di Massimo Citi
La Battaglia di Lepanto, di Jack Beeching, edito da Bompianinella collana tascabili, assomiglia a un libro di storia ortodosso. Ma, come vedremo, si tratta di semplice apparenza. Beeching, infatti, storico ma anche romanziere, poeta, biografo e traduttore, possiede il dono tipico del narratore di rappresentare con intelligenza e sensibilità i personaggi senza però staccarli dallo sfondo nel tentativo di incarnare qualche categoria umana più o meno immutabile, caratteristica questa di un discreto cronista storico come Montanelli, e che ha il grosso difetto di attualizzare artificiosamente il divenire storico, fornendo ad eventi lontani interpretazioni fin troppo quotidiane. Beeching, viceversa, ha ben presenti le peculiarità del secolo del quale tratta, e non cerca scorciatoie per accattivarsi il lettore mentalmente pigro.
Lepanto fu combattuta nell’arco di un solo giorno, i morti e i dispersi furono quasi centomila (un numero spettacolare anche per l’epoca), le navi affondate più di trecento. Fu una battaglia di enorme rilevanza storica perché pose fine all’espansione dell’Islam nel Mediterraneo. Ma la cronaca della battaglia occupa soltanto una cinquantina di pagine sulle trecento dell’intero testo. Infatti a Beeching (e al lettore) interessa in modo particolare ricostruire i lunghi e complessi passaggi preparatori dell’evento, le oscillazioni, i tradimenti, i dubbi, i calcoli che precedettero la costituzione della Lega Santa, così come interessa il panorama politico del mondo islamico dell’epoca.
Da questa ricostruzione emergono alcuni fatti e non poche curiosità. Tra i primi il ruolo politico giocato nel XVI secolo da entità sovranazionali come gli ordini cavallereschi – Templari e Cavalieri di Malta – e le caratteristiche ambigue della pirateria turca dell’epoca che, grazie al messaggio egualitario dell’Islam, attirava nelle proprie file uomini di valore provenienti da ogni angolo della cristianità, insofferenti dello strapotere nobiliare e della situazione politica e religiosa del Mediterraneo dell’epoca.
Tra le curiosità da segnalare il differente valore dato all’igiene personale da cristiani e musulmani, elemento grazie al quale a Costantinopoli si diceva che era facile riconoscere l’arrivo di un cristiano dall’odore. E, sempre in fatto di igiene, la politica sanitaria dei Cavalieri di Malta:
…Grandi innovatori nel trattamento delle malattie (…) [e] tra i primi a capire l’importanza della quarantena nella lotta alle epidemie. I malati di mente, trattati brutalmente altrove, a Malta erano considerati (…) per quel che realmente erano. Ogni paziente aveva un letto per sé – una vera novità per i tempi – e i Cavalieri li servivano in piatti d’argento “per la pulizia del malato e il decoro dell’ospedale”.
Sul piano più strettamente militare «curiose» si rivelarono le «strane» galeazze veneziane, galee basse e coperte, concepite – per la prima volta nella storia della marineria – come batterie galleggianti e che furono tra gli elementi decisivi per la vittoria. Altrettanto decisivo per la battaglia l’arrembaggio della Sultana, ammiraglia di Alì Pascià, compiuto dagli archibugieri sardi di Don Giovanni d’Austria. Tra i primi a salire a bordo Maria la Bailadora, una donna che aveva scelto di entrare nell’armata per non abbandonare l’uomo amato, successivamente compensata per il coraggio dimostrato con un regolare ingaggio e relativa paga.
Ma non vorrei dare un’impressione sbagliata del libro. Beeching, infatti, pur dando spazio a aspetti solo apparentemente marginali della vicenda, non perde mai d’occhio il quadro d’insieme regalandoci una visione del secolo che viene voglia di approfondire con altre letture. Un successo, per uno storico.
Jack Beeching
La battaglia di Lepanto
Bompiani tascabili, 1999, 2002
pp. 320, € 8,50
trad. Aldo Audisio
Da LN 16 – Dicembre 2000