Alessandro Defilippi
Cuori bui, usanze ignote
Antigone
€ 11,00
Recensire un’antologia, sia pure di un unico autore, obbliga sovente a prendere una decisione non facile tra due diverse linee di condotta:
– cercare (se esiste) un filo nascosto che leghi tra loro i racconti.
– recensirli uno a uno, come altrettante piccole opere.
Nel primo caso si può chiacchierare in relativa libertà senza dover rendere conto ai lettori della maggiore o minore conoscenza dei testi letti. La seconda linea di condotta garantisce sicuramente meglio i lettori sull’onorabilità del recensore ma rischia un effetto-elenco alla lunga micidiale. Un po’ come cucire insieme una lunga fila di coriandoli.
Dal momento, poi, che i racconti di Defilippi vivono di un equilibrio delicatissimo e che provare a riassumerli risulterebbe inutile o, peggio, criminale, ho deciso di optare per la prima soluzione. Se poi qualcuno penserà che lo faccio per innata disonestà intellettuale ha solo da mandarmi i suoi padrini.
Superata la prima difficoltà ne appare all’orizzonte una seconda: i racconti pubblicati in questa antologia sono già apparsi nelle pagine di Fata Morgana e Alia. Come non pensare che questa recensione nasca da un’amichevole frequentazione e che sia, di conseguenza, predeterminata?
Possibile, certo. Ma io non conosco personalmente Alessandro Defilippi e non ho mai collaborato alla curatela né di Alia né di Fata Morgana. Ho letto i suoi racconti in piena libertà e mi sono a suo tempo più o meno piaciuti per le loro qualità o difetti. In ogni caso se questi racconti avessero creato in me eccessive perplessità avrei semplicemente declinato l’incarico di recensirli.
L’ulteriore e ultimo problema riguarda esclusivamente me.
Sono una lettrice di narrativa italiana ormai mooooolto sporadica e ho un certo timore nell’accostarmi per una recensione a un autore mio compatriota. D’altro canto Alessandro Defilippi è pur sempre in primo luogo autore di fantastico, sia pure di un fantastico sottile, sornione e davvero inconsueto. Insomma, una promessa – anche se esile e fatta soltanto ai coordinatori di LN – è sempre una promessa, quindi…
Se cominciate a leggere Cuori bui, usanze ignote nell’attesa di eventi soprannaturali estremi e violenti, se vi aspettate trippe, organi, animelle e sangue come se piovesse, beh, o cambiate il libro o le vostre aspettative. Si tratta infatti di sette racconti assorti, malinconici, enigmatici, di un’intensità lieve – un ossimoro soltanto apparente – che non consente di distogliere lo sguardo. Quel genere di storie che si impongono per l’atmosfera, per il nitore dei gesti e la suggestione creata dagli ambienti. Non c’è un solo particolare o un solo momento della narrazione che siano lasciati al caso, che non abbiano rilievo nel creare la sommessa e onnipresente tensione che sostiene il tessuto dei racconti.
Le ambientazioni, i tempi? I più vari: il Medioevo delle Crociate, l’indefinito passato della mitologia classica, l’Italia dell’ultima guerra, la periferia urbana contemporanea, la provincia. Al centro di ognuna delle vicende un interrogativo, un dilemma che, nel procedere della storia, si carica di ulteriori e più complessi significati. Come nelle migliori novelle gotiche, dove la «soluzione», ovvero l’identificazione del fantasma, reca con sé la coscienza di un grado ulteriore e insondabile di dolore.
I personaggi di Defilippi non sono audaci esploratori né vittime predestinate. Conducono vite sfiorate dall’ombra, loro malgrado consci che qualsiasi evento è soltanto un segno mal comprensibile di un livello più profondo di realtà che può manifestarsi unicamente in forma vaga e ambigua. È l’ambiguità è il filo che unisce i racconti, la loro sostanza più vera alla quale le movenze pacate di fatti e personaggi e uno stile per il quale ogni gesto – anche il più piccolo e trascurabile – appare l’unico possibile e il definitivo, conducono gradualmente il lettore. Al termine di questi sette brevi viaggi c’è soltanto la resa, l’ammissione che il mondo è indicibilmente più complesso e inafferrabile di quanto i nostri sensi e le nostre facoltà possano ammettere. Non è un abbandono all’irrazionale ma il racconto della fatica di comprendere, la cronaca di un’ansia nata dall’impossibilità di separare, disgiungere e definire. La sorte dei personaggi di Defilippi è la nostra sorte: più pietosa di quanto l’avremmo ritenuta possibile ma anche necessariamente incompleta ed equivoca.
Il fantastico di Defilippi si presenta così come viaggio nella possibilità, nel mondo che persiste anche quando le nostre scelte l’hanno in apparenza negato, strada senza mappe e senza ritorno, somma di tutti i silenzi tra le parole, ciò che persiste alla periferia dello sguardo.