica, 2009 / SE, 2001
pp. 144, € 7,50
Trad. Luciano Bianciardi