Survivor di Chuck Palahniuk è un testo in debito con un genere apprezzato oltreoceano e in molti paesi europei, ma poco frequentato in Italia: il racconto filosofico. Costruito “a rovescio”, comincia dalla fine (alla lettera: le pagine sono numerate da 289 a 1), ovvero dalle ultime ore di vita di Tender Bransom, di professione domestico, dirottatore involontario di un volo transoceanico. Rimasto solo a bordo dopo aver fatto sbarcare passeggeri ed equipaggio e concesso al pilota di lanciarsi col paracadute, in attesa di schiantarsi nel deserto, Bransom registra la sua storia.
Tender è l’ultimo dei credish, una setta integralista che viveva isolata in una valle, coltivando i campi ed educando ogni figlio tranne il primogenito (chiamato invariabilmente Adam) a lavorare come domestico nel mondo esterno e ad attendere la Consegna, ovvero il momento di ricongiungersi a Dio con un suicidio di massa. L’ora della Consegna è arrivata una decina di anni prima, ma molti credish (i maschi si chiamano tutti Tender, le femmine tutte Biddy), rispettando il divieto di usare strumenti mediatici, l’hanno saputo con mesi, addirittura anni di ritardo, oppure, come il nostro Tender, si sono detti che ormai Dio poteva pazientare un altro po’. I sopravvissuti sono seguiti da assistenti sociali e operatori psicologici che assistono sempre più frustrati ad ondate periodiche di suicidi, fino a supporre che qualche dipartita sia favorita da uno o più credish impazienti, irritati dallo scarso zelo dei compagni.
La vicenda si srotola e si riavvolge su se stessa, tra i ricordi di Tender, i colloqui paradossali con la sua assistente sociale, i trucchi escogitati per soddisfare i datori di lavoro, parvenus esigenti che dei veri ricchi hanno i mezzi ma non l’aplomb e l’eleganza. Benché abbia finto ogni sorta di sintomi di malattie mentali, dalla paranoia alla schizofrenia, Tender ha due vizietti: ruba alla grande nei supermercati e aiuta – anche lui – i suoi simili, offrendosi come un telefono amico privato. Subissato di telefonate di veri o presunti disperati, Tender risponde a caso a domande impegnative come: «Vale la pena che io viva?», appagato dal colpo di pistola che spesso segue il suo «no» pacato e senza appello.
La vita di Tender cambia improvvisamente quando in un rapido susseguirsi di eventi conosce Fertility, una ragazza con l’ambiguo dono della preveggenza, e resta veramente l’Ultimo. Proiettato nel mondo dei media come il Sopravvissuto, Tender diviene l’idolo delle folle, dispensatore di granelli di fede e di sapienza sempre più assurdi, autore di preghiere memorabili per trovare un parcheggio, per non pagare un parcheggio, per farsi ricrescere i capelli perduti, per far prendere un colpo al nemico; panacee, insomma, per quelli che la gente ritiene i veri problemi dell’esistenza…
Parente dei romanzi di Vonnegut, divertente e paradossale, il libro non cade nell’ovvio rischio di questo genere di narrativa, che utilizza lo sguardo stranito di un “alieno”, di un buon selvaggio, per evidenziare tutte le magagne della società occidentale e per dare al lettore il verbo dell’autore, una pecca fastidiosa che nemmeno Vonnegut, tanto amato da critici e lettori, riesce sempre ad evitare. Purtroppo, ed è questo il limite del romanzo, Palahniuk si salva dal ruolo di “grillo parlante” facendo piombare il suo protagonista nel romanzo psicologico: dai due terzi in poi, il libro diventa serio, nonostante la descrizione divertente e paradossale di Tender imprigionato nella sua parte di eroe mediatico, bello, anabolizzato, ritinto, rifatto da capo a piedi, tenuto insieme da pastiglie, iniezioni, ormoni, vitamine, psicofarmaci e droghe di ogni genere. E il lettore, che prima leggeva la vicenda come una lunga, intelligente metafora, si ritrova ad affrontare i problemi di un vero personaggio, senza esservi stato preparato e senza avere in mano tutti gli elementi necessari.
Survivor è un libro ben scritto, promettente, meritevole di attenzione, ma che, nonostante l’abilità dell’autore – e forse a causa della sua generosità – non ha saputo decidere quale direzione prendere.
Chuck Palahniuk, Survivor
Mondadori Oscar 2003, pp. 308, € 10,00, trad. Michele Monina, Giovanna Capogrossi
idem, ed. in e-book 2013, € 6,99
Per dare una (pallida) di come funziona lo stile di Palahniuk, riprendiamo qui il trailer all’edizione italiana di Soffocare di Clark Gregg, tratto dall’onomino romanzo:
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