«La nuova edizione del capolavoro di Venedikt Erofeev Mosca sulla vodka», recita la fascetta apposta al volume, e per una volta l’incongrua e fallace strisciolina di carta si rivela davvero utile al lettore. Mosca sulla Vodka, infatti, è universalmente considerato un capolavoro della letturatura russa degli anni Novanta e, a una prima edizione italiana e una prima traduzione ormai perse nel tempo, fa seguito ora (finalmente!) questa di Fanucci nella traduzione di Mario Caramitti, che ne è anche curatore e postfatore. Erofeev è morto nel 1990, nell’anno successivo alla caduta del regime sovietico. Tra lui e il regime vi è stato in apparenza un rapporto di ostilità fredda che tuttavia non ha mai dato luogo a provvedimenti contro lo scrittore:
Erofeev non ha fatto il servizio militare, per la maggior parte della vita non ha lavorato stabilmente (un crimine, per la legge sovietica) e non ha avuto una residenza ufficiale.
Scrive Caramitti nella prefazione, interrogandosi sul curioso e inafferrabile profilo di uno scrittore molto letto e molto amato e che pure è riuscito a
infilarsi tra le maglie di un sistema di oppressione e repressione che sembrava perfetto (ibid.).
Erofeev definisce il suo Tra Mosca e Petuški come «poema», sia pure ponendo la parola tra parentesi, come per sussurrarla o presentarla come semplice assurda ipotesi. Un elemento che dovrebbe mettere sull’avviso il lettore. Il protagonista – lo stesso Erofeev – racconta del suo viaggio in treno (circa centoquindici chilometri) da Mosca per Petuški, grosso borgo agricolo. Un viaggio compiuto in condizioni di crescente ebbrezza alcolica, intrapreso per raggiungere la sua ragazza. Un tragitto interminabile che è anche percorso iniziatico, smarrimento esistenziale, confessione, castigo e delirio. Lo scassato e provinciale treno Mosca-Petuški – un mondo chiuso, isolato, che si presta a incontri casuali e talvolta apparentemente fatali – è un palcoscenico sul quale salgono i personaggi più assurdi a recitare le loro parti: dialoghi e monologhi che non hanno alcun rapporto con la realtà del viaggio né, in definitiva, con qualsiasi realtà. Erofeev, ubriaco, li ascolta, li disturba, li provoca. Li spinge a illustrare motivi e teorie, visioni, ricordi e interpretazioni.
Religione, filosofia, politica, letteratura sono l’oggetto preferito delle strampalate e deliranti considerazioni dei passeggeri del treno: discorsi da ubriaco, inoffensivi e disperati, spassosi e carichi di angoscia. Autismi incontrollati, solitudini senza rimedio: Erofeev il viaggiatore si abbandona al flusso di parole fornendo altro materiale alle divagazioni delle maschere – il controllore disonesto, il decabrista, il vecchietto e il nipotino, lo storico dell’alcolismo – che attraversano lo spazio scenico del treno Mosca-Petuški. Riferimenti culturali, religiosi e artistici sfilano irriconoscibili e grottescamente deformati davanti al lettore, interrotti dalla ricerca affannosa di qualcos’altro da bere, Solo in questo Erofeev e gli altri passeggeri appaiono seri, metodici e padroni di se stessi, quando si tratta di snocciolare le proprie assurde ricette di beveroni a base di alcool denaturato, concepiti in un momento di forzata astinenza.
Il racconto di Erofeev incorpora e sfigura personaggi famosi e geni della letteratura e riduce la grande storia a caricatura, teatro dell’assurdo. Antiretorico fino all’autolesionismo, Erofeev, compie la più antimarxista delle operazioni, liberando l’uomo dal carico della sua storia per descriverlo nella sua dimesione più vera: delirio, paura e solitudine.
Ma Tra Mosca e Petuški è molto di più di un testo radicalmente ostile al comunismo sovietico e, più in generale, alle filosofie positive degli ultimi due secoli: il suo tema reale è la decostruzione della realtà, tema descritto attraverso le fratture e i vicoli ciechi della comunicazione e della percezione. Con inquietante allegria suicida Erofeev trasforma l’alcolismo in oscura via di illuminazione, in viaggio infernale verso l’unica dimensione esistente: la solitudine.
Jarry, Huysmans, Dick, Moresco alcuni degli autori che il radicale pessimismo di Erofeev richiama e che, alla prova della lettura, risultano i più vicini al suo approccio sublime e insieme grevemente materiale alla realtà.
Tra Mosca e Petuški (poema) – (Mosca sulla vodka)
Fanucci, pp. 158, € 13,00
trad. Mario Caramitti
Esiste anche un’edizione più recente:
Venedikt Erofeev: Mosca – Petuški e altre opere
Feltrinelli, 2004, pp. 341, € 26,00
trad. Gario Zappi
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