Dio è un commediante che recita
per un pubblico che ha paura di ridere.
Voltaire
I giornali riportano proprio in questi giorni una notizia che fa sorridere fino allo sghignazzo l’autore di queste righe.
In una collisione di X-Men (o forse dovremmo dire Heroes, per essere al passo coi tempi), Matrix e Fratelli Marx, nuovi elementi emergono sui fatti relativi all’attentato a Papa Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. Ali Agca non aveva una speranza all’inferno di riuscire nel proprio colpo. Non solo, infatti, il papa col nome di due Beatles era stato preavvertito dal Padreterno attraverso il terzo segreto di Fatima.
Non solo il papa polacco, per sua stessa ammissione, venne salvato per intervento diretto della Madonna di Fatima che con «mano materna guidò il proiettile». Ora sappiamo anche che in quell’occasione, nientemeno che Padre Pio, una specie di Professor X, informò di ciò che stava accadere una monaca a lui devota e costei, che aveva imparato dal monaco di Pietralcina l’arte della bilocazione, non ebbe che da teletrasportarsi brevemente su Piazza San Pietro per deviare la pallottola. Facile.
E se questo, da una parte, ci lascia col dubbio che magari il povero Giovanni Paolo, nell’eccitazione e nel caos dell’attentato, abbia scambiato una comune suorina per la Madonna di Fatima, dall’altra dà una risposta al quesito che Richard Dawkins, inglese senza Dio, solleva a pagina 42 del suo ultimo volume: se proprio voleva salvarlo, perché la Madonna non ha deviato la pallottola del tutto, anziché obbligarlo a sciropparsi anche sei ore di intervento chirurgico per estrarla?
Il mio sghignazzo, e gli sberleffi irriverenti di cui sopra, e molti altri scritti nel corso degli anni («Beati coloro che indossano un giubbetto antiproiettile…») saranno probabilmente condivisi da alcuni miei lettori. Altri si diranno che, come tutti gli atei e gli agnostici, mi limito a farmi beffe di ciò che non capisco, e con un sospiro si consoleranno sapendo che Dio comunque mi ha già perdonato.
Altri ancora, una minima percentuale (spero) invocheranno la furia divina su di me, affinché un bel fulmine mi solletichi gli stinchi.
Esistono poi paesi in cui alcuni miei lettori picchetterebbero la mia casa con cartelli, brucerebbero i miei scritti e un pupazzo con la mia effigie, chiederebbero che mi sia impedito di insegnare, sputerebbero addosso ai miei familiari e un paio – solo un paio, i più sciroccati – si apposterebbero con una carabina e cercherebbero di farmi secco (pensando «Tié, senzadio della malora, beccati questo! Ti piacerebbe adesso avere accanto la Madonna di Fatima, eh?») In altre località si limiterebbero a lapidarmi, ma lo farebbero anche solo se avessi fischiettato in pubblico, quindi…
Il libro di Richard Dawkins provocatoriamente intitolato L’Illusione di Dio è stato scritto all’interno di una realtà in cui i libri di questo genere vengono sempre più spesso bruciati, e causano all’autore insulti, sputi e l’occasionale fucilata. Non esattamente la realtà italiana – e sarà bene ricordarlo, perché gran parte dei recensori sembrano finora non aver capito questo punto essenziale; il libro è stato giudicato esagerato e un po’ isterico, ma solo perché la nostra cultura non è ancora quella alla quale Dawkins sta rispondendo.
Il libro di Dawkins è infatti una risposta a un atteggiamento religioso sempre più diffuso negli Stati Uniti e che lentamente si sta espandendo verso l’Europa, e che Dawkins ritiene si sia ormai fatto insopportabile. Da scelta personale, il credere sta diventando sempre più spesso una limitazione alla libertà altrui. Non si può insegnare la teoria dell’evoluzione nelle scuole. Non si può fare ricerca sulle cellule staminali. La famiglia tradizionale è l’unica opzione. La contraccezione è male. L’aborto è peggio. Dell’epidurale dobbiamo discuterne, ma nessuno ha mai detto che partorire dovesse essere una passeggiata, giusto?
E poi, le donne ce l’hanno, un’anima?
Chi si trova limitato in questo e in mille altri modi – e qui arriviamo davvero al paradosso – dovrebbe avere il buon gusto di non lamentarsi, perché siamo stati educati a rispettare le opinioni e le convinzioni degli altri, anche quando divergono radicalmente dalle nostre. Buon vecchio Voltaire, ricordate «Non condivido la tua opinione ma sono pronto a dare la vita perché tu possa esprimerla.» Che idiozia! Ha forse senso rispettare un’opinione sbagliata? Specie se ci viene richiesto di adeguarci ad essa? Ovviamente no. Da qui il discorso di Dawkins: se Dio non esiste, è lecito, è logico che io debba rispettare le opinioni di chi nonostante tutto ci crede? Specie quando vuole impormi delle palesi sciocchezze come l’arrivo degli X-men di Dio su Piazza San Pietro per salvare il Papa? Non sarebbe meglio rispettare le persone, e dir loro che ciò in cui credono è una baggianata? Ecco, sarebbe un inizio, non credete?
Dawkins, con il suo solito stile brillante, appena un po’ più tagliente del solito, analizza la religione da un punto di vista culturale, enfatizzandone i lati negativi. Questo ha fatto imbizzarrire alcuni: non è bello negare tutto ciò che di positivo ha portato la fede alla nostra specie. È vero, ci sono stati episodi inammissibili, crudeltà, massacri, violenze, devastazioni, discriminazioni… ma ammetterete che i treni arrivavano sempre in orario. E gli ospedali? Chi li ha fatti, gli ospedali? Ecco, come molti di noi, Dawkins non crede che l’aver fatto del bene basti a cancellare tutto il male che si è fatto contemporaneamente. Particolare attenzione viene dedicata alla questione pelosissima dell’etica: uno degli spauracchi classici è quello di una società senza Dio destinata a precipitare nel caos perché Dio sarebbe una sorta di garante dell’etica. Ma davvero siamo buoni solo perché abbiamo paura che Dio ci faccia brasati all’inferno?
Non è un po’ avvilente, un’etica fondata su certe basi? È con questo stile a domanda e risposta, ribattendo a ciascuna posizione tradizionale, che Dawkins porta avanti la sua polemica. Contro i cosiddetti Teo.Con che stanno lentamente calando sull’Occidente come un’orda mongola, sventolando la bandiera della paura del Dopo Undici Settembre, come se l’unica risposta a un integralismo violento fosse un altro integralismo violento.
Come giudicare il contenuto de L’Illusione di Dio?
Ammetto di aver provato una certa apprensione nell’acquistarlo: non solo per la staffilata di 19 euro (consoliamoci, Rizzoli avrebbe chiesto di più), ma soprattutto perché diffido quando uno specialista in un campo – la biologia evolutiva, nel caso di Dawkins – va a parlare di un campo che non è il suo. Il risultato è spesso ridicolo: basta pensare alla marea di immani idiozie pubblicate da religiosi sul tema dell’evoluzione. Ma il libro di Dawkins dopotutto è un libro sull’evoluzione.
Su come un certo schema di pensiero sia derivato evolutivamente dall’interazione fra la nostra ragione e la realtà. Su come – evolutivamente – questo concetto abbia difeso e stia difendendo la propria nicchia ecologica all’interno della nostra mente, davanti al pericolo di essere scalzato da altre idee, altre spiegazioni di ciò che la nostra ragione ci mostra della realtà. Non un pamphlet anticlericale, quindi, ma un lavoro serio, ben documentato. Stimolante. Semplicemente, Dio non esiste, fatevene una ragione.
Resta il dubbio: è anche convincente, L’Illusione di Dio? Credo che ben poche fedi verranno messe in crisi. Sarà più utile, spero, a dare coraggio agli atei. A renderli consci, forse per la prima volta, di esser non i rappresentanti di una assenza, di un vuoto, ma di qualcos’altro. Nelle parole di Dawkins stesso, non voci isolate al di fuori del coro, ma un altro coro, probabilmente più numeroso, con canzoni altrettanto belle, testi più intelligenti.
Basta avere il coraggio di riconoscerlo. Ammetto che i Teo.Con mi spaventano, come mi spaventa chiunque prometta ai miei discendenti una vita di paura e oppressione, di ignoranza e crudeltà mentale. Mi domando spesso come si sentano quei musulmani moderati che, fuggiti da paesi dove l’integralismo stava prendendo il sopravvento, vedono ora, nei paesi occidentali che li ospitano, sorgere un integralismo assai simile. Devono sentirsi un po’ come Peter Lorre o Konrad Veidt, attori tedeschi fuggiti in America nei primi anni Trenta, per scampare al Nazismo, e in America obbligati a interpretare per sempre il ruolo di nazisti… Credo che perciò il libro di Dawkins sia importante. Utile.
Non farò molti regali per il prossimo Natale. Ma se per Natale sarà ancora disponibile la versione economica – e io sarò ancora vivo – allora tutti i miei amici se ne beccheranno una copia sotto all’albero. Un paio avranno un breve coccolone, un paio lo nasconderanno neanche fosse un libro pornografico. Ma chissà, forse un giorno i loro figli e le loro figlie (se vivranno in una società che riconosca ancora alle donne il diritto all’istruzione) lo leggeranno e si meraviglieranno.
Richard Dawkin, L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere
Mondadori A. 2007, pp. 400, € 19,00
Trad. L. Serra
idem
Oscar Saggi Mondadori, 2008, € 11,00
idem
ebook, € 6,99
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