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    Aria

    Il giardino dei cosacchi di Jan Brokken

    • di Consolata Lanza
    • Dicembre 1, 2017 a 12:45 pm

    Alla base del bel romanzo di Jan Brokken che racconta in prima persona l’amicizia tra Alexander von Wrangel e Fëdor Dostoevskij, ci sono le lettere che i due si sono scambiati, in parte conservate e utilizzate dall’autore per ricostruire l’amicizia che li legò negli anni trascorsi in Siberia e oltre. Giovanissimo magistrato von Wrangel che si trova a Semipalatinsk per scelta, poco più che trentenne Dostoevskij, prima ai lavori forzati poi confinato per motivi politici e già abbastanza noto come scrittore, il loro incontro diventa presto un’amicizia, protettiva da parte del più giovane nei confronti dell’amico più sfortunato.

    Il giardino dei cosacchi da cui prende il titolo il romanzo è una dacia poco fuori dalla città dove gli amici trovano rifugio durante le bollenti estati siberiane, coltivando il giardino e l’orto, ricevendo donne e ragazze, fumando pipe tranquille e parlando di sé, della vita e del mondo, proprio come ci si può immaginare due personaggi della letteratura russa, sempre impegnati in eterne discussioni sui massimi sistemi.

    Ma siccome sono maschi giovani parlano molto anche d’amore e delle donne che amano. Ecco, le donne in questo libro meritano un discorso a parte. Possiamo dire che non ne escono benissimo. Si dividono grosso modo in due categorie: le prostitute e le adultere. Ora io non penso che l’appartenenza a nessuna delle due categorie abbia qualcosa di disdicevole, anzi, è indice di intraprendenza, coscienza del proprio valore e curiosità, ma qui, essendo il punto di vista esclusivamente maschile, il risultato è un po’ riduttivo. Alla prima categoria appartengono le ragazze siberiane, tutte pronte a vendersi per qualche copeco e in genere (con eccezioni come la povera e bellissima Marina O) piuttosto allegre e sfrenate; mentre della seconda fanno parte le donne amate dai protagonisti. Entrambe di ottima famiglia, sposate e madri (Madame X, l’oggetto della passione di von Wrangel, ha sei figli), maggiori di età, si giostrano disinvolte tra amanti (numerosi), mariti e obblighi familiari e mondani, mentre i due amici spasimano, soffrono e le inseguono nelle steppe della Siberia e poi a Pietroburgo, dove alla fine arrivano tutti. E intanto si scambiano buoni consigli, cercando di scoraggiarsi a vicenda perché ognuno dei due è convinto che la donna dell’amico non sia adatta né degna di lui.

    Jan Brokken

    Poi ci sono i matrimoni, ma non voglio raccontare troppo qui. Man mano che la vita li allontana sono le lettere a tenerli uniti, e sporadici incontri. Intanto vediamo anche la genesi di alcune opere di Dostoevskij, e il suo rapporto con la scrittura. Vale assolutamente la pena di leggere il romanzo, che comincia un po’ sottotono (l’autore deve darci una certa mole di informazioni per poter muovere i suoi personaggi) ma poi decolla e acchiappa e ci trascina sulle strade della steppa, nei saloti rococò della capitale, nelle dacie solitarie e nelle vie polverose delle cittadine siberiane.

    Un accurato apparato di note e un paio di mappe aiutano il lettore chiarendo molti nodi, mentre la bella traduzione è di Claudia Cozzi e Claudia Di Palermo.

    .

    Jan Brokken, Il giardino dei cosacchi, Iperborea 2016, pp. 416, € 18,50, trad. C. Cozzi, C. Di Palermo

    .

    gentilmente dal blog di Consolata Lanza, Anaconda Anoressica.

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