Silicon Valley: i Signori del silicio, di Evgeny Morozov, editore Codice, 2016 e un saggio dedicato alla sottovalutata sacralità della nostra identità e che, sinceramente, credo dovrebbe essere letto nelle scuole, a cominciare dalle inferiori di secondo grado.
Organizzato in sette capitoli, con titoli che vanno da: «Perché odiare la Silicon Valley» a «L’ascesa dei dati e la morte della politica» a «Disconnettersi e basta», riassume la tesi principale di Morozov:
Il punto non è che le promesse della Silicon Valley siano false o fuorvianti […] ma che quelle promesse possono essere comprese solo se inquadrate in un contesto più ampio: la scomparsa dello Stato sociale, la sua sostituzione con alternative più snelle, rapide e cibernetiche, e poi il ruolo che la libera circolazione dei dati è destinata a ricoprire in un regime commerciale di completa deregulation.
In sostanza, avverte Morozov, i servizi – le mitiche app – forniti da Facebook, Apple, Google, Uber, Twitter, Airbnb e le altre società hi-tech costituiscono una forma di eliminazione e di graduale sostituzione del welfare state, la cui conseguenza inevitabile sarà quella di renderci tutti indistintamente felici di essere finiti sotto un ponte al termine di una breve e ingloriosa carriera in qualsiasi azienda, vivendo senza alcun genere di tutela e destinati a divenire superflui ogni volta che la vostra società cambia proprietà o nel caso voglia acquisire un maggior valore in Borsa.
Se lo sfondo è uno Stato sociale al collasso, incapace di far fronte alle promesse fatte alle proprie stesse popolazioni, la Silicon Valley ci offre una nuova rete di protezione sociale: magari dovremo vendere la macchina e saremo sommersi dai debiti, ma avremo sempre accesso a Spotify e Google.
Secondo la tesi di Morozov, se Wall Street è la personificazione del neocapitalismo più rozzo e avido, la Silicon Valley è la sua versione più gentile e aggressivamente decisa a «creare mercati a partire da qualunque cosa».
La crisi finanziaria globale – e il conseguente salvataggio delle banche – ha fatto collassare ciò che rimaneva dello Stato sociale, dinamica che ha mutilato – talvolta fino a far scomparire – il settore pubblico.
La sharing economy, l’empowerment, le smart cities, la smartification della vita quotidiana, i cool tools e altre decine di termini importati dall’inglese commerciale sono, a parere di Morozov, altrettanti modi per mistificare il reale, presentando una versione moderna e accettabile di una sconfitta che sostituisce, soprattutto nella mente del consumatore, i servizi reali e tangibili con “servizi” virtuali. Buon esempio, pensando alla situazione italiana, potrebbe essere quello di barattare un posto all’asilo nido in cambio della disponibilità a prendersi cura a rotazione, da parte di altre madri o padri, del pargolo in oggetto, una soluzione capace di azzerare i costi in termini di tasse – rendendo disponibili ulteriori risorse per le imprese – e addossando ulteriori responsabilità a carico della comunità civile.
Ed è proprio la nostra capacità di autosfruttamento a favore del mondo dell’onnipresente impresa, anzi, della digital enterprise, l’elemento che più spesso ritorna nel libro di Morozov, insieme alla curiosa invocazione al ritorno della noia nell’accezione citata da Siegfried Kracauer nel 1924:
[La noia] era invece vera e propria politica, dal momento che consentiva di gettare uno sguardo su un universo temporale diverso, sviluppare spiegazioni alternative alle nostre difficoltà, perfino osare il sogno di futuri differenti.
Quasi fatale il riferimento, nel capitolo «Disconnettersi basta», al libro di David Eggers, Il Cerchio: «Quando si vive ancorati solo al presente […] è semplice scambiare una costante invasione del nuovo – a suon di aggiornamenti di stato, tweet, e-mail –per una rottura radicale rispetto a tutto ciò che è stato in precedenza».
La nostra personale “visibilità”, ovvero la nostra possibilità di assumere comportamenti “prevedibili” sulla base della neonata “Fisica Sociale” – ovvero lo studio delle nostre relazioni sociali e la possibilità di fornire incentivi ad hoc per riuscire ad affrontare problemi sociali finora trascurati –, finisce per determinare
[…] una profonda asimmetria epistemica. L’iper-visibilità del singolo – registrata da ogni sorta di dispositivo intelligente – va di pari passo con la crescente iper-invisibilità di tutti gli altri attori. I governi continuano a secretare sempre più documenti e appaltano lo proprie funzioni a società private non tenute a ubbidire alle leggi sulla libertà di informazione. Le aziende private fanno di tutto per insabbiare le reali conseguenze delle loro attività e diffondono deliberatamente ignoranza, finanziando ricerche pseudo-scientifiche di dubbia affidabilità. E Wall Street produce in serie strumenti così poco trasparenti da sfuggire a qualsiasi tentativo di comprensione.
La nostra stessa esistenza finisce così per divenire una merce che sempre più spesso finiamo per cedere gratuitamente ai Signori del Silicio. L’apparente gratuità di un servizio, di un bene, di un’app comportano la possibilità per l’elargitore del servizio di controllare le nostre scelte e i nostri interessi. Questo è il vero spettro che si aggira per il mondo nei nostri tempi e non sarà facile liberarsene. In chiusura e a titolo di esempio ritorno a un tema a me vicino: il commercio di libri e di e-book:
[…] per quanto riguarda i dispositivi dotati di schermi o altoparlanti, a coprirne il costo saranno messaggi promozionali basati sull’uso che ne fate. È questo […] il percorso che Amazon sta seguendo con i vari modelli di Kindle: se ne volete uno più economico, dovete semplicemente accettare di veder comparire annunci pubblicitari mentre leggete. Il patto faustiano definitivo sarebbe offrirci un e-reader gratuito, con accesso gratuito e istantaneo a tutti i libri del mondo, a un’unica condizione: consentire all’azienda di analizzare tutto ciò che leggiamo, e fornirci pubblicità in base a quello.
Non posso, a questo punto, che riprendere la recensione a Il Cerchio a suo tempo pubblicata nel sito di LN-LibriNuovi ed estrarne tre brevi frasi che ben rappresentano la situazione contemporanea, dove «la logica del mercato ha rimpiazzato la moralità»:
I SEGRETI SONO BUGIE / CONDIVIDERE È AVER CURA / LA PRIVACY È UN FURTO.
Credo che meriti rifletterci su.
Voi sareste pronti a condividere tutto? A non avere segreti? A eliminare ogni elemento di privacy dalla vostra vita? Se la vostra risposta sono tre «Sì», siete già entrati nel mondo post-informativo. Auguri.
Evgeny Morozov, Silicon Valley: i signori del silicio, Codice 2016, pp. 151, € 15,00, trad. Fabio Chiusi
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