Le sorelle Sciacallo, di Nicoletta Vallorani, pubblicato intorno al 2000 da Derive e Approdi e ristampato da Edizioni del Gattaccio nel 2017, è un libro che mi ha dato non pochi problemi e parecchi dubbi. Ho trovato faticoso leggerlo, l’ho lasciato, ripreso, lasciato, ripreso e infine letto d’un fiato fino in fondo.
Ho faticato a coglierne il ritmo e poi ad abbandonarmici. Non amo l’uso pianificato di frasi brevi: mi fanno venire il singhiozzo. Ancor meno mi piace il lessico astratto, quello che accenna senza dire, che allude a sconosciuti sentimenti e destini a compiersi senza incarnarli nei personaggi. Confesso: intorno a pagina venti avevo abbandonato il libro con tutta l’intenzione di dimenticarlo per sempre. Via, uno da una parte, uno dall’altra e nessun saluto.
Poi sono arrivate le sorelle: ecco la solita storia dell’infanzia abusata, ho pensato, cui farà seguito, dopo adeguati sofferenze e riscatti, finalmente la gioia, oppure, – dipende dall’autore – l’ennesima infamia sulla quale il lettore verrà chiamato a riflettere.
E invece no, nulla del genere.
Il fatto è che i termini astratti, procedendo nella lettura, si sono rivelati concreti. I destini incerti e nebulosi hanno rivelato i connotati di fughe senza speranza, il ritmo – da ballata o da blues – mi è diventato familiare. Le sorelle hanno smesso i panni di vittime per diventare bizzarri angeli giustizieri, creature diabolicamente innocenti che risvegliano nel lettore il piacere proibito di certe cattiverie fatte da bambini e che ora non si avrebbe più il coraggio di compiere, fondamentalmente per paura delle conseguenze.
Le sorelle di Vallorani – a lungo separate dal resto dell’umanità, abituate al peccato e all’astuzia necessaria ai deboli – hanno una visione del mondo da gatti o forse da donnole. Sono assolutamente amorali, prive di freni inibitori. Non hanno pietà né provano empatia per gli altri perché bastano a loro stesse. Comunicano senza bisogno di parlarsi, agiscono unite senza nemmeno consultarsi.
Di fronte a loro il mondo perde consistenza, la successione dei gesti, le intenzioni, le necessità si sfaldano. Restano i gesti e le parole – stranamente insulse per due creature abituate a un contatto molto più intimo – per loro una confusione priva di necessità.

Nicoletta Vallorani
Vallorani è autrice anfibia e irregolare, scrittrice e traduttrice di fantascienza ma anche di gialli e thriller poco ortodossi e storie per bambini e adolescenti. E così un po’ delle sue frequentazioni e dei suoi «peccati» di genere si ritrovano anche nelle sue sorelle, bambine «diverse» e senza identità – verrebbe da dire aliene – naufragate in un mondo assurdo e minaccioso fatto di autostrade, notti arrossate dal caldo, vie, strade e automobili dove per sopravvivere (e divertirsi) sono indispensabili astuzia e velocità.
Un romanzo breve, candido, crudele e paradossale, molto più vicino a certe atmosfere dei racconti di Ambrose Bierce che all’esausto e decrepito canone del cannibalismo. Una lettura sorprendente e diversa.
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