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    Magazzino

    P. Everett – Cancellazione

    • di Massimo Citi
    • Marzo 8, 2007 a 1:09 pm

    Percival Everett
    Cancellazione
    Instar Libri
    € 16,00
    trad. M. Bosonetto

    Un libro straordinario.
    Un libro sui libri, sul modo di produrli, di venderli, di presentarli e di sceglierli. Ma anche un grande libro sulla situazione dei neri statunitensi, il malinconico racconto della diaspora di una famiglia e di una sconfitta umana e intellettuale.
    Thelonius Ellison, il protagonista del romanzo, è un autore afroamericano colto e raffinato che stenta a trovare editori interessati alle sue opere, riletture in chiave moderna di testi classici. Spinto dalla necessità e frustrato per il successo di un romanzo «classicamente» nero, steso con quel naturalismo iperrealista che, per i lettori bianchi, costituisce una meritoria testimonianza dell’abbrutimento e dell’emarginazione degli afroamericani, si dedica a sua volta a comporre un falso «romanzo nero» carico di sovrabbondanti luoghi comuni e condito con una dose di turpiloquio autocaricaturale. Inutile dire che il romanzo piace moltissimo a un grande editore, giungendo a vincere il premio letterario più prestigioso.
    La colpa dell’aver messo in commercio l’ennesimo falso e degradante ritratto di una plebe nera violenta e brutale è dell’autore, in apparenza. Ma come giudicare l’agente editoriale che ha presentato il romanzo all’editore e questi che ha sborsato un anticipo spropositato per assicurarselo? E i conduttori televisivi che hanno presentato il libro come «il nuovo grido di dolore degli afroamericani delle metropoli«? O gli altri scrittori, pronti a dichiarare che il falso romanzo di Ellison è un capolavoro? O, ancora, i lettori che affollano le librerie per acquistarlo?
    Come per la Germania nazista esiste una sola Colpa e una grigia sovrabbondanza di colpevoli. Ma a essere colpevole non sarà – anche in questo caso – l’impersonalità della struttura, nata con il peccato originale della ricerca del massimo profitto?
    Il romanzetto di Ellison, nato come amara parodia, entra nel circuito mediatico dalla porta principale. Bestseller prima e, quasi contemporaneamente, film. Facile immaginare che dal film potranno nascere ulteriori prodotti: il CD musicale della colonna sonora, videogiochi, una linea di abbigliamento, sfondi per computer e telefonini e una galleria interminabile di gadget, molto cool almeno fino all’avvento di un altro prodotto.
    Da un punto di vista strettamente narrativo il «romanzo nero» di Ellison è un formidabile concentrato di ovvietà popolato di personaggi stereotipi e senza spessore, ma ha un ottimo ritmo e ha inscritto nel suo codice genetico la possibilità di essere subornato come falso testimone di un malessere sociale. Quante volte ci è capitato di sentir magnificare qualche mediocre romanzuccio come «tormentata testimonianza di un angoscioso malessere?» Una formula ormai talmente priva di significato da poter essere utilizzata indifferentemente per un artefatto redazionale come il falso diario di Melissa P. come per La storia di Iqbal.
    Il canone naturalistico soddisfa la cattiva coscienza del ceto medio globalizzato. È ormai così da tempo e il grosso errore dell’Ellison di Cancellazione è non averlo compreso e neppure immaginato.
    Al centro del libro di Ellison c’è certo lo svuotamento della figura e del lavoro dello scrittore, sempre più espropriato da una struttura che non gli riconosce alcuna autonomia intellettuale, ma anche la tendenza sempre più diffusa e prevalente a fornire al pubblico libri «facili», non nel senso commerciale con il quale si definiva un tempo il romanzo di genere – parte del più vasto mondo del romanzo d’avventura – ma nel senso di testi ovvii, che riferiscano al lettore esattamente ciò che si attende e che ama sentirsi dire.
    Non siamo di fronte alla consueta ricerca di profitto, ma piuttosto al profitto come unico elemento generatore dell’operazione artistica. Un rovesciamento di prospettiva che soltanto ai nostri giorni ha raggiunto una tale diffusa e potente efficacia.
    Di questo, più che di ogni altra cosa, racconta un Everett stralunato, rabbioso e sarcastico. Se amate i libri e la lettura, un libro che farete bene a non perdere.

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