È facile definire Folli [Fools, 1992] di Pat Cadigan, traduzione di Giuliana Giobbi, pubblicato da ShaKe edizioni underground, un romanzo leggermente skizzato, dove per skizzato si intende esattamente ciò che suggerisce il suo etimo: schizofrenico. Facile ma troppo approssimativo.
In una metropoli futura, fatta di periferie infrequentabili – i quartieri bassi – e di quartieri di prestigio, il commercio dei ricordi e delle personalità è un fatto comune; non solo, accanto a un mercato “legale” ne sussiste uno clandestino, illegale ma estremamente lucroso. Se avrete la pazienza di andarvi a rileggere la recensione di Mindplayers, o se (miracolo!) avete letto il romanzo, vi renderete ben presto conto di trovarvi in un universo collegato a quello, dove la malavita “succhia” le menti di individui dotati di qualche talento artistico, ma non ancora consacrati al successo (gente Famosa), per rivenderle a pezzi e frammenti a una clientela scarsa di personalità e fantasia ma ben dotata economicamente. Esiste una polizia mentale, il cui scopo è quello di vigilare contro il commercio illegale di ricordi di provenienza illecita, ed esistono mnemotossici che non riescono a sopravvivere con il proprio ego e hanno disperatamente bisogno di farsi con ricordi altrui, indossare un altra personalità, sia pure fittizia. In questa realtà gli attori non imparano più copioni a memoria ma letteralmente assumono in sé la personalità sintetica di un personaggio, lo vivono completamente.
Fin qui siamo a una descrizione piana, comprensibile. Un quadro generale nel quale tutto rigorosamente compare in terza persona (loro, quelli là, i personaggi fanno / si fanno…). Ma Cadigan è un’autrice con dei problemi. Diciamo che la sua fissazione è quella dell’unicità della personalità, della mente come sistema che può essere olistico (ovvero nel quale la somma delle singole parti non costituisce l’intero sistema) o no. Nei suoi romanzi il tema si gioca interamente tra queste due concezioni della mente. Pensateci bene… ci avete pensato? Ecco, la diabolica bravura, l’èlan vitale di Cadigan sta in gran parte nell’aver centrato un’antinomia che segna per intero un momento irripetibile della realtà che ci circonda. Perché se la mente è un insieme di funzioni, unificate da una personalità che è interamente determinata da queste ultime, il commercio di talune di queste funzioni (o dell’intera personalità) è legittimato dall’essere la funzione mentale una parte separata di un sistema, esattamente come un pistone o un chip. Se, viceversa, la mente è individuata dalle sue funzioni ma non si esaurisce in esse, allora il gioco di “vendere” parti della personalità diventa pericoloso. Pericoloso anche in senso gnoseologico, infatti che cos’è a determinare l’unicità di un Io: l’Anima? Cadigan non prende definitivamente posizione ma lavora proprio sull’ambiguità determinata da questa opposizione.
Sicché è molto difficile, nei suoi romanzi, comprendere se l’io narrante (tutti i testi di Cadigan sono in prima persona) è un Io integrale o una pura funzione / finzione, sia pure complessa, come potrebbe esserlo un personaggio di una commedia assunto integralmente in sé, o, ancora, se è una pseudo-personalità acquisita per celare la propria.
Presentato così non fa gola, me ne rendo conto, ma se fossi più bravo a spiegare li scriverei io, libri così. Le avventure delle tre personalità (indicate con caratteri tipografici diversi) che nel libro inseguono la visione di un delitto forse mai consumato, guidate da ricordi obliterati, distorti, apocrifi o celati, pongono una quantità inesauribile di interrogativi al lettore, che a tratti ha la sensazione di capire per poi ammettere, poche righe o poche pagine dopo, che in realtà non ha capito (quasi) nulla. Ma la necessità di giungere a uno scioglimento lo spinge a continuare a leggere, a calarsi nel mondo claustrofobico, inospitale ed estremo che Cadigan racconta, senza mollare l’esile e ingannevole presa sulla realtà che appare e scompare tra le pagine.
La realtà, già. Cadigan la demolisce confondendo l’Io che percepisce invece del mondo percepito. E, nel contempo, costruisce un discorso sulla mercificazione delle caratteristiche umane che non ha praticamente uguali nella SF contemporanea.
Non si esce pacificati da un romanzo della Cadigan. Straniti – magari – confusi, perplessi o irritati. Eppure nelle sue pagine si ha la sensazione di un discorso pressante sul reale, che certo non troverete nei libri irrimediabilmente convenzionali di autori mainstream ricchi di fama e successo. Non fatemi dire dei nomi, per carità.
Pat Cadigan, Folli, ShaKe Edizioni Underground Cyberpunkline, 2000, pp. 224, € 12,91, trad. G. Giobbi
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