Non è che un libro come La storia fatta con i se, a cura di Robert Crowley, Rizzoli 2001, nasca dal lavoro di un gruppo di storici militari inglesi e americani. Non si tratta, ovviamente di un testo narrativo, ma è ugualmente interessante per il lettore di sf e zone limitrofe perché ha l’ambizione di definire i cosiddetti «snodi», ovvero le occasioni, i momenti nei quali la storia potrebbe aver preso tutt’altra piega consegnandoci a un mondo radicalmente diverso da quello che conosciamo. In quanti modi potrebbe essere diverso il nostro mondo e la nostra storia? Curiosamente può essere anche un lasso di pochi secondi a modificare i secoli, come dimostra la vicenda di Alessandro Magno, salvato per un soffio da un suo ufficiale durante la battaglia di Granico. Se il suo avversario fosse riuscito a colpire Alessandro per la seconda volta, prima dell’intervento di Cleito, il mondo ellenizzato, colto, raffinato, cosmopolita non sarebbe mai nato, con tutte le conseguenze che potete immaginare sulla storia di Roma e sullo sviluppo del Cristianesimo. Soltanto un esempio tra le dozzine offerte dal testo, dall’insonnia di Gige che avrebbe aperto la strada all’invasione della Grecia da parte dei Cimmeri, alla scontro mancato di Adrianopoli che avrebbe potuto salvare per qualche secolo ancora l’Impero Romano, alla caduta di Vienna attaccata da Solimano nel 1529 se solo l’estate fosse stato meno piovosa, al fallimento della rivoluzione americana nel 1776 graziata da una fitta nebbia, alla mancata partecipazione alla Prima Guerra mondiale da parte dell’Impero Britannico, fino al fallimento del d-Day. Per l’amante dell’ucronia gli «snodi» presenti nel libro sono effettivamente tanti, abbastanza da tratteggiare almeno un centinaio di terre alternative. Migliori? Peggiori? Impossibile o arduo affermarlo. Anche perché, come nel caso della possibile morte di Cortés, non è affatto facile costruire ipotesi che coinvolgano popoli e civiltà delle quali troppo poco si sa. Tutto ciò non significa, ovviamente, rinnegare il ruolo fondamentale dell’economia e dei mezzi di produzione nello sviluppo della storia umana, ma permette di capire che spesso la gloria e il successo derivano da piccoli eventi inattesi o imprevisti e che la retorica, militare o civile, è scritta a posteriori, dai vincitori. Un insegnamento di enorme valore, soprattutto di questi tempi.
Principale limite dell’opera è quello di perdere smalto, ritmo e interesse passando dall’antichità al Medioevo all’età moderna fino a quella contemporanea. Curiosamente si direbbe che la ricchezza di fonti e l’abbondante pubblicistica abbia funzionato da freno piuttosto che da stimolo per gli autori che hanno affrontato l’età napoleonica o il Novecento. Per non parlare dei lunghissimi – qualche volta pedanti – interventi sulla rivoluzione americana o sulla guerra di secessione. Pagine nelle quali si ha la netta sensazione che il conformismo accademico e un curioso provincialismo angloamericano abbiano imposto un loro pesante prezzo. Difetti non poi così piccoli. Ma la suggestione delle pagine sulla foresta di Teutoburgo o sull’assedio assiro di Gerusalemme, l’emozionante capogiro nel leggere di tanti possibili (e verosimili) passati e futuri, la dose di inventio comunque richiesta agli autori fanno perdonare anche i momenti più stanchi o prolissi del testo.
Robert Cowley [cur.], La storia fatta con i se
Rizzoli BUR, 2003, pp. 418, € 12,00
idem e-book, € 4,99
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