Abbiamo già parlato di Amanda Prantera a proposito de Il cabalista e Il Cerchio segreto, editi entrambi da Mondadori Urania, due bei romanzi, perfetti per ritmo e abilità di costruzione, inequivocabilmente gotici per atmosfere, misteri e inquietudini. Un’autrice da tenere d’occhio, si è detto e perciò non potevo lasciarmi sfuggire questo romanzo, una storia di genere fantasy.
Che cosa ci propone Amanda Prantera ne La regina dei Fani, sottotitolo: Una favola nella Dolomiti? La storia si svolge in un mondo che a tutta prima può sembrare «normale» sebbene arcaico, con re e regine a cui si affiancano però personaggi strani, ibridi tra umano e animale, «fate buone e malvagi stregoni» che poi non sono veramente tali, e oggetti magici che non hanno nulla di soprannaturale. E non manca neppure l’immancabile morale della favola, anche se proiettata nel futuro
«speriamo che possano vivere tutti felici e contenti, senza più odi, intolleranze, guerre, senza contese per il potere e la ricchezza, senza badare al colore e alle fattezze dell’uno e dell’altro».
Ci sono ironia e disinvoltura nel presentare come normale e quotidiano ciò che è del tutto fuori della realtà, le stesse qualità che avevo trovato tanto piacevoli nei primi due romanzi, segni inequivocabili di una scrittura di qualità. E c’è sicuramente la conoscenza degli ingredienti di un genere – la favola – che ha intenti morali, ovvero la contrapposizione tra il bene e il male, con la canonica dimostrazione che è preferibile il bene.
Nei due libri di cui è composto il volume (Il regno di Fanes e Il rifugio di Fanes) una galleria di personaggi femminili supera avversità e sconfitte proponendosi di far tesoro delle esperienze fatte per sceglier ciò che è più giusto e soprattutto cercando di tramandare ai discendenti la memoria scritta e perciò certa di ciò che è stato. Le due protagoniste, Alexa e Mara, sono portatrici di valori fondamentali (giustizia, uguaglianza, sincerità) e a loro l’autrice affida il compito di testimoniare in favore della necessità di vivere secondo modelli di semplicità e correttezza senza i quali è impossibile una vita sociale. Valori e disvalori, bene e male, sono incarnati dai popoli che si incontrano e scontrano, con le loro differenze fisiche (i Salvani piccoli e pelosi, i Rutei, i Minatori) e morali, nei personaggi di Mulin, avido di potere e ricchezza, e del disinteressato Salvano amante di Alexa, buono e saggio. Insomma ci troviamo in territorio letterario al confine con la Contea degli Hobbit, qualche racconto di Marion Zimmer Bradley e le favole antiche (Apuleio, Fedro).
Eppure è un romanzo che non convince del tutto, perché prevedibile, perché non regala emozioni particolari, perché non offre nulla su cui interrogarsi e che può essere proponibile a qualcuno che voglia avvicinarsi al genere fantastico in chiave di edificazione morale. Credo si possa accostare a Il giorno del perdono di Ursula Le Guin, con questo dichiarato bisogno di lieto fine, di ricomposizione nella pace e nell’amore. Temo però che questo genere di bisogno sia una cifra un po’ troppo comune a molta della scrittura più diffusa, che si può condividere, ma che inevitabilmente perde efficacia se viene proposto in modo così esplicito.
Amanda Prantera, La Regina dei Fani, Mondadori Superblues 1997 [ed. orig. 1995], pp. 335, trad. Gaetano Luigi Staffilano
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.