Mi ha attratto il titolo, che lascia immaginare un futuro assai prossimo, in cui la nuova riforma della scuola relegherà la storia antica in uno spazio sempre più angusto. Quanti già ora pensano ad esempio, dopo aver visto Il gladiatore di Ridley Scott, che Commodo morì davvero nell’arena (e non, più prosaicamente ma anche più realisticamente, strangolato in un gabinetto)? I tre autori del libro si propongono di realizzare una sinergia tra ricerca storica e ricerca sui linguaggi della comunicazione, obiettivo senz’altro affascinante. Secondo il commento riportato nel retro di copertina, il libro vuole affrontare «con un taglio leggero ma rigoroso i luoghi comuni della storia dell’antichità per smascherare gli errori più diffusi e grossolani, mostrando al tempo stesso quanto il nostro immaginario sia stato plasmato e influenzato dalle diverse storie che il cinema ci ha raccontato su Roma e sui suoi eroi». In realtà il libro, per quanto di godibile lettura, non mi sembra rispettare, se non saltuariamente, tale dichiarazione di intenti. Troppo spesso l’intersezione delle competenze dei tre autori non si vede proprio: in alcune parti l’analisi storica prevale, svincolata dalla citazione filmografica. Ad esempio, le interessanti interpretazioni del mito di Romolo e Remo e di quello di Muzio Scevola ed Orazio Coclite non sono poste in relazione a film specifici: il primo episodio viene collegato, con un eccessivo volo pindarico, al film Spartacus, mentre, per collegare alla cinematografia gli eroi della guerra contro Porsenna, non si trova di meglio che fare riferimento a Rambo…
L’indentatura tra storia e cinema sembra funzionare meglio quando si parla di Cesare o della prima età imperiale, che hanno maggiormente stimolato produttori e sceneggiatori. Particolarmente interessante l’analisi dell’ambiguità con cui gli sceneggiatori statunitensi hanno guardato all’antica Roma, apprezzandone la virtuosa epoca repubblicana e aborrendo invece il corrotto regime imperiale, cui viene contrapposta l’azione moralizzatrice operata dal cristianesimo (Il gladiatore di Ridley Scott in questo senso è una rara eccezione, segno forse del cambiare dei tempi, anche se poi molti americani sembrano ancora scegliersi il presidente richiamandosi ai principî della Bibbia…). In appendice si trovano le schede dei film più significativi. Vi sono contenute anche le trame, che sono interessanti ma in più occasioni ribadiscono concetti già espressi in precedenza, e pertanto sarebbe stato preferibile incorporarle nel testo. Insomma, libro moderatamente interessante, anche se alla fine della lettura non ci si sente molto sicuri di aver comprato ciò che il titolo prometteva.
Laura Cotta Ramosino, Luisa Cotta Ramosino,
Cristiano Dognini
Tutto quello che sappiamo su Roma
l’abbiamo imparato da Hollywood.
Bruno Mondadori 2004,
pp. 229, € 18,00