Negli anni ’70 un libro come Dune, complessa e raffinata ricostruzione storico/ politico/economica di una società umana altra, sancì l’attenzione dei lettori di SF per il romanzo di tema sociale. Il gusto della speculazione sociologica, della proiezione distorta o bizzarra di tendenze profonde della società contemporanee è alla base di romanzi come Triton di Samuel Delany, la Civiltà dei Solari di Norman Spinrad, Torre di Cristallo di Robert Silverberg, la Porta dell’Infinito di Frederick Pohl, i Reietti dell’Altro pianeta di Ursula K.Le Guin, opere nelle quali le suggestioni della Space Opera si arricchiscono di considerazioni e riferimenti antropologici e psicosociali.
Gli alieni del pianeta Geta [Courtship Rite], di Donald Kingsbury, a suo tempo ripubblicato dalla Nord nella collana economica e scritto nel 1982 è un frutto tardivo di questa ricchissimo filone della SF. Il problema è però un altro: in romanzi di questo genere la ricostruzione sociale deve avere caratteristiche unilaterali, tendenziose, deve suscitare suggestioni e interrogativi anche attraverso personaggi estremi, rivelatori. E non è questo il caso del prolisso romanzo di Kingsbury dove i personaggi sono descritti ma non abbastanza agiti, la società ha sì caratteristiche estreme ma povere di suggestioni inquietanti. In sostanza il romanzo è un grosso (grossissimo, eterno) plastico che ricorda molto quelle pedanti ricostruzioni di semidimenticate battaglie del 1700 fatte da appassionati modellisti.
Kingsbury ha posto al centro della sua speculazione il tema di un cannibalismo ritualizzato, reso essenziale dalla carenza di risorse alimentari per un umanità sperduta su un lontano pianeta. Ma il romanzo non riesce a rendere ragione in modo plausibile di questa necessità, esattamente come zoppica e si affanna quando deve riuscire a spiegare come mai una società dotata di una tecnologia pressoché medievale riesca a utilizzare l’ingegneria genetica. Sorge spontanea la domanda: «Ma se possono fare quasi qualunque cosa con DNA e ribosomi perché si ostinano a mangiare patè di fegato di bambino?»
Non molto meglio va per quanto riguarda la scansione della vicenda. I cattivi della situazione – i Mnankrei – vengono sconfitti di corsa e fuori scena e l’inevitabile mistero delle origini della comunità umana su Geta viene praticamente sciolto a metà del libro in maniera niente affatto originale.
Curioso, infine, come i personaggi riescano ad apparire, praticamente senza eccezioni, degli individui superficiali, in qualche caso stupidi, insensati o incoerenti e che non riescano a creare nessuna identificazione nel lettore.
Sinceramente, nonostante la nomina al premio Hugo (1983) un polpettone grosso come uno Zeppelin riservato ad appassionati del genere dotati di scarso senso critico.In caso contrario, astenersene.
Donald Kingsbury, Gli alieni del pianeta Geta
Nord, 1996, pp. 499, € 7,23, trad. A. Guarnieri
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