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    G. Klein – Libidissi

    • di Giulio Artusi
    • Dicembre 15, 2004 a 11:36 pm

    Georg Klein
    Libidissi
    (Marsilio)

    Georg Klein è uno scrittore tedesco cinquantenne, vincitore del premio Ingeborg Bachmann nel 2000 con il romanzo Barbar Rosa (inedito in Italia). Libidissi, è il primo a essere tradotto in italiano e in prima approssimazione lo si potrebbe definire un spy-story. Il protagonista, Spaik, ha per il lettore le caratteristiche tipiche della spia che ha tradito, voltando le spalle alla patria e al Nord del mondo per consegnarsi alla vita torbida e rallentata e alle confuse passioni religiose della metropoli mediorientale dove svolgeva un’ignota missione. I due che lo cercano sono, con apparente evidenza, «agenti» di una «centrale spionistica», conforme alla tradizione del genere. La caccia, gli omicidii «in corso d’opera» e l’incontro finale sono altrettanto tipici. Ma, contrariamente all’apparenza Libidissi non è una spy-story in senso classico e nemmeno ne rappresenta una versione innovativa.
    A voler cercare d’infilare a tutti costi il romanzo in qualche genere codificato si dovrebbe probabilmente parlare di fantasy o forse di fantapolitica onirica, sempre ammesso che una simile definizione dia qualche lume al lettore. Meglio quindi dimenticare la classificazione (che ai romanzi fa comunque male) e passare agli ingredienti.
    Libidissi è una città mediorientale abitata già nell’antichità, popolata d’immaginari gruppi etnici diversi (tra gli altri egichei, epidemei, cirenei), scossa di recente da una rivoluzione nazionale / religiosa guidata da un profeta (il Grande Gahis). Gli stranieri occidentali sono tollerati ma non esattamente benvoluti. La rivoluzione gahista ha a suo tempo scacciato il precedente regime sostenuto dagli Stati Uniti e lo status politico attuale di Libidissi è incerto, sospeso tra l’odio dichiarato e l’invidia malcelata per l’occidente.
    Libidissi unisce, anche da un punto di vista architettonico, elementi arcaici e frammenti e postumi di una modernità già decrepita. È il luogo di scontro e di fusione di molti Orienti: cinematografici e storici, letterari e rigorosamente realistici. Il suo effetto sul viaggiatore / spia è però letterariamente canonico: l’Oriente per Spaik significa sconfitta, smarrimento e perdita del sé. Un lungo soggiorno a Libidissi induce rassegnata pigrizia, indifferenza, incapacità acquisita di guidare i pensieri in una direzione coerente o verso un progetto. La facoltà di osservare, immaginare e convivere con l’assurdo sono invece esaltate. Spaik non ha più progetti né intenzioni, ma ha imparato a vivere a Libidissi; qualche volta, per quanto naufrago esistenziale ed esiliato, riesce a vederla con gli occhi dei suoi abitanti, a divenirne parte, a parteciparvi e non soltanto a resistervi.
    Il confronto finale tra Spaik e i suoi ex compagni ha le movenze rallentate e i rituali di un sogno, a rappresentare un conflitto interiore tra la fedeltà a un Occidente ormai privo di valori etici universali e la fascinazione di un Oriente idealista e vitale ma caotico e disperato.
    Presentato come romanzo (fatalmente) «kafkiano», Libidissi è in realtà un curioso e inatteso pastiche di thriller e commedia metafisica, scritto (ed efficacemente reso in italiano dal traduttore di Andreas Eschbach) con una precisione e una meticolosità comicamente paradossali per un romanzo «d’azione». Un esperimento o una chimera che raggiunge un grande potere di suggestione lasciando però al lettore in possesso di tutti gli strumenti critici utili a coglierne i riflessi amaramente umoristici o paradossali che rimandano a un altro grande «manipolatore» di generi: Friedrich Dürrenmatt.

    da LN-LibriNuovi 30

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